Migranti, 13 attacchi nel 2018. "Via da titoli e sommari le parole di odio"
Dall'inizio dell'anno sono stati almeno 13 gli attacchi nei confronti di persone di origine straniera, di cui 4 mortali. L'analisi di Valerio Cataldi dell'associazione Carta di Roma: “Smontare il meccanismo per cui la percezione distorta della realtà è la giustificazione anche per la violenza fisica”
BOLOGNA – Negli ultimi 45 giorni sono stati 10 i casi di aggressioni nei confronti di persone di origine straniera, l'ultimo è quello avvenuto ai danni di Daisy Osakue , primatista italiana del lancio del disco under23, aggredita il 29 luglio a Moncalieri da un gruppo di giovani in macchina: colpita al volto da un uovo, ha subito la lesione della cornea. Diventano 13 se vi aggiungiamo l'omicidio di Soumayla Sacko, il sindacalista maliano ucciso a colpi di fucile in Calabria il 2 giugno, quello di Idy Diene avvenuto a Firenze il 4 marzo e il ferimento di 6 persone straniere a Macerata il 3 febbraio da parte di Luca Traini. Che cosa sta accadendo in Italia? “Non credo che la situazione sia cambiata molto dall'inizio dell'anno – dice Valerio Cataldi, presidente dell'associazione Carta di Roma – La prospettiva ce l'hanno data con grandissima chiarezza in campagna elettorale, una delle più violente e feroci in questo senso. È un piano politico preciso, messo in moto dai partiti che hanno vinto le elezioni, Lega per prima, una deriva voluta e determinata da un crescendo di insulti e parole d'odio che alla fine fanno presa sulle persone”.
L'associazione Carta di Roma ha analizzato le parole utilizzate durante la campagna elettorale che ha preceduto il voto dello scorso 4 marzo. “Da quell'analisi, è emerso che, tra le parole tradizionali utilizzate dalla politica per alimentare il razzismo e aiutare gli italiani, per così dire, a odiare più facilmente, oltre a 'clandestino' o 'invasione', c'era anche il ritorno di 'negro', parola utilizzata 56 volte in 59 giorni – dice Cataldi – La cosa che sorprende è che queste parole facciano così tanta presa, in modo così veloce e con un crescendo così rapido da far perdere il senso delle cose. C'è il tentativo di far perdere i riferimenti minimi di decenza che mettono in discussione i diritti civili”.
La comunicazione è fondamentale. “Il rispetto della Carta di Roma e delle regole base del giornalismo devono essere la guida principale per chi fa questo mestiere, ma non siamo assolutamente in quest'ottica, non ci siamo per niente”, afferma Cataldi. L'Associazione Carta di Roma ha fatto, tra l'altro, una proposta ai direttori dei telegiornali: “La proposta deriva da quella del Washington Post per frenare l'intolleranza guidata dalla politica di Trump e l'ostilità del presidente degli Stati Uniti verso i giornalisti non allineati – spiega Cataldi – ed è quella di togliere di titoli e dai sommari le parole di odio che ogni giorno dilagano su giornali e social e verificare costantemente la veridicità di ciò che si afferma. Se la parola 'invasione' viene riportata all'interno delle dichiarazioni di politici, dovrebbe essere seguita da un'immediata verifica. È un meccanismo banale, e forse potrebbe essere troppo tardi, ma è necessario”.
Dal linguaggio d'odio sui social siamo però passati alla violenza fisica. C'è un problema culturale alla base, un razzismo di fondo che sta emergendo? “Quello c'è sempre stato non c'è dubbio ma credo che tutto questo trovi la possibilità di emergere e uscire allo scoperto se trova basi che lo giustificano – risponde Cataldi – Lo vediamo sui social, dove la percezione distorta della realtà è la giustificazione costante anche della violenza fisica. È questo il meccanismo da smontare, non credo ci sia null'altro che si possa fare”. (lp)