Migranti e giustizia: un terzo dei detenuti stranieri in attesa del primo grado di giudizio

Il Rapporto di Caritas e Fondazione Migrantes. A fronte dell’aumento generale del numero dei detenuti (+1,4), la presenza straniera è sostanzialmente diminuita (-1%). “Se le pene inflitte denotano una minore pericolosità sociale degli immigrati, gli stessi beneficiano in maniera più blanda delle misure alternative”. Religioni: in aumento i cittadini stranieri musulmani, calano i cristiani (che tuttavia si confermano la maggioranza assoluta)

Migranti e giustizia: un terzo dei detenuti stranieri in attesa del primo grado di giudizio

Analizzando i dati della realtà carceraria emerge che l’incidenza della componente straniera è decisamente in controtendenza: a fronte dell’aumento generale del numero dei detenuti (+1,4), infatti, la presenza straniera, a distanza di un anno, è sostanzialmente diminuita (-1%). Il dato è in linea con il trend dell’ultimo decennio, nel corso del quale le cifre dei detenuti di cittadinanza straniera si sono notevolmente contratte. Ad affermarlo è il rapporto sull’Immigrazione 2022 di Caritas e Fondazione Migrantes.

Dall’Africa proviene più della metà dei detenuti stranieri (53,3%) e il Marocco è in assoluto la nazione straniera più rappresentata (19,6%). Seguono Romania (12,1%), Albania (10,8%), Tunisia (10,2%) e Nigeria (7,8%). Nelle sezioni femminili, su un totale di 722 recluse straniere, spiccano soprattutto le detenute provenienti da Romania (24,1%), Nigeria (17,7%) e Marocco (5,8%). Pur se con cifre ogni anno sempre più esigue, si segnala ancora la presenza di madri detenute con figli al seguito, la metà dei quali di cittadinanza straniera.
Le statistiche relative alle tipologie di reato confermano il dato generale che vede i reati contro il patrimonio come la voce con il maggior numero di ristretti (8.510 stranieri imputati o condannati per tale fattispecie di reato, ovvero il 27% dei ristretti per il reato in questione e il 49,9% dei detenuti stranieri). Seguono i reati contro la persona (7.285) e quelli in materia di stupefacenti (5958).

“I dati restituiscono ancora una volta la fotografia di un sistema in cui le persone migranti finiscono con più facilità nel sistema carcerario e ne escono meno agevolmente degli italiani – si afferma nel Rapporto -. Se le pene inflitte denotano una minore pericolosità sociale degli immigrati, gli stessi beneficiano in maniera più blanda delle misure alternative rispetto ai detenuti autoctoni. Agli stranieri, inoltre, viene applicata con maggiore rigore la custodia cautelare in carcere: ben il 32% degli stranieri detenuti è in attesa del primo grado di giudizio. Circostanza, questa, che finisce con il determinare una sovra-rappresentazione della popolazione carceraria straniera”.

Le condizioni di marginalità in cui spesso versa la popolazione migrante ne determina una maggiore esposizione al rischio di essere vittima di reato. “Il catalogo dei reati di cui gli stranieri sono soggetti passivi è, purtroppo, assai vasto e spazia dai reati più efferati, a cominciare dalla tratta di esseri umani, alle molteplici ed ‘ordinarie’ forme di vittimizzazione che rimangono spesso sommerse – si afferma -. In cima alla lista dei reati più odiosi vi sono certamente quelli che vedono come vittime i minori. In tal senso, gli stranieri hanno rappresentato il 4% delle vittime di reati sessuali segnalate e prese in carico per la prima volta nel 2021 dall’Ufficio di servizio sociale per i minorenni. Gli stranieri vittime di altre forme di sfruttamento e maltrattamento sono stati invece il 9% del totale dei minori segnalati e presi in carico nello stesso periodo”.

Salute: disuguaglianze e ritardi nella tutela

Come anticipato nella scorsa edizione del Rapporto Caritas/Migrantes, l’analisi dei decessi nel primo anno della pandemia mostra un netto svantaggio a carico della popolazione di nazionalità straniera residente in Italia. “Durante la crisi sanitaria pandemica centinaia di migliaia di persone, tra cui tanti immigrati, si sono trovate escluse dalle tutele, dai programmi di mitigazione e di prevenzione (ad esempio, tamponi e vaccini), dai ristori e, probabilmente, anche dalle future politiche di rilancio – si evidenzia -. Alcuni ambiti di tutela, in particolare quelli relativi alle donne in gravidanza e ai neonati, sperimentano poi, indipendentemente dalla pandemia, un grave ritardo nei confronti della popolazione di cittadinanza italiana”.
Secondo il Rapporto, le disuguaglianze nei profili sanitari degli immigrati devono essere considerate degli eventi “sentinella” rispetto all’efficacia delle politiche di integrazione e segnalano “l’urgenza di un miglioramento della capacità di presa in carico dei bisogni di salute dell’intera popolazione”.

Appartenenza religiosa: è la componente ucraina a cambiare lo scenario

Conteggiando l’appartenenza religiosa anche dei minorenni di qualsiasi età, le stime indicano i cittadini stranieri musulmani residenti in Italia al 1° gennaio 2022 in 1,5 milioni, il 29,5% del totale dei cittadini stranieri, in aumento rispetto allo scorso anno (quando erano meno di 1,4 milioni, pari al 27,1%). Si tratta soprattutto di cittadini marocchini, albanesi, bangladeshi, pakistani, senegalesi, egiziani e tunisini.
I cittadini stranieri cristiani residenti in Italia scendono, invece, al di sotto dei 2,8 milioni (a fronte dei quasi 2,9 milioni dello scorso anno), ma si confermano la maggioranza assoluta della presenza straniera residente in Italia per appartenenza religiosa, seppure in calo dal 56,2% al 53% del totale.
“Nell’ultimo anno all’interno del collettivo cristiano ha perso numerosità soprattutto la componente ortodossa, con meno di 1,5 milioni di migranti residenti in Italia al 1° gennaio 2022, pari al 28,9% del totale degli stranieri – si legge nel Rapporto -. Si tratta di cittadini in larga maggioranza originari della Romania. I cittadini stranieri di religione cattolica rappresentano la seconda confessione quantitativamente più rilevante tra gli stranieri cristiani residenti in Italia e al 1° gennaio 2022 si stimano in 892 mila (17,2% dei cittadini stranieri sul territorio nazionale), contro i 866 mila di un anno fa. Si tratta per lo più di cittadini provenienti da Filippine, Albania, Polonia, Perù ed Ecuador. Un interesse particolare – in questo momento storico segnato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – è naturalmente da porre sul collettivo ucraino, per un insieme di motivi di contingenza migratoria”.

Daniele Iacopini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)