Migranti. L’aumento degli arrivi? Dovuto ai flussi dalla Tunisia

Il governo parla di una strategia della brigata Wagner per “attacare” il nostro paese. In realtà per la prima volta la maggior parte degli arrivi non sono dalla Libia ma dalle coste tunisine. Dopo il discorso di Saied contro i migranti nel paese c’è una vera e propria caccia al nero. E molti scelgono la via del mare

Migranti. L’aumento degli arrivi? Dovuto ai flussi dalla Tunisia

Sono oltre 20.016 le persone approdate sulle coste italiane nei primi tre mesi del 2023, in netto aumento rispetto ai due anni precedenti: erano 6.263 negli stessi mesi del 2022 e 6.041 nel 2021. Secondo alcuni esponenti del governo, tra cui il ministro della Difesa, Guido Crosetto, questo aumento sarebbe frutto di una strategia precisa: quello della guerra ibrida. I miliziani russi di Wagner, presenti dal 2019 in Libia, starebbero spingendo le persone a partire per aumentare i flussi verso l’Italia e “attaccare” così il nostro paese per le sue posizioni di sostegno all’Ucraina. Stando ai dati, però, gli arrivi dalla Libia sono la parte minoritaria degli sbarchi di questi mesi. La maggior parte delle persone giunte in Italia è infatti partita dalle coste tunisine. Per la prima volta, dopo anni, la principale rotta del Mediterraneo centrale verso il nostro paese non è dunque quella libica. 

Come riporta l’agenzia Nova, che ha avuto accesso a dati interni del Viminale, almeno 12.083 persone sono partite dalla Tunisia da inizio anno fino al 13 marzo, più di 170 sbarchi al giorno, con un aumento del 788 per cento rispetto ai 1.360 arrivi dello stesso periodo dello scorso anno. “Da ottobre a dicembre 2022 c’è stato in effetti un incremento delle partenze dalla Libia, in particolare dalla Cirenaica di Haftar. Ma dalle informazioni che abbiamo sarebbe dovuto a un blocco della pesca che ha portato i pescatori a scendere a patti coi trafficanti per questioni economiche- spiega Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) -. In generale, in Libia c’è un’instabilità politica dai tempi di Gheddafi, nel paese le partenze e il transito sono complicati. La visione eurocentrica ci porta a dire che stanno arrivando tutti qui, quando in realtà l’ 80% dei rifugiati è accolto in Africa. Inoltre, l’interpretazione che ci sia una longa manu di qualcuno per stabilizzare l’Italia lascia molti dubbi. Soprattutto perché l’aumento evidente che stiamo registrando è quello dalla Tunisia, e questo non ha nulla a che fare con Wagner”.  l

La Tunisia negli ultimi anni sta vivendo una crisi profonda, economica e sociale. Molte famiglie sono scese sotto la soglia di povertà. A questo si è aggiunto un clima di intolleranza nei confronti degli stranieri immigrati nel paese. In un discorso pronunciato il 21 febbraio scorso, il presidente tunisino, Kais Saied, si è scagliato contro le “orde illegali di migranti dall’Africa subsahariana” che a suo dire fanno parte di un disegno criminale per “cambiare la composizione demografica” e fare della Tunisia “un altro stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico”. Per Amnesty International questo discorso è un vero e proprio incitamento all’odio razziale. 

“In Tunisia la situazione è drammatica, c’è una vera e propria caccia al nero - aggiunge Di Giacomo -. I migranti africani in Tunisia erano già oggetto di disccriminazione, oggi la situazione è peggiorata, nessuno si sente al sicuro, sono un potenziale target specialmente dopo il discorso che punta sulla sostituzione etnica”. Alcuni cittadini di paesi subsahariani, come Costa D’Avorio e Guinea hanno deciso di lasciare il paese, attraverso voli di rimpatrio verso il paese di origine. Altri stanno tentando la via del mare verso l’Italia e l’Europa. A confermarlo sono anche i dati del ministero dell’Interno. Per la prima volta quest’anno le prime nazionalità di arrivo nel nostro paese sono proprio Guinea e Costa D’Avorio, seguono Bangladesh, Pakistan e Tunisia. 

“Guardando i dati sui flussi è chiaro che l’aumento che si registra in Italia è strettamente legato alla difficile situazione tunisina - sottolinea Sara Prestianni, responsabile dei programmi di Euromed Rights -. Dopo le dichiarazioni di Saied di febbraio per i  subsahariani la situazione è difficilissima. Le nostre fonti sul posto ci parlano di arresti arbitrari, di persone che stanno perdendo lavoro e alloggio. Qualcuno ha lasciato il paese per tornare in patria, altri prendono la via del mare. A ciò si aggiunge la condizione dei cittadini tunisini che vivono in un  paese attraversato da una crisi profonda. Dobbiamo quindi guardare a questi elementi per spiegare un flusso così in aumento, non ad altre tesi che per ora non hanno un riscontro oggettivo”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)