“Più del 60% sono clandestini”, ma confondere dinieghi e irregolari è sbagliato

Secondo il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, solo il 7,3% di oltre 420 mila domande d’asilo esaminate dal 2014 ad oggi è di un “vero rifugiato”, ma i dati ci dicono che non tutti quelli che ricevono un diniego alla fine diventano irregolari. Ecco perché

“Più del 60% sono clandestini”, ma confondere dinieghi e irregolari è sbagliato

ROMA - “Viva i veri rifugiati”. Il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini ha scelto la Giornata mondiale del Rifugiato per dare qualche dato aggiornato sul numero delle richieste d’asilo esaminate in Italia. Secondo Salvini, dal 2014 al 14 giugno 2019 i “veri rifugiati” rappresentano “solo il 7,3 per cento delle 420.834 domande esaminate”. Ma c’è dell’altro. “Più del 60 per cento, invece, sono clandestini - afferma Salvini - che hanno ingrassato il business di qualche professionista della falsa accoglienza”. Il ministro, in quest’ultimo dato, sembra riferirsi alla percentuale media dei dinieghi nel periodo citato (anche se il ministro non specifica, la percentuale dei dinieghi sulle domande esaminate tra il 2014 e il 2019 è del 61% circa, come spiega poi anche il Viminale sul proprio sito web), ovvero chi vede respinta la richiesta d’asilo dalle commissioni territoriali. Se così fosse, occorre fare una puntualizzazione importante. Vediamo quale.

No, le persone che ricevono un diniego non possono essere considerate automaticamente irregolari. Il richiedente asilo resta tale anche dopo un diniego se sceglie di fare ricorso contro lo stesso (tranne in poche eccezioni). È vero che col decreto Minniti del 2017 le cose sono cambiate e le possibilità di ribaltare un diniego si sono ridotte, tuttavia il richiedente asilo che ha visto la propria domanda respinta può ancora sperare in un esito diverso. Ce lo spiega Livio Neri, avvocato dell’Asgi. “Oggi si può fare ricorso in tribunale - spiega Neri -. Ogni decisione negativa può essere impugnata e quasi tutti la impugnano. Se la risposta del tribunale è ancora negativa si può fare ricorso in Cassazione e si può chiedere anche la sospensione della decisione negativa e poi si attende l’esito finale. Non si può più fare appello in Corte d’Appello, contro la decisione negativa del tribunale si può solo fare ricorso in Cassazione. Due gradi di giudizio, invece che tre, ma questo l’ha deciso il decreto Minniti”. 
Il dato sui dinieghi diffuso dal Viminale nei suoi quaderni online, però, non contempla i ricorsi e gli iter avviati contro i dinieghi. Sulle percentuali dei dinieghi, quindi, non possiamo dire con certezza che non ci siano ricorsi. Anzi. “Il dato del ministero dell’Interno riguarda le decisioni amministrative delle Commissioni territoriali - aggiunge Neri -. Loro non conoscono in tempo reale i dati del tribunale”. Sebbene manchino dati aggiornati su questi iter,  alcune ricerche condotte negli anni ci hanno mostrato come il ricorso sia una pratica molto diffusa. Non solo, anche le percentuali di chi ha visto ribaltato l’esito della richiesta d’asilo non sono affatto trascurabili. Una prima ricerca su questo tema è stata pubblicata nel Rapporto annuale Sprar del 2016, ma sulla rivista Questione Giustizia è possibile leggere anche un altro interessante articolo di Monia Giovannetti, responsabile del Dipartimento studi e ricerche di Cittalia-Fondazione Anci con dati riferiti al 2017. Le due ricerche confermano che una parte importante dei ricorsi, alla fine, ha esito positivo, confermando quindi che l’equazione diniego è uguale a irregolare è del tutto sbagliata.
Non solo è sbagliato affermare che chi riceve un diniego è automaticamente un irregolare, ma anche che tra tutti i dinieghi non ci sia nessuno che, dopo il ricorso, possa aver acquisito lo status di rifugiato. “La regola è che il ricorso in tribunale sospende l’efficacia del diniego da parte della Commissione - aggiunge Neri - e sospendendola, quindi, si continua ad essere nella condizione di richiedente asilo. Ci sono ipotesi residuali in cui invece non c’è questa sospensiva e bisogna chiederla al tribunale, ma sono eccezioni particolari. Quel 60% non sono clandestini perché possono agire in giudizio e quando lo fanno, quasi sempre, continuano ad essere regolari. Poi gli esiti variano da territorio a territorio, ma spesso sono positivi”. Negli ultimi mesi, intanto, le decisioni del governo sembrano pesare sull’andamento degli esiti delle domande d’asilo. Le percentuali dei dinieghi, tutte attorno al 60%, stanno aumentando (risultavano al 39,2% nel 2014, 58,4% nel 2015, 59,6% nel 2016, 57,6% nel 2017, 66,7% nel 2018) fino a toccare punte dell’80% nei primi mesi del 2019, come si vede nel grafico.

Giovanni Augello

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)