Strutture socio-assistenziali e sanitarie. Istat, persiste il divario Nord-Sud

Presentato oggi il rapporto sulle strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie presenti in Italia. Al 2021 ospitate oltre 356mila persone, più di 341mila i lavoratori impiegati a cui vanno aggiunti gli oltre 31mila volontari e circa 4mila operatori del servizio civile

Strutture socio-assistenziali e sanitarie. Istat, persiste il divario Nord-Sud

Persiste il divario Nord-Sud nell’offerta di presidi residenziali. Al 1° gennaio 2022, i presidi residenziali attivi nel nostro Paese sono 12.576: l’offerta è di circa 414mila posti letto, sette ogni 1.000 persone residenti. A livello territoriale, tuttavia, l’offerta è maggiore nel Nord-est con 10 posti letto ogni 1.000 residenti, mentre nel Sud del Paese è invece poco al di sopra di tre posti letto ogni 1.000 residenti e copre solo l’11% dei posti letto complessivi. Tra gli ospiti, che ammontano a oltre 356mila, oltre tre su quattro sono anziani. Infine, sono oltre 341mila i lavoratori impiegati in queste strutture, a cui vanno aggiunti gli oltre 31mila volontari e circa 4mila operatori del servizio civile.  A tracciare un quadro dettagliato sulle strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie presenti in Italia è l’Istat che nella giornata di oggi ha pubblicato un nuovo report con dati aggiornati al 1° gennaio 2022. Il primo dato che emerge è quello dell’aumento degli ospiti dei presidi residenziali. “Gli ospiti totali al 31 dicembre 2021 sono 356.556, con un incremento del 4% rispetto all’anno precedente – si legge nel report -, si inverte così la tendenza del periodo pandemico e il dato si riavvicina a quelli rilevati negli anni precedenti il Covid-19. Il 75% degli ospiti è ultra-sessantacinquenne, il 20% ha un’età tra i 18 e 64 anni e il restante 5% è composto da minori”.  Secondo l’Istat, più di tre posti letto su quattro destinati ad assistenza socio-sanitaria. “Delle oltre 15mila unità di servizio quelle che erogano assistenza socio-sanitaria sono 8.937, per un ammontare di circa 321mila posti letto (il 77,5% dei posti letto complessivi) – si legge nel report -. L’offerta residenziale si riduce sensibilmente per le unità di servizio che svolgono soprattutto funzione di tipo socio-assistenziale: le unità così classificate ammontano a 6.318 e dispongono in totale di 93.112 posti letto (il 22,5% dei posti letto complessivi)”. Le unità di servizio socio-sanitarie assistono prevalentemente utenti anziani non autosufficienti, destinando a questi ospiti il 75% dei posti letto disponibili, mentre agli anziani autosufficienti e alle persone con disabilità ne vengono destinati, rispettivamente, il 9% e il 7%. Le unità di tipo socio-assistenziale, invece, sono prevalentemente orientate a fornire accoglienza e tutela a persone con varie forme di disagio. In particolare, il 41% dei posti letto è indirizzato all’accoglienza abitativa e il 40% è dedicato alla funzione socio-educativa e ospita principalmente minori di 18 anni.  L’offerta residenziale sul territorio, tuttavia, è molto differenziata rispetto alle categorie di utenti assistite. “Nelle regioni del Nord prevale la concentrazione di servizi rivolti agli anziani non autosufficienti (69,9% nel Nord ovest e 73,8% nel Nord est), il doppio rispetto al Mezzogiorno – si legge nel report -. Il Centro copre una quota maggiore, rispetto al dato nazionale, di posti letto dedicati agli anziani autosufficienti e agli adulti con disagio sociale. Al Sud, invece, si trova una percentuale più alta di posti letto dedicati alle persone con disabilità, alle persone con patologie psichiatriche e agli anziani autosufficienti. Nelle Isole, infine, si riscontra un livello di offerta rivolta prevalentemente a minori e a persone con patologie psichiatriche, pari al doppio rispetto alla media nazionale e agli stranieri/immigrati (4,4% sei volte maggiore rispetto alla media), ma anche agli adulti con disagio sociale”. Dai dati, emerge che le strutture residenziali sono gestite in maggioranza da enti non profit. “La titolarità delle strutture è in carico ad enti non profit nel 45% dei casi, a seguire ad enti privati (circa il 24%), ad enti pubblici (19%) e ad enti religiosi (12%) – si legge nel report -. Nell’88% delle residenze i titolari gestiscono direttamente il presidio, nel 10% i titolari danno in gestione le loro strutture ad altri enti, nei restanti casi (2%) il presidio viene gestito in forma mista. La gestione dei presidi residenziali è affidata prevalentemente a organismi di natura privata (75% dei casi), soprattutto di tipo non profit (51%); il 12% delle residenze è gestita da enti di natura religiosa e circa il 13% dal settore pubblico”. Le modalità di gestione, inoltre, si diversificano sul territorio, soprattutto nelle strutture pubbliche. “Al Nord, sette strutture pubbliche su 10 sono gestite direttamente o indirettamente da enti pubblici, mentre nel 6% dei casi sono gestite da enti non profit. La percentuale di strutture pubbliche gestite da enti non profit aumenta considerevolmente al Centro e nel Mezzogiorno (in entrambi i casi il 38% delle strutture presenti su quel territorio)”.  Sono gli anziani quelli più ospitati nelle diverse strutture e due su tre sono ultra-ottantenni e in prevalenza donne. “In Italia sono oltre 267mila gli anziani di 65 anni e più ospiti delle strutture residenziali, quasi 19 anziani per 1.000 anziani residenti, di questi oltre 15 sono in condizione di non autosufficienza (215.449 anziani non autosufficienti) – spiega il report dell’Istat -. Su oltre tre quarti degli anziani assistiti nelle strutture residenziali, il 77%, ha superato la soglia degli 80 anni di età, quota che sale al 78% per i non autosufficienti. Gli ultra-ottantenni costituiscono quindi la quota preponderante degli ospiti anziani, con un tasso di ricovero pari a 66 ospiti per 1.000 residenti, oltre 15 volte superiore a quello registrato per gli anziani con meno di 75 anni di età, per i quali il tasso si riduce a 4,4 ricoverati per 1.000 residenti”. Gli adulti di età compresa tra i 18 e i 64 anni ospiti dei presidi residenziali, invece, sono circa 70mila, due ogni 1.000 residenti. “Il disagio più frequente tra gli uomini è la presenza di disabilità o di patologie psichiatriche (66% degli ospiti), non trascurabile anche la presenza di dipendenze come alcolismo/tossicodipendenza (circa il 15% dell’utenza di sesso maschile) – spiega l’Istat -. Anche per la maggior parte delle donne (75%) la disabilità o le patologie psichiatriche costituiscono il disagio prevalente mentre per il 7% si tratta di gestanti o madri maggiorenni con figli a carico. Le donne vittime di violenza sono poco più di 600 e rappresentano circa il 2,5% del totale delle utenti dei presidi”. Infine, al 31 dicembre 2021 sono 19.707 gli ospiti minori complessivamente accolti nelle strutture residenziali, il due per mille dell’intera popolazione minorenne in Italia. “Le strutture residenziali ospitano ragazzi con problematiche di varia natura, che provengono da contesti molto diversi – spiega l’Istat -: la maggior parte (64%), non presenta specifici problemi di salute, si tratta prevalentemente di minori stranieri privi di una figura parentale di riferimento o di ragazzi allontanati da un nucleo familiare non in grado di assicurare loro cura adeguata. Il 32% degli ospiti invece è composto da giovani con problemi di dipendenza che hanno intrapreso un percorso riabilitativo, mentre la quota residua, il 16% degli ospiti, è costituita da minori con problemi di salute mentale o con disabilità che necessitano di specifiche cure o assistenza.  Qualunque sia il tipo di disagio, la componente femminile risulta più contenuta, due ragazzi accolti su tre sono maschi; tale proporzione, in linea con la composizione per genere dei flussi migratori, aumenta tra i minori stranieri, raggiungendo il 70%”. Molteplici le motivazioni che possono condurre un minore all’interno di una struttura residenziale, spiega l’Istat. “Nel 2021 sono poco più di 7mila, il 36%, gli ospiti con meno di 18 anni accolti per problemi economici, incapacità educativa o problemi psico-fisici dei genitori – si legge nel report -. Una percentuale rilevante (23%) è rappresentata invece da minori accolti con il proprio genitore, è consistente, quasi 3.500 mila unità (16%), anche la quota di ragazzi che entrano in comunità perché stranieri privi di assistenza o rappresentanza da parte di un adulto”. Nel corso del 2021, inoltre, gli ospiti minori dimessi ammontano complessivamente a più di 11mila. Il 26% di essi risulta rientrato presso la famiglia di origine, mentre una piccola parte è stata data in affido o adottata (9%). Complessivamente i minori reinseriti in una famiglia sono circa 3.900 (il 34% dei dimessi). 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)