Tratta, On the Road: “Ogni violazione di un diritto ha conseguenze dirette sulla vita di tutti noi”

Si celebra oggi la Giornata europea contro la tratta. L’intervento dei On the Road, che da anni lavora per garantire assistenza e inclusione alle vittime di tratta. “Quasi ogni prodotto, ogni servizio che acquistiamo ha dietro di sé una scia di dolore, di sottomissione”

Tratta, On the Road: “Ogni violazione di un diritto ha conseguenze dirette sulla vita di tutti noi”

Si celebra oggi la XVI^ Giornata europea contro la tratta. A celebrare la ricorrenza è la Cooperativa sociale “On the Road”, che da anni lavora per garantire l’inclusione sociale e l’assistenza alle persone vittime della tratta di esseri umani, ma anche rifugiati e richiedenti asilo, donne vittime di violenza domestica e persone senza dimora.
Afferma On the Road: “La tratta di esseri umani, la riduzione in schiavitù, lo sfruttamento, il caporalato... Queste parole escono dalla televisione, o appaiono nei social media, spesso accompagnate da foto di donne seminude in strada o da uomini africani che portano in spalla cassoni di pomodori. La comunicazione è sempre più rapida e le rappresentazioni sono semplificate, si riducono a stereotipi. La nostra soglia di attenzione è sempre più bassa. Un attimo dopo cambia la notizia, cambia lo stato d’animo, e tutto questo scivola via, come lacrime nella pioggia”.

“È difficile spiegare perché questi fenomeni riguardino tutti noi. Eppure ogni violazione di un diritto umano fondamentale subita da una persona ha delle conseguenze dirette sulla vita di tutti noi – continua On the Road -. Il grave sfruttamento lavorativo rende più salato il pomodoro nella nostra pasta, perché non possiamo dimenticare il sudore e le lacrime di umiliazione di chi ha dovuto abbassare la testa davanti agli insulti e alle bastonate, o le ragazze morte nell’incendio delle loro baracche nei ghetti dove vivono i raccoglitori di pomodoro, o i morti sull’asfalto nel ribaltamento dei furgoni dei caporali in Puglia. Quasi ogni prodotto, ogni servizio che acquistiamo ha dietro di sé una scia di dolore, di sottomissione, che volte comincia nelle miniere di Coltan dove i bambini estraggono il prezioso minerale che fa funzionare i nostri telefoni, o si manifesta sotto casa, dove un ragazzo di 26 anni che ci consegna la cena, e il cui caporale è un algoritmo, riceve una mail di licenziamento il giorno dopo essere morto in strada”.

Per On the Road, “la pandemia ha diminuito la presenza di prostitute in strada. E che fine hanno fatto queste donne, queste persone transessuali? Molte lavorano solo in casa, o si vendono su internet. Altre lavano i piatti a due euro l’ora, o sono obbligate dalla mafia nigeriana a svolgere attività illegali come il trasporto di droga, o il riciclaggio di denaro. Oggi – per il postpandemia, per la guerra in Ucraina, per le speculazioni che fanno lievitare i prezzi di tutto – molte persone scivolano sotto la soglia di povertà. Chi era già povero scivola sotto la soglia della miseria... e chi non ha più nessuna possibilità di poter procurare il pane decentemente alla propria famiglia non può che affidarsi al lavoro indecente, al caporale che ti trova un posto come badante (e prende la metà dei tuoi soldi), o che ti trova un lavoro in un cantiere edile, dove cadrai da un’impalcatura e sarai abbandonato per strada per non far fermare i lavori del 110%”.

Ed ancora: “Le normative restrittive sull’immigrazione che rendono quasi impossibile entrare regolarmente in Italia e l’assenza di canali alternativi alla richiesta di asilo per ottenere un permesso di soggiorno, lasciano nel limbo, nella ‘clandestinità’ decine di migliaia di persone, che possono quindi lavorare solo in nero, ovviamente sfruttate. Se chiudiamo gli occhi e pensiamo che tutto questo non ci riguardi, un giorno potremmo accorgerci che la continua negazione dei diritti degli altri diventa negazione dei nostri diritti, e scopriremo che la solidarietà, l’indignazione e la lotta per cambiare l’ordine delle cose in realtà sono forme di autodifesa”.

Conclude On the Road: “Non esiste felicità e realizzazione per pochi in un mondo dove molti soffrono. Noi di On the Road cerchiamo di continuare a fare la nostra parte, con i nostri progetti, i nostri operatori e operatrici che vanno in strada o nei campi e ascoltano le dure storie di chi ha visto l’inferno in Libia e adesso si riprende nelle nostre case di accoglienza, o sostengono percorsi di ritorno alla vita lavorativa decente, per un futuro migliore. Ma se non riusciremo, con l’aiuto di tutti, ognuno dal suo posto nel mondo, a sradicare la mala pianta dello sfruttamento e a piantare i semi del Diritto, della Legalità e della Giustizia, il nostro sarà stato un lavoro gratificante, ma sostanzialmente inutile. Perché per una persona che aiutiamo ad uscire dallo sfruttamento e a progettare il suo futuro, ce ne saranno due che prenderanno il suo posto”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)