Acqua e secco, la nuova sfida agricola. Le ultime piogge non hanno scongiurato la siccità

I tecnici sono concordi nel chiedere più investimenti in infrastrutture idriche che possano riuscire ad immagazzinare l’acqua quando c’è e a rilasciarla quando serve.

Acqua e secco, la nuova sfida agricola. Le ultime piogge non hanno scongiurato la siccità

Ad un mese dall’alluvione in Emilia-Romagna i danni si contano ancora, mentre si fanno già i calcoli, però, sulla prossima siccità. Non si tratta di una situazione paradossale, ma del risultato di circostanze varie: il cambiamento climatico, la scarsa manutenzione del territorio, la pressoché assente capacità di prevenire gli effetti di fenomeni che, in qualche modo, erano già noti da tempo. Quali siano le cause, la situazione è tutto sommato più che semplice: da un lato non si è ancora smesso di spalare il fango dai frutteti romagnoli, dall’altro, i tecnici hanno già lanciato l’allarme: la siccità tornerà, e presto.

Danni, dunque dell’ultima alluvione. Stando ad un reportage dell’agenzia di informazioni specializzata “Agronotizie”, ad un mese da quanto accaduto in molte zone la viabilità è ancora tutta da ripristinare e lo strato di fango ancora da eliminare. Per capire, basta sapere che il 42% della superficie agricola utile dell’Emilia Romagna è stata colpita dagli eventi alluvionali; sarebbero state coinvolte circa 21mila aziende, il 29% delle quali è presente nei comuni con allagamenti. Dal canto suo, Coldiretti ha già stimato in 1,1 miliardi i danni provocati dalla furia delle acque. Quanto agli effetti sui mercati estivi, la prospettiva è semplice: la mancanza di frutta e verdura provocherà prezzi in rialzo e problemi per i consumatori finali. Così, la parola d’ordine per tutti è di fatto una sola: fare in fretta.

Intanto però, si delinea già con grande chiarezza un altro problema (che poi è il “vecchio problema”). Le grandi piogge che sono cadute su molte aree della Penisola, e anche quelle che arriveranno ancora, non hanno per nulla risolto la questione della siccità.

A fare il punto (autorevole) ci ha pensato l’Anbi l’associazione che raccoglie tutti i consorzi di bonifica e irrigazione e che, più di tutti, ha il monitoraggio continuo della situazione delle acque in Italia. Quanto rilevato in questi ultimi giorni non lascia spazio a nessuna illazione diversa: la siccità tornerà e tutto sommato presto. In una nota l’Associazione spiega: “Le riserve idriche dovrebbero essere sufficienti a soddisfare i fabbisogni idrici estivi, ma la fine delle piogge ha visto, in  soli 7 giorni, i livelli dei grandi laghi tornare sotto media e la portata del fiume Po praticamente dimezzata”. Certo, si tratta di una situazione in evoluzione e a “macchia di leopardo” con aree in cui adesso l’acqua c’è e abbondante e altre in cui laghi e fiumi sono già sotto il livello normale di portata. Così, dice sempre Anbi, tutti i principali laghi del nord sono già nuovamente al di sotto delle medie stagionali, il fiume Po qualche giorno fa ha fatto registrare un “ridimensionamento nelle portate che si allontanano dai livelli medi del periodo fino ad arrivare, a Pontelagoscuro, al 36% della portata e facendo riaffiorare le cosiddette ‘isole’, pur presentando una condizione leggermente migliore del più recente biennio”. Lungo lo Stivale, poi situazioni di quasi normalità si alternano ad altre già difficili. Come quella del lago Trasimeno oppure del Tevere.

Ma quindi che fare? I tecnici sono concordi nel chiedere più investimenti in infrastrutture idriche che possano riuscire ad immagazzinare l’acqua quando c’è e a rilasciarla quando serve. Investimenti che, tra l’altro, riguardano anche la messa in sicurezza di vaste aree di territorio ad oggi sottoposte ad un rischio idrogeologico fortissimo. Investimenti ingenti, che in parte sono stati avviati ma che potranno far sentire i loro effetti tra qualche anno. Intanto, l’Italia dovrà fare i conti con un alternarsi sempre più forte di intensi periodi piovosi e di altrettanto intensi periodi di gran secco. E’ quanto gli agricoltori hanno già compreso da tempo. Per questo, l’altra strada da intraprendere è già più che chiara: cambiare le tecniche di coltivazione, recuperare metodologie già note ma un po’ trascurate come l’aridocoltura, l’uso accorto dell’acqua, la scelta attenta di quali varietà seminare. Tutte pratiche che ogni buon agricoltore ha ben presenti e che devono essere sostenute e sviluppate. Un compito che coinvolge un po’ tutti noi.

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Fonte: Sir