Coronavirus, navi delle ong in quarantena: “Come fermare le ambulanze”

In isolamento migranti ed equipaggio sia di Sea Watch che di Ocean Viking. L’ong tedesca: "Misura ci impedisce di riprendere operazioni". Fark (Msf): "Abbiamo rispettato tutte le misure preventive”

Coronavirus, navi delle ong in quarantena: “Come fermare le ambulanze”

ROMA - La nave umanitaria Sea Watch 3, approdata ieri a Messina con 194 migranti a bordo, si trova in quarantena per il rischio Coronavirus. I migranti sbarcati ieri sul molo Norimberga sono stati accolti nella caserma Gasparro Bisconte, mentre a bordo sono rimasti l'equipaggio e altro personale. Tutti resteranno in isolamento e sotto il controllo delle autorità sanitarie fino all'11 marzo, mentre un'ordinanza a firma del comandante della Capitaneria di porto di Messina, Gianfranco Rebuffat, ha disposto l'interdizione alla navigazione per lo specchio d'acqua della rada nel raggio di duecento metri dalla Sea Watch 3. In caso di ormeggio in banchina nel porto l'area di interdizione sarà ricompresa nel raggio di venti metri dall'unità navale. Stessa sorte era toccata alla Ocean Viking, nave di ricerca e soccorso gestita da Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranée,  messa in quarantena dopo aver sbarcato le 276 persone soccorse. La nave è rimasta ancorata al largo di Pozzallo per quasi cinque giorni.

Ma perché mettere in isolamento solo le navi dello ong? A chiederselo sono per prime le stesse organizzazioni umanitarie che denunciano un atteggiamento discriminatorio nei loro confronti. “Mettere in quarantena le navi di ricerca e soccorso è come fermare le ambulanze in mezzo a un’emergenza. Una misura discriminatoria che oggi viene applicata solo a chi cerca di salvare vite in mare - denuncia Michael Fark, capomissione di Msf per il Mediterraneo e la Libia -. Nelle ultime 48 ore sono arrivate nuove segnalazioni di imbarcazioni in pericolo nel Mediterraneo centrale. Siamo profondamente preoccupati per la sorte di quelle persone. Abbiamo rispettato tutte le misure preventive e al momento non c’è motivo per ritenere che alcun membro dell'equipaggio della Ocean Viking sia stato o sia a rischio di contrarre il virus”. Fark precisa che, come richiesto dalle autorità italiane, la temperatura e lo stato di salute di tutto il personale della nave viene controllato e comunicato dai medici di Msf a bordo due volte al giorno. “Mentre il conflitto in Libia peggiora, migranti e rifugiati intrappolati nel paese non hanno altra scelta se non rischiare la vita fuggendo attraverso il Mediterraneo. È urgente che la Ocean Viking possa tornare in mare per salvare uomini, donne e bambini. Le legittime preoccupazioni per la salute pubblica poste dalla gestione del coronavirus non possono essere una giustificazione per impedire i soccorsi. A terra come in mare, la priorità è salvare vite”.

Sulla stessa scia anche Giorgia Linardi, portavoce dell’ong tedesca Sea Watch. “Il personale sanitario Usmaf è salito a bordo e abbiamo messo a disposizione il nostro team di 5 medici - spiega Linardi - L’equipaggio è in salute. Ci chiediamo quale sia la finalità di questa misura che ci impedisce di riprendere le nostre operazioni, lasciando un Mediterraneo privo di assetti di ricerca e soccorso". A osteggiare lo sbarco era stato lo stesso presidente della regione Sicilia, Nello Musumeci. “Le sue dichiarazioni sono politiche e non ci sono pervenute tramite i canali ufficiali - aggiunge Linardi -. Le ‘rilevanti criticità emerse sotto il profilo igienico-sanitario’ nell’hotspot di Messina da lui denunciate svelano comunque un problema cronico della struttura. Inoltre, il riferimento al fatto che l’hotspot costituisca un luogo di transito contraddice anche le recenti pratiche, secondo cui i richiedenti asilo vi sono rimasti per lungo tempo in regime di semi-detenzione. Dopo la missione di Carola Rackete, per esempio, alcuni hanno passato fino a 5 mesi nella struttura”.

Lo scorso 24 febbraio il ministero degli Interni italiano ha anche bloccato un volo umanitario che doveva portare dal Niger all’Italia 66 persone evacuate dalla Libia, nell’ambito del progetto di corridoi umanitari operato da Caritas italiana insieme a Unhcr. Le persone avevano fatto tutti gli screening sanitari e non presentavano patologie legate al virus. Il loro arrivo in Italia è rinviato a data da destinarsi. Fino a nuovo avviso sono sospese anche i trasferimenti dei cosiddetti casi Dublino verso l’Italia. Come anticipato ieri da Redattore Sociale,  il ministero degli Interni italiano ha emesso una circolare in cui si prevede il blocco della ripresa in carico delle domande di protezione di quei richiedenti asilo, che pur essendo approdati nel nostro paese si sono spostati in altri stati europei. Come previsto dal Regolamento Dublino l’esame della domanda deve avvenire nel primo paese d’arrivo. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)