Fare spazio nel cuore. I due errori ideologici che rischiano di frapporsi all'opera di misericordia

Non perdiamo i riferimenti per essere davvero cristiani che accolgono e che restano motivati nelle scelte.

Fare spazio nel cuore. I due errori ideologici che rischiano di frapporsi all'opera di misericordia

Esplicitato il cuore del Vangelo della carità, il Papa torna su due errori ideologici che rischiano di frapporsi all’opera di misericordia. Il primo è l’errore di “separare le esigenze del Vangelo dalla propria relazione personale con il Signore, dall’unione interiore con lui, dalla grazia. Così si trasforma il cristianesimo in una sorta di Ong” (GE 100) privandolo del senso profondo e della spiritualità che hanno incarnato tutti i grandi santi della carità, quasi sempre contemplativi in azione, la cui dedizione a Dio non ha mai fatto diminuire la dedizione al prossimo e viceversa.

Questo monito dovrebbe interpellare anche tutti noi a ciascun livello del nostro agire privato e sociale. Perché ci battiamo perché in ufficio prevalga uno stile di onestà e trasparenza? Perché in casa ci prodighiamo nello svolgere i compiti comuni che alimentano la vita famigliare? Se perdiamo il riferimento al perché e al per Chi, non solo rischiamo di perdere alla lunga la costanza necessaria, ma poi perdiamo il sapore del fare con una motivazione forte e lentamente ci riduciamo ad essere esecutori stanchi di doveri morali svuotati dall’interno. Il secondo errore è quello di diffidare dell’impegno sociale degli altri, etichettandolo secondo categorie ideologiche e politiche che evidentemente non si condividono.

In questo modo si riconoscono solo le proprie battaglie e si rischia di avere una visione parziale della realtà. Facendo degli esempi il Papa afferma: “la difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto” (GE 101).

Una serie di situazioni che in qualche modo prima o poi ci riguardano da vicino e non ci possono lasciare indifferenti. Così come il tema dei migranti che – dice il Papa – il cristiano non può considerare marginale. “Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi seri della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli” (GE 102)

Accogliere lo straniero non è “l’invenzione di un Papa” ma un comandamento che percorre tutta la Bibbia e che San Benedetto aveva fatto suo, invitando i monaci ad accogliere ogni ospite come fosse Cristo stesso. Saremmo capaci di fare lo stesso? C’è idealmente un posto in più nelle nostre tavole per un ospite improvviso e non necessariamente per l’amico o il parente? Forse è proprio questo lo spazio da creare, uno spazio del cuore prima ancora che della casa, una flessibilità, una prontezza ad accogliere nella consapevolezza che fede e carità sono le due facce della stessa medaglia che è la nostra vita cristiana.

Giovanni M. Capetta

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir