L’icona di un’epoca. La scomparsa di Gorbaciov e i ruggenti - ma pure contraddittori - anni Ottanta

Per alcuni un uomo che guardava avanti, e che tentava di salvare il salvabile del comunismo traghettandolo verso una maggiore partecipazione popolare, per altri l’affossatore dell’unico rimedio contro lo sfruttamento capitalista.

L’icona di un’epoca. La scomparsa di Gorbaciov e i ruggenti - ma pure contraddittori - anni Ottanta

La scomparsa di un protagonista degli Ottanta del secolo breve ci invita ad una riflessione epocale: Michail Gorbaciov rappresenta l’icona di un’era umana che travalicherà i limiti di una sola generazione. Perché gli Ottanta sono stati anche gorbacioviani, ma hanno portato il segno di altri carismi divisivi, come quello della Thatcher, che ha tenuto il potere dal 1979 fino al ’90, molto più a lungo rispetto al riformatore coraggioso della Russia non più Urss, senza dimenticare le rielezioni di Reagan, un’altra icona in campo conservatore. Riformismo post-marxiano, dunque, contro una controparte iper-liberistica, in un confronto attraversato da altre nuove forme che hanno egemonizzato quegli anni: il ritorno all’immagine, all’individualità prorompente che nel mondo della canzone, ad esempio, non sarà mai più solo canzone, ma assertività iconica, affermazione iper-individuale e provocatoria di un io-immagine prorompente: e allora ecco l’emersione di Madonna Louise Veronica Ciccone, e un transformer come Michael Jackson, una seduzione che proveniva non solo da complesse elaborazioni a metà tra l’avanguardia, il folk, il classico contemporaneo e il rock, come nel caso dei Genesis e del loro frontman Peter Gabriel (che planò con una corda a mò di liana tra il pubblico di Sanremo), ma che penetrava dentro il glamour romantico dei Duran Duran o degli estetizzanti Spandau Ballet, i quali, però, altra apparente contraddizione di un’epoca, parlarono dolentemente della guerra civile in Irlanda del nord con la toccante “Through the barricades”.

La spinta comunitaria di fine Sessanta e dei Settanta aveva lasciato il segno: intere formazioni, molti artisti si erano dichiarati allineati e coperti con l’impegno ideologico e avevano dichiarato la subordinazione individuale ad una fede laica che avrebbe però avuto derive omicide fin dentro gli Ottanta, con vittime nei servitori dello stato, nei sindacalisti; come innocenti erano gli 85 uccisi dalla bomba alla stazione di Bologna nella tragica apertura del decennio. L’anno dell’assassinio di Vittorio Bachelet e di Walter Tobagi, ma con un altro segnale di cambiamento nella cortina di ferro: nasceva Solidarnosc, un ulteriore avviso di lavori in corso per un est in cui ferreo comunismo marxista stava mostrando crepe dall’esterno, ma anche dall’interno: Gorbaciov ne sarà, dal 1985, la prova evidente, perché la sua leadership nasceva apparentemente nella continuità, ma in realtà iniziava la rottura con il passato: il più giovane leader sovietico di sempre, eletto a soli -per l’Urss- 54 anni, si impegnò da subito nello svecchiamento del partito e dell’intero sistema a trazione sovietica. Tanto che due anni dopo firmò con il conservatore Reagan, effigie Usa per praticamente tutti gli Ottanta, uno storico trattato sul disarmo e per il ritiro degli euromissili. Il premio Nobel, praticamente alla conclusione dei suoi sei anni, (pochi, ma oggi storia), fu in gran parte dovuto a quel trattato, al ritiro dall’Afghanistan e anche all’avvio di una sorta di nuova Nep, quella Nuova Politica Economica che Lenin aveva instaurato nella Russia dei soviet dal 1921 per tentare di alleggerire la morsa della fame dopo la guerra civile e il primo conflitto mondiale, ristabilendo una sorta di economia larvatamente libera.

Per alcuni un uomo che guardava avanti, e che tentava di salvare il salvabile del comunismo traghettandolo verso una maggiore partecipazione popolare, per altri l’affossatore dell’unico rimedio contro lo sfruttamento capitalista. Questi ultimi non hanno tenuto conto del fenomeno Cina, che nell’incredibile irrazionalità (gli hegeliani non se la prendano) della storia, dopo i massacri degli studenti che chiedevano libertà, ha iniziato un lento passaggio verso il capitalismo di stato conservando antiche nomenclature di partito.

Gli eredi di Mao e il capitalismo di nuovo rampante, la spinta verso la libertà dei paesi dell’est e il ritorno al tradizionalismo delle rivoluzioni integraliste islamiche, i tentativi di un socialismo democratico e liberal, anche se con una leadership forte e assertiva come quella craxiana, e poi tangentopoli sono i segni di quel cammino. Uno dei simboli del decennio, Giovanni Paolo II, affrontò i nodi contraddittori di quell’epoca facendo leva sul bisogno essenziale di libertà contro la schiavitù, di qualsiasi colore politico essa fosse.

No, non è stato un tempo a senso unico, perché ha rappresentato le falle della storia e le angustie delle ideologie. Un tempo in cui Gorbaciov ha lottato coraggiosamente per conciliare socialismo e umanesimo.

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Fonte: Sir