Relazione e comunicazione. La parte a noi nota dell’esistenza dei nostri ragazzi è la punta di un iceberg

Che fine hanno fatto logos ed ethos, così necessari quando la relazione con i figli diventa più adulta e paritaria, quindi complessa?

Relazione e comunicazione. La parte a noi nota dell’esistenza dei nostri ragazzi è la punta di un iceberg

Alla base dell’educazione ci sono essenzialmente due percorsi: la relazione e la comunicazione, le strade sono intimamente connesse e trovano espressione attraverso il dialogo.

Con i bambini abbiamo a disposizione un’ampia varietà di canali, tra cui il gioco e la fisicità. È più semplice esprimere gesti di tenerezza e di affetto nei confronti dei piccoli, perché sono essi stessi che ce li chiedono. I bambini, inoltre, tendono ad affidarsi agli adulti, mai mettendone in dubbio l’autorevolezza e il carisma.

Con gli adolescenti tutto diventa più complicato. In realtà, durante l’infanzia è stato fatto un gran lavoro dal punto di vista educativo, ma per certi versi tutto sembra azzerarsi. Arriva il tempo dei silenzi, della distanza, della separatezza emotiva e anche dei segreti. Le vite dei nostri bambini sono un libro aperto, o quasi. La parte a noi nota dell’esistenza dei nostri adolescenti è invece la punta di un iceberg, di essa ignoriamo la profondità, in certi casi persino gli abissi.

Per affrontare la genitorialità ci vuole forza e molto coraggio, i figli sono uno specchio dalla cui superficie torna l’immagine di noi stessi. Non quella che amiamo raccontarci, ma un profilo meno edulcorato, più autentico, quindi più difficile da accettare. Lo specchio riflette quello che siamo e non quel che avremmo voluto essere.

La maggiore insidia che si cela dietro al rispecchiamento è il senso di colpa, peggior nemico di un buon processo educativo. Essere consapevoli dei propri errori è sano, ma tentare di rimediarvi in maniera ossessiva e incoerente no. Gli errori sono umani, fanno parte del nostro cammino, bisognerebbe trovare la forza di trasformarli in opportunità.

Come si fa? Attraverso il dialogo, sintesi eccelsa di comunicazione e relazione.

Il dialogo, però, per avere efficacia ha bisogno di una buona tessitura che possa estrinsecarsi in maniera equilibrata su tre diversi piani: logos (ragione), pathos (sentimento) ed ethos (etica). Ce lo ricorda Aristotele nell’Etica Nicomachea (pubblicata per la prima volta nel I sec. a. C.).

Nei tempi più recenti il dialogo genitoriale si è manifestato soprattutto sul terreno del pathos, trascurando gli altri due ambiti. C’è da dire, però, che la tendenza prevalente a sim-patizzare em-patizzare con i propri figli è stata fortemente condizionata dal clima sociale di cui si impregna il nostro vissuto. Negli ultimi decenni abbiamo risentito sempre più di paure e angosce collettive, che hanno in un certo senso annebbiato e perfino neutralizzato le nostre capacità critiche e razionali. Poi siamo stati attraversati (e devastati) dall’illusione del benessere e del materialismo, amplificata da una comunicazione “immaginifica” e manipolativa.

Che fine hanno fatto quindi logos ed ethos, così necessari quando la relazione con i figli diventa più adulta e paritaria, quindi complessa? Si sono ritirati in una nicchia, assistendo a una inevitabile deriva dei modelli educativi. Il conto con gli adolescenti diventa salato e a pagarne le spese non sono soltanto le famiglia, ma la società stessa sempre più confusa e in crisi.

La confusione, purtroppo, genera confusione e senza ritrovare dei punti di riferimento non è possibile uscirne. Come riuscire, quindi, a ripristinare un buon dialogo educativo e attraverso di esso ricostruire la relazione, o semplicemente fortificarla?

Le famiglie da sole non possono farcela. Il primo alleato deve essere la scuola, che in questo momento è chiamata a ritrovare il suo centro. L’apprendimento non appare più un processo così scontato, si incontrano molti ostacoli legati al disagio esistenziale dei ragazzi. L’emergenza sanitaria, poi, certamente non ha aiutato.

C’è poi da dire che l’apprendimento non può più limitarsi ai contenuti delle diverse discipline.

“Apprendere” nel XXI secolo non vuol dire accumulare nozioni, ma crescere e maturare competenze. Riuscire ad assimilare abilità (life skills) che possono essere utilizzate come risorse non solo nel percorso scolastico, ma anche nella gestione delle relazioni e di molti altri aspetti comuni del vivere.

Logos ed ethos sono dimensioni accessibili soltanto a chi viene formato e fornito degli strumenti per poterne assimilare i contenuti.

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Fonte: Sir