A come accoglienza. Una nuova collana di articoli che vuole scrivere un piccolo dizionario

Terminata l'analisi della Laudato si', prende l'avvio una rassegna di parole per ordine alfabetico, visitate nella loro attinenza con l’universo della famiglia.

A come accoglienza. Una nuova collana di articoli che vuole scrivere un piccolo dizionario

1Perseverate nell’amore fraterno.

2Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandolahanno accolto degli angeli senza saperlo.

(Eb 13, 1-2)

Prende avvio una nuova collana di articoli che si prefigge d’essere un “dizionario di lessico famigliare”, ovvero il succedersi di parole per ordine alfabetico, visitate nella loro attinenza con l’universo della famiglia. Una rassegna che vorrebbe dare vita ad approfondimenti che partano sempre dalla vita reale e permettano al lettore di immedesimarsi e fare della lettura uno sprone per una riflessione “sul campo”. L’esordio spetta ad “accoglienza”, parola dalla grande valenza anche simbolica, ma che ultimamente sembra approdata solo sulle coste siciliane degli sbarchi concessi o impediti ai tanti disperati che, sopravvissuti al mare, cercano terra e futuro.

L’opinione pubblica si divide fra favorevoli e contrari senza forse interrogarsi nel profondo su questa parola il cui significato rimanda in realtà ad una dimensione molto più ampia di quella della semplice ospitalità. Lo sanno bene da qualche anno a questa parte gli sposi che si sono uniti in matrimonio col nuovo rito: “Io accolgo te” è la formula assai più felice della precedente con cui si capisce che accogliere può anche considerarsi sinonimo di amare.

Accogliere il proprio coniuge significa sapere che non è un angelo, ma una creatura imperfetta, fatta di pregi, difetti, luci e ombre. Il mistero grande è quello di accettare la sfida di amare l’altro in tutto quello che lui è, accoglierlo appunto. Si può vivere in una costante dimensione di accoglienza: della vita prima di tutto quale dono per eccellenza; la vita propria, quella dei figli, quella delle altre persone. Accogliere significa porsi in una condizione di creatura che non cede alla tentazione del dominio e dell’autoreferenzialità. Significa essere sempre pronti all’abbraccio piuttosto che alle braccia conserte.

Più con lo sguardo oltre un ponte di collegamento che contro un muro di chiusura. Per il cristiano tutto è dono e quindi tutto va accolto con mitezza e affidamento, altra parola con la a che si unisce ad accettazione, che richiama maggiormente alla capacità di accettare anche le prove e le cose meno piacevoli dell’esistenza. Accoglienza è poi più specificamente parola che ha a che fare con la nascita di una nuova creatura, è parola che cela dentro di sé il grembo di una donna che crea spazio all’interno del suo corpo per accogliere una nuova vita.

Per accogliere bisogna saper donare del proprio, prima di tutto del tempo. Belle le famiglie che aprono frequentemente e con gioia la porta di casa per accogliere non solo lo straniero o il bisognoso, ma lo stesso vicino di pianerottolo che magari neanche si conosce. Una famiglia accogliente è una famiglia che testimonia l’amore di Dio fattivamente ed è una famiglia che evita il rischio di implodere in un circuito chiuso di bisogni e soddisfazioni. Mai senza l’altro, invece, come recitava un testo di molti anni fa, pronti a fare come Abramo che alle Querce di Mamre senza saperlo accolse tre persone per poi scoprire di essere alla presenza del Signore.

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Fonte: Sir