Adolescenti. Nuovi riti di iniziazione. Tatuaggi per segnare e distinguere il corpo
Importante è annotare sul proprio corpo il riferimento da non dimenticare, mostrandolo poi anche agli altri.
E mentre fisici e filosofi s’interrogano sul mistero del tempo, gli esseri umani tentano in tutti i modi di sovvertirne regole e di arginarne conseguenze. A soccorrerli in questa impresa: chimica, cosmesi, chirurgia plastica, moda e i consigli dei social influencer. Forse mai, come nell’epoca attuale, l’uomo si è dannato tanto per la ricerca dell’eterna giovinezza, fisica e spirituale. La forma fisica e lo stereotipo della bellezza oggi rappresentano la risposta più immediata (e quella più facilmente reperibile) al disagio interiore.
Le diverse generazioni si trovano quindi a fare percorsi “evitanti”. Si viaggia su binari contorti e paralleli, rispettivamente impegnati in una ricerca solipsistica della felicità.
Nelle epoche antiche grande importanza era attribuita ai riti di iniziazione che segnavano l’ingresso delle giovani generazioni nell’età adulta e quindi scandivano il tempo degli esseri umani. Il rito di iniziazione, ancora molto presente nelle zone meno globalizzate del nostro mondo, segnava il momento in cui vecchie e nuove generazioni si passavano, per così dire, il testimone.
Spesso consisteva in una prova di forza o di coraggio, oppure in una festa con canti, balli e “trasformazioni”. Il rito di iniziazione era generalmente marcato da colori e abiti particolari e acconciature. Parliamo di pratiche ancestrali, ma esse nascevano da una esigenza essenziale: segnare il passaggio temporale, dare inizio a una nuova stagione.
I “vecchi” offrivano la propria esperienza e guidavano i giovani desiderosi di cimentarsi nella pratica della vita. E’ proprio questo il passaggio che oggi manca. I “vecchi” non più vecchi, incerti persino del proprio stato anagrafico, non hanno più esperienza da offrire. L’esperienza non sta al passo col ritmo accelerato del cambiamento e col relativismo delle proprie azioni. I “vecchi” sono i primi a essere ripiegati su se stessi e le proprie fragilità.
I giovani, pertanto, restano orfani nel passaggio del fuoco. Non arriva nessun Prometeo a donare la scintilla divina. Si resta prigionieri di una perpetua attesa di un qualcosa che non si compie. In attesa di definire la propria identità, attraverso il rispecchiamento nell’indefinitezza del passato e del presente.
Nuovi riti si sostituiscono a quelli vecchi. Si segna il corpo per “distinguerlo” e meglio identificarlo nella massa. Non è un caso che questa sia l’epoca dei tatuaggi. Si tende a scrivere sul proprio corpo storie fatte di immagini, il corpo diventa una mappa esistenziale.
Si scelgono con cura i luoghi da tatuare: intimi o esposti. Si scrivono nomi o frasi scegliendo magari le lingue antiche. I disegni sono arte “viva”, proiezioni oniriche e immaginazioni. Oppure a volte sono simboli di appartenenza a fazioni sportive, gruppi filosofici o religiosi, o anche nuclei familiari. Importante è annotare sul proprio corpo il riferimento da non dimenticare, mostrandolo poi anche agli altri. Si tratteggia così, in maniera dolorosa con aghi e procedimenti che richiedono ore, il proprio modo di stare al mondo.
I giovanissimi scelgono spesso anche di fare piercing e treccine colorate. Per i capelli, poi, le soluzioni sono infinite: dai colori più improbabili al candore senile. Anche il makeup aiuta nel processo di identificazione, ora non solo le ragazze. E poi ci sono le unghie che, in alcuni casi, diventano quasi degli artigli decorati.
Insomma il processo di identificazione e di crescita percorre sentieri creativi. Chissà se poi, nello stesso modo, solcherà anche quelli dell’anima. Anche l’anima avrebbe forse bisogno di tatuaggi e di mappe, perché al momento sembra ancora vagabondare disorientata e senza meta.
I sentieri degli individui sono sempre più labirinti desolati e, mentre il tempo umano scorre inesorabile in barba a tutti i misteri e ai sortilegi, continuiamo a restare abbagliati dai miraggi e a smarrire la nostra autenticità.
Silvia Rossetti