I Minori lasciano Padova. Dopo oltre sei secoli, a settembre i francescani lasceranno San Francesco Grande

A settembre la comunità dei frati minori dovrà abbandonare la parrocchia di San Francesco in Padova, come ha deciso la provincia del Nord Italia dell'Ordine. Si chiude così una presenza iniziata sei secoli fa e interrotta soltanto, per circa un secolo, dai decreti napoleonici.

I Minori lasciano Padova. Dopo oltre sei secoli, a settembre i francescani lasceranno San Francesco Grande

Andarsene, mettendo fine a una storia d’amore lunga sei secoli, non è facile. Ma la decisione ormai è presa: la comunità dei frati Minori dovrà abbandonare la parrocchia di San Francesco in Padova. Una presenza storica in città, non solo per i suoi seicento anni di vita, ma per la sua identità di amore verso il prossimo. La decisione della Provincia dei frati Minori del Nord Italia non è giunta come un fulmine a ciel sereno, anche se non poteva non provocare una punta di sofferenza.

«Noi frati eravamo in parte preparati – osserva il parroco, padre Vittorio Bellè – perché sappiamo che i nostri superiori stanno ridisegnando la presenza dell’Ordine, valutando quali attività potenziare e quali invece chiudere. È la conseguenza di un problema che interessa il nostro ordine, come tutte le istituzioni religiose: la carenza di vocazioni. Così si è pensato di chiudere qui per rendere più efficace la nostra azione pastorale altrove». Il riferimento è al convegno di San Francesco a Cittadella, altra presenza dei frati Minori sul territorio. «Una scelta abbastanza precisa è quella di riconsegnare alle diocesi le parrocchie. È stato scelto di potenziare Cittadella, forse perché meno impegnativa di Padova».

I Minori erano arrivati nella chiesa e nel convento di San Francesco Grande nel 1416 e lì rimasero fino al 1810, quando Napoleone soppresse gli ordini religiosi, per poi rientrarvi il 4 gennaio 1914, quando la chiesa di San Francesco era diventata anche parrocchia. «Quindi serviamo questa parrocchia da più di cent’anni – conclude padre Bellè – e un po’ di sofferenza è comprensibile. Ma sono convinto che il vescovo manderà un bravo parroco ed è giusto che venga accolto come si conviene, che venga sostenuto, incoraggiato, aiutato, e che in questa comunità parrocchiale possa trovarsi veramente bene. Su questo abbiamo già fatto due incontri con la parrocchia, impostandoli proprio sull’accoglienza del nuovo pastore».

A un’assemblea aperta a tutti i parrocchiani ha partecipato anche il vicario generale mons. Giuliano Zatti che, in proposito, commenta: «Nel suo testamento san Francesco scriveva: “Il Signore mi donò dei fratelli” e il riferimento era a coloro che avevano deciso di condividere il carisma del poverello di Assisi. Questa volta verrebbe da annotare: “Il Signore ci ha tolto dei fratelli”. Siamo più poveri, inutile dirlo e del resto il Signore in questi anni sembra volerci togliere sicurezza, persone, situazioni favorevoli, quasi a ribadire che soltanto Lui rimane e che a Lui sempre si torna. Grazie alla comunità francescana dei Minori che abbandona Padova, ma lascia una storia di bene, di carità, di arte, di cultura, di presenza sociale. Un grazie convinto, anche se sofferto, con la consapevolezza che la memoria del tempo, dei luoghi e dei volti è ora affidata alla Chiesa di Padova: la responsabilità che ne viene è grande e allo stesso tempo ci onora».

Alcuni fedeli hanno anche promosso una raccolta di firme per chiedere che i frati rimangano a San Francesco. «Ho disapprovato questa iniziativa – commenta il parroco – anche se la considero un segno di affetto e di stima nei nostri confronti. Sapevamo che la gente ci vuol bene, ma ora dobbiamo guardare al futuro. E dobbiamo ringraziare il Signore perché la parrocchia di San Francesco Grande avrà il suo parroco. Lo ha assicurato il vescovo e questo è un gesto di attenzione e un bel regalo che fa alla nostra comunità».
È dedicata proprio al nuovo pastore una delle due grandi speranze di padre Vittorio Bellè per il futuro della parrocchia. «Mi auguro che la comunità di San Francesco possa lavorare insieme a lui per portare avanti quello che noi abbiamo tentato di seminare in questo luogo. E sono convinto che per il bene che vuole a noi frati la gente accoglierà bene anche il nuovo pastore. L’altra speranza è legata allo spirito francescano: mi auguro che non venga meno, perché questi sei secoli di presenza non possono essere cancellati».

Prezioso scrigno d'arte e cultura 

L’eredità dei frati Minori di San Francesco Grande in Padova sta tutta nell’origine della loro presenza, voluta dai coniugi Sibilla de’ Cetto e Baldo de’ Bonafari, terziari francescani, che realizzarono la chiesa e il convento dopo aver dedicato tutto il loro patrimonio alla creazione, nel 1414, di un ospedale di moderna concezione. Non un luogo per il soccorso generico di pellegrini e bisognosi, ma dedicato in modo specifico alla cura dei malati, secondo le ricerche della vicina scuola di Medicina. Il ritratto dei due coniugi si può osservare nel grande affresco di Dario Varotari, nella parete meridionale della Sala della Carità, forse il più prezioso tra i gioielli della parrocchia di San Francesco Grande che passeranno alla Diocesi.

Cultore del patrimonio di arte a fede che caratterizza la presenza dei frati minori a San Francesco è Gianfranco Maritan, che da oltre 25 anni permette agli interessati di conoscere la “cittadella francescana”, quello scrigno di tesori racchiuso tra le vie San Francesco, Galileo Galilei e via Del Santo. Tra questi tesori, la sala Carmeli, riaperta nel 2011 dopo il restauro per un terribile incendio.

«Voluta dal coltissimo padre Michelangelo Carmeli, teologo e docente di lingue orientali – ricorda Maritan – la sala Carmeli era la biblioteca del convento e questo fa capire il ruolo culturale del complesso di San Francesco Grande, che comprendeva anche uno studio teologico e aveva stretti rapporti con l’Università, dove molti dei frati insegnavano».

Il sabato e la domenica pomeriggio Gianfranco Maritan svela agli interessati i segreti del chiostro, dedicato a sant’Antonio, il cui cammino, dal Portogallo a Padova, è illustrato nelle lunette. Entrando a sinistra, nella parte più vecchia del chiostro, il Santo è dipinto insieme a san Francesco, ai lati della Vergine. «Padova è conosciuta come la città del Santo – osserva Maritan – ma è fondamentalmente una città mariana e la struttura che regge questa eredità mariana, è tutta francescana».

Numerose strutture rimangono alla parrocchia

Quando, il 25 aprile 1810, i frati furono cacciati da San Francesco con decreto napoleonico, i soldati avevano già depredato la chiesa. Rientrando nel 1914, i frati tornarono in possesso soltanto di una piccola parte (che ora passerà alla Diocesi) del patrimonio iniziale.
Oltre alla scuola della Carità, il chiostro, il patronato, l’ex patronato femminile, l’oratorio di Santa Margherita e il convento, che adesso è in gran parte collegio universitario insieme al collegio Beato Claudio Granzotto. E ancora, il cinema Excelsior e la Casa alpina Maria Immacolata a Rocca Pietore, inaugurata nel 1960 da padre Mariano Girotto, dove migliaia di bambini e adolescenti, indipendentemente dalle possibilità della loro famiglia, hanno potuto passare una vacanza in montagna.

Il futuro

La futura destinazione dei frati è ancora sconosciuta. Mancherà a tutti anche padre Leone Rosato, parroco dal 1972 al 1986 e tornato a Padova cinque anni fa dal santuario della Madonna della Difesa a Cortina d’Ampezzo. «Noi frati siamo eremiti – risponde con il suo inconfondibile sorriso – e pellegrini. Penso che dove andrò, mi troverò bene».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)