Il contagio di bene per l'altro. Il racconto della dottoressa Valeria Temporin, dirigente del laboratorio analisi dell'ospedale di Schiavonia
Nuova atmosfera. Dopo l'emergenza il personale sembra una grande famiglia. Il racconto della dottoressa Valeria Temporin, dirigente del laboratorio analisi
«Da quel fatidico venerdì 21 febbraio è come se tutto il personale che opera all’interno dell’ospedale fosse diventato una grande famiglia». Valeria Temporin, dirigente medico del laboratorio analisi a Schiavonia, era in servizio proprio alle 15 di quel pomeriggio in cui è arrivata la notizia di due pazienti positivi a Covid-19. «Sono stati momenti di grande smarrimento. L’ospedale è stato chiuso, all’interno è rimasto il personale in servizio ma anche tutti i pazienti presenti per le visite ambulatoriali. Dovevamo capire cosa fare, quale strategia seguire. Alla fine si è deciso di sottoporre tutti a tamponi, siamo andati avanti fino alle 2.30 del mattino».
Nel grande atrio si è creato un “accampamento” in cui ha preso vita la solidarietà. Qualche genere di conforto per chi era lì per un semplice controllo e si è trovato nel pieno dell’emergenza. Un po’ d’acqua, qualcosa da mangiare, un posto in cui riposare un po’, cappella compresa.
«Da allora l’atmosfera qui è del tutto cambiata – riprende la dottoressa – Viviamo giornate molto intense, è vero, ma non è eroismo, è semplicemente il nostro lavoro. Tuttavia ora ci salutiamo tutti, anche con chi non ci si conosce, un cenno del capo, un “come va?”, l’attenzione per i pochi colleghi che hanno contratto il virus. Qualche messaggio per rassicurare dal laboratorio, quando vedo esiti negativi al test. Mi sono chiesta se questa vicinanza è un effetto collaterale sui non positivi al virus, ma credo invece che a essere diventati contagiosi siano il bene e l’attenzione per l’altro».