La Dichiarazione di Padova. Anche la vita digitale ha bisogno di un'etica
La "Dichiarazione di Padova: un manifesto per diffondere il Bene nell'ambiente digitale" elaborata nell'ambito del progetto #Digitaletica
Raccomandazioni a usare le buone maniere sui social, ad abitare e a comportarsi con stile sul web: ma questi consigli vengono di fatto applicati? Fake news, gioco d’azzardo on line: riusciamo a districarci tra tutte le sollecitazioni e tentazioni che ci provengono dal web? Il rapporto di Previsioni tecnologiche per il 2018 della società di consulenza Gartner dice che nel 2022 il pubblico occidentale consumerà più notizie false che vere e non ci sarà sufficiente capacità materiale o tecnologica per eliminarle. Siamo circondati da suggerimenti che però restano disattesi, da libri, decaloghi, conferenze che ci suggeriscono come comportarci, cosa dire e cosa è meglio tacere, cosa fare o meno.
Esiste sì un galateo digitale, ma troppo spesso viene disatteso e forse non basta più. Servono allora delle fondamenta su cui i nostri comportamenti digitali possano appoggiarsi e trovare un significato profondo che non li renda manipolabili e in cui tutti si riconoscano: serve quindi un’etica nel digitale e del digitale. Da questi presupposti è nato il progetto #Digitaletica, che vede tra i fondatori la giornalista triestina Martina Pastorelli, Matteo Maria Giordano, che si occupa di media education e don Marco Sanavio, direttore dell’ufficio di pastorale della comunicazione della diocesi di Padova.
La sfida oggi è far capire che l’etica, oltre che essere indispensabile per regolare le relazioni tra esseri umani, è fondamentale anche nel mondo digitale per far sì che le nuove tecnologie siano sempre al servizio dell’uomo e non viceversa. #Digitaletica – per risvegliare la consapevolezza che per realizzare una vera comunione digitale bisogna ripartire dal significato autentico di alcuni vocaboli – ha scelto sei parole identitarie e universali che devono essere considerate tra loro inseparabili e ha cercato di restituire loro il significato autentico.
Sono: persona, ovvero la dignità che ciascuno è e che va custodita nell’interesse di tutti; mistero che è la coscienza dell’individualità della persona; verità, come l’unione armonica fra il mio giudizio e la realtà in sé; libertà cioè il possesso di sé per costruire un’autentica comunione sociale; relazione, vista come l’empatica tensione verso l’altro e infine amore che diventa la capacità di percepire il valore sempre presente nell’altro.
E proprio perché il web siamo noi #Digitaletica ci invita a chiederci dove “stiamo” rispetto a questi termini per renderci consapevoli del valore che rappresentano queste parole, dalla cui sintesi armonica scaturisce il Bene, aiutando così a praticarlo e a diffonderlo.
Partendo da questi presupposti in occasione del convegno “Per un’etica del digitale” che si è tenuto a Padova sabato 12 maggio nell’ambito della 14a edizione del Festival Biblico, è stata presentata la “Dichiarazione di Padova: un manifesto per diffondere il Bene nell’ambiente digitale”, frutto della riflessione operata da alcuni mesi da Festival Biblico, ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Padova, DIGITALmeet e #Digitaletica, primi promotori e firmatari dell’impegno insieme agli ospiti del convegno, Luciano Floridi (University of Oxford – Oxford internet insitute) e Derrick De Kerckhove (University of Toronto). Il documento, che ha recepito anche le indicazioni fornite dagli altri relatori presenti all’incontro svoltosi a Palazzo Bo – Paolo Benanti (Pontificia università Gregoriana), Mauro Conti (Università di Padova) e mons. Lucio Adrian Ruiz (Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede) – è stato consegnato al card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, come affidamento ideale di questo impegno anche alla Chiesa italiana. Nella premessa alla dichiarazione si sottolinea come «la dimensione onlife del nostro quotidiano, che supera l’iniziale distinzione tra esperienza online e offline, sta modificando gradualmente ma significativamente le nostre persone e il nostro approccio al mondo. La rete Internet e la tecnologia promettevano di liberarci dalle catene del lavoro e dei regimi, non di fare business con le nostre identità. Ciononostante nutriamo sentimenti positivi e di speranza e, al tempo stesso, di seria preoccupazione per quanto sta accadendo».
Il documento, che è articolato in 6 punti, descrive l’orizzonte di impegno al quale si auspica possano aderire le agenzie formative, le istituzioni, le organizzazioni, le aziende, le religioni e le loro guide e a quanti hanno a cuore la formazione dei più giovani. Sostanzialmente vengono indicati tre punti focali verso i quali concentrarsi:
- la responsabilità verso le generazioni future nell’ambito del rispetto della persona e della sua reputazione e nella tutela e custodia dei dati personali;
- la ricerca della verità che ha come primo impegno quello dello sgretolamento dei pregiudizi che spesso ci fanno accogliere informazioni che percepiamo dubbie o non verificate ma che per comodità assumiamo perché confermano le nostre convinzioni, anche se dovessero dimostrarsi distorte o erronee;
- l’impegno a educare le coscienze, anche quelle adulte, nel perseguire il bene comune anche nelle mediazioni digitali.
Ecco allora che diventa importante richiamare all’attenzione anche un concetto che oggi è quasi scomparso: quello di bene comune. Con un metodo semplice e chiaro #Digitaletica fa scoprire i concetti necessari per vivere la sfida tecnologica in piena umanità e in un’ottica di costruzione del bene comune, rendendo così l’ambiente digitale migliore per tutti, perché rispettoso della persona e della sua dignità.
Paola Zapolla