Nel 2020 106 femminicidi, oltre 15 mila donne si sono rivolte ai Cav

La maggior parte è stata uccisa da un partner o da un parente. Omicidi sempre di più tra le mura domestiche. Forte calo delle denunce nei mesi del lockdown, le misure restrittive hanno amplificato la paura. I dati Istat

Nel 2020 106 femminicidi, oltre 15 mila donne si sono rivolte ai Cav

Come per il 2019, si è voluto stimare il numero di femminicidi nel 2020 seguendo gli standard internazionali. Analizzando insieme la relazione tra la vittima e l'autore, il movente e l'ambito dell'omicidio, così come rilevati nel database dedicato agli omicidi del ministero dell'Interno, risulta che nel 2020 i femminicidi, secondo questa definizione, sono stati 106 (quasi 9 al mese) su 116 rilevati in totale. Lo rileva l'Istat nel rapporto L'effetto della pandemia sulla violenza di genere - Anni 2020-2021”. Dei 10 non considerati tra i femminicidi, 5 sono omicidi di donne imputabili a motivazioni economiche o a reati di rapina o all'ambito degli stupefacenti (3 da conoscente e 2 da sconosciuto) e 5 sono omicidi commessi da sconosciuti che non presentano un motivo riconducibile all'omicidio di genere né alla vulnerabilità della vittima. Delle 116 vittime donne, il 34,5% è stata uccisa con un'arma da taglio, il 25,9% con un'arma da fuoco, ben il 12,9% con percosse e il solo uso delle mani, l'8,6% con arma impropria mentre il 18,1% è stata uccisa in altri modi, ad esempio per asfissia e strangolamento e in pochi casi per avvelenamento. La percentuale di donne uccise da armi da fuoco aumenta, però, se l'autore è il partner attuale o precedente (32,8%). Dati, questi, che sono stabili nel tempo. Al contrario gli uomini vengono uccisi nel 42,4% dei casi con armi da fuoco (72 casi su 170) e nel 33,5% con armi da taglio.

Il 77,6% nel 2020 uccise da un partner o da un parente

La maggior parte delle donne (77,6%) nel 2020 è stata uccisa da un partner o da un parente (dato stabile nel tempo), ma nei mesi di marzo e aprile 2020 questa percentuale ha raggiunto rispettivamente il 90,9% e l'85,7%. Rileva l'Istat. Inoltre, sempre in questi mesi, la metà delle vittime è stata uccisa per mano di un parente, presentando analogie con i dati delle richieste di aiuto al 1522, in cui è emerso l'aumento delle violenze da parte dei familiari. Anche nel mese di novembre 2020, con l'acuirsi della pandemia, le donne uccise in ambito familiare da parenti sono state il 40%, quelle da partner il 60%. 

Calo delle denunce in lockdown, più controllo da partner

Dai dati delle Forze di polizia emerge un forte calo delle denunce per maltrattamenti, stalking e violenza sessuale nei mesi del lockdown e un nuovo aumento nei mesi successivi. La diminuzione delle denunce di maltrattamento è soprattutto legata al maggiore controllo attuato da parte dei partner e dei familiari conviventi, conseguente al confinamento in casa. Le misure restrittive contro la pandemia hanno sottolineato le differenze della violenza contro gli uomini e le donne. Le donne sono uccise sempre di più tra le mura domestiche, da partner e parenti, e quindi non hanno tratto giovamento dall'indicazione di restare a casa. Gli uomini sono invece uccisi in prevalenza da persone che non conoscono, da conoscenti e nell'ambito della criminalità organizzata. La punta dell'iceberg della violenza, gli omicidi, è comunque stabile nel tempo per le donne (che vengono uccise con armi da taglio, da fuoco, armi improprie e, più frequentemente degli uomini, con le percosse o in altri modi, come l'asfissia e lo strangolamento). 

Le misure restrittive anti Covid hanno amplificato la paura

Nei primi nove mesi del 2021 le richieste di aiuto al "1522" delle vittime tramite chiamata telefonica o via chat sono state 12.305 (15.708 nel 2020 e 8.647 nel 2019). Continua il rapporto Istat. I dati evidenziano che le misure restrittive alla mobilità, adottate per il contenimento della pandemia, hanno amplificato nelle donne la paura per la propria incolumità. Nei primi nove mesi del 2020 si è osservato, infatti, un aumento delle segnalazioni di violenza in cui la vittima si è sentita in pericolo di vita per sé o per i propri cari (3.583 contro 2.663 nel 2019). Al contrario, la riduzione delle restrizioni negli stessi mesi del 2021 ha portato a una diminuzione delle segnalazioni di violenza in cui la vittima percepiva pericolo imminente (2.457 nel 2021). L'allentamento delle misure restrittive per la pandemia ha avuto anche un effetto selettivo sulle violenze segnalate al 1522. Infatti, sono diminuite, rispetto allo stesso periodo del 2020, le segnalazioni per violenze subite da partner (da 58,6 a 53,4%) e aumentate quelle subite da ex-partner e da altri familiari o altri autori esterni alla famiglia. La diffusa campagna di sensibilizzazione, messa in atto per non far sentire sole le donne vittime di violenza durante la pandemia, ha portato anche all'emersione nel corso del 2021 di violenze meno gravi rispetto a quelle intercettate dal 1522 nel 2020.

Nel 2020 oltre 15 mila si sono rivolte ai Cav 

"Sono oltre 15 mila le donne che nel 2020 hanno iniziato il percorso personalizzato di uscita dalla violenza presso i Centri antiviolenza che aderiscono all'Intesa Stato Regioni. Più del 90% delle donne, circa 13.700, si è rivolta a un Cav per la prima volta proprio nel 2020". Il 5,6% di queste ha iniziato il percorso di uscita dalla violenza a marzo e il 15% lo ha fatto tra aprile e maggio, superando le restrizioni previste a causa dell'emergenza sanitaria. Gli interventi in emergenza sono stati infatti più frequenti in questi tre mesi. Considerando i casi in cui è presente l'informazione sulla durata della violenza (circa 10.400), emerge che per il 74,2% delle donne, circa 7.700, la violenza non è nata con la pandemia ma pre-esisteva: il 40,6% delle donne subisce violenza da più di 5 anni, il 33,6% da 1 a 5 anni. La risposta dei Cav è stata efficiente: al 12,6% delle donne è stato offerto il servizio di pronto intervento e messa in sicurezza, al 14,2% il percorso di allontanamento dalle situazioni della violenza e al 18% il sostegno per l'autonomia. Per rispondere ai bisogni delle donne, i servizi maggiormente offerti dai Centri nel 2020 sono stati l'ascolto (97,1%) e l'accoglienza (82,8%).

Le donne che hanno deciso di intraprendere un percorso di uscita della violenza nel corso del 2020 appartengono, anche se in misura diversificata, a tutte le fasce di età. Il 29,4% ha un'età compresa tra i 40 e i 49 anni, il 26,9% tra i 30 e 39, il 18,8% ha meno di 30 anni, il 16,9% tra i 50 e i 59 anni. Il 72% ha la cittadinanza italiana e il 59% ha il domicilio nella stessa provincia dove è collocato il centro. 

In calo gli omicidi di uomini, stabili quelli delle donne

La diminuzione generalizzata degli omicidi volontari consumati ha riguardato in misura decisamente maggiore il genere maschile, che ha beneficiato negli ultimi venti anni della forte contrazione dei livelli di vittimizzazione e degli omicidi da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso, le cui vittime sono quasi esclusivamente uomini. Negli ultimi anni, mentre il numero di vittime maschi è invariabilmente sceso di anno in anno quello delle donne ha avuto un andamento molto più lento, registrando episodicamente anche degli aumenti, seppure di poche unità, da un anno al successivo. 
Il rapporto tra i sessi delle vittime dell'anno 2020, di 170 uomini per 116 donne, è il più basso mai registrato, ed equivale a tre uomini ogni 2 donne, mentre solo tre anni prima, nel 2017, l'incidenza degli omicidi con vittime maschili era esattamente doppia rispetto a quella delle vittime al femminile (2 uomini, 1 donna). Le vittime di omicidio sono state circa 1,6 per 100mila maschi e 0,6 per 100mila femmine nel 2002 contro 0,6 e 0,4 nel 2020. A livello territoriale, nel 2020 il tasso di omicidi delle donne è diminuito nelle Isole rispetto all'anno precedente, per effetto del calo degli omicidi da partner, mentre è aumentato nel Nord-ovest, a causa degli incrementi nei tassi di omicidi da partner (o ex partner) e da parenti. (RS/DIRE)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)