Pasqua comune. Mons. Castello: “Solo con una voce unica, non divisoria, i cristiani possono essere ‘testimoni’ di Gesù”

Nel 2025 le Chiese di Occidente e di Oriente celebrano la Pasqua nello stesso giorno. “Il messaggio che oggi il mondo attende - osserva il vescovo ausiliare di Napoli - è quello di una unità degli uomini e delle donne come figli di Dio, fratelli tra loro che debbono ripensare alle scelte politiche, sociali, economiche, che possano rendere visibile il contenuto del messaggio di Gesù Cristo per il mondo, che possano suscitare negli uomini e nelle donne del nostro tempo la richiesta ai cristiani di ‘dare ragione della nostra Speranza’"

Pasqua comune. Mons. Castello: “Solo con una voce unica, non divisoria, i cristiani possono essere ‘testimoni’ di Gesù”

“Il messaggio che oggi il mondo attende è quello di una unità degli uomini e delle donne come figli di Dio, fratelli tra loro che debbono ripensare alle scelte politiche, sociali, economiche, che possano rendere visibile il contenuto del messaggio di Gesù Cristo per il mondo, che possano suscitare negli uomini e nelle donne del nostro tempo la richiesta ai cristiani di ‘dare ragione della nostra Speranza’ (cf 1 Pr 3,15)”. È mons. Gaetano Castello, vescovo ausiliare di Napoli e delegato per l’Ecumenismo della Conferenza episcopale campana, a spiegare in questa intervista al Sir le ragioni dell’importanza di giungere alla celebrazione comune della Pasqua, facendo convergere tutte le Chiese di Occidente e di Oriente verso una data comune. Le Chiese cattolica e della Riforma e le Chiese ortodosse utilizzano calendari diversi, quello gregoriano e quello giuliano che sposta la data della Pasqua in giorni diversi. Il 2025 però sarà un anno singolare, perché per una pura coincidenza di conteggio, la Pasqua ricorrerà per tutti nello stesso giorno.

Questa coincidenza, mons. Castello, lancia un messaggio?

Solo con una voce unica, non divisoria, i cristiani potranno essere insieme “testimoni” di Gesù. Forse noi stessi non giungeremo a vedere l’unità dei cristiani in una sola Chiesa, ma potremo giungere a riconoscerci reciprocamente come viatores portando la testimonianza evangelica che ci faccia riconoscere come fratelli e sorelle in Cristo.

Camminare verso questa mèta, che non sappiamo se e quando raggiungeremo, sarà già un risultato per l’impegno ecumenico.

Si fa fatica oggi a capire le ragioni per cui anche i cristiani sono divisi anche sulla più importante celebrazione della loro fede.  Ci può spiegare perché persiste ancora oggi questa divisione?

Il Concilio Vaticano II, a metà del secolo scorso, diede un grande impulso al cammino della Chiesa cattolica per giungere a una testimonianza credibile dei cristiani che potesse parlare al mondo in maniera coerente della propria fede in Gesù Cristo. Dal Vaticano II in poi si è assistito a fasi di entusiasmo con passi in avanti verso una unità ecumenica, seguiti da rallentamenti e talvolta da deludenti ritorni a motivi divisori. Tutto ciò ha determinato in molti una certa delusione nella possibilità stessa di realizzare il sogno dell’unità dei cristiani. Il motivo della divisione fu soprattutto nello sclerotizzarsi in forme diverse, un po’ in tutte le Chiese, di differenze considerate fondamentali.

Vi sono stati tuttavia innegabili progressi che oggi sono tangibili nelle tante realtà ecumeniche che continuano a sollecitare, nella coscienza dei credenti e nelle istituzioni ecclesiastiche, il desiderio dell’unità.

Il cammino pertanto continua, anche se il generale disinteresse, anche di credenti, alla vita della Chiesa sembra portare al confinamento dell’impegno ecumenico in ambienti specifici. Questo non scoraggia quanti hanno compreso che il cammino per l’unità è richiesto dalla parola stessa di Gesù.

Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo insistono molto sulla necessità di arrivare ad una data comune. C’è una prospettiva di accordo? E quanto alla fine è importante accordarsi su una “data”?

In diverse occasioni, e in maniera particolare in occasione dei 1.700 anni dal primo Concilio ecumenico della storia tenutosi a Nicea nel 325, sia Papa Francesco sia il Patriarca ecumenico Bartolomeo hanno manifestato il desiderio di giungere a determinare una data comune per la celebrazione della Pasqua. Proprio in quest’anno 2025 la data della Pasqua cadrà per tutti nella stessa data, il 20 aprile, per la coincidenza dei diversi calendari. Ciò può rappresentare un nuovo impulso per continuare a ragionare e, speriamo, a decidere sul raggiungimento di una data comune. Già nell’antichità tuttavia Sant’Ireneo di Lione, Doctor Unitatis, ricordò al Papa Vittore I, che minacciava di scomunicare quanti non si adeguavano alla celebrazione pasquale nel giorno indicato, che i suoi predecessori non avevano interrotto le relazioni amichevoli e la comunione con vescovi orientali solo perché questi seguivano un altro costume. 

Credo che la testimonianza di Ireneo sia valida ancora oggi assegnando alla questione del giorno in cui celebrare la Pasqua un’importanza tutto sommato relativa, ma anche e di grande impatto, rispetto alla ricerca dell’unità.

Non la preoccupa il fatto che gli stessi cristiani, dalle parrocchie alle comunità, non siano neanche consapevoli di questa coincidenza? Che fine ha fatto il desiderio per l’unità piena della Chiesa?

Dobbiamo distinguere. Il desiderio dell’unità si è concretizzato in tanti passi avanti non solo a livello istituzionale ma anche nella cresciuta consapevolezza del valore ecumenico della testimonianza dei martiri, nella prassi delle diverse Chiese, nella preghiera dei credenti per l’unità. Il raggiungimento invece di una unità piena va sempre più attesa come conciliazione di aspetti differenti, di diverse tradizioni e di un paziente lavoro su reciproche accuse e talvolta scomuniche nate in contesti e su motivazioni non sempre sostanziali.

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Fonte: Sir