Tra riconoscenza e invocazione. Papa Francesco parla delle preoccupazioni familiari

Nell’ultimo capitolo di Amoris laetitia papa Francesco scrive che «le preoccupazioni familiari non devono essere qualcosa di estraneo» alla vita spirituale. Anzi, «i bisogni fraterni e comunitari della vita familiare sono un’occasione per aprire sempre più il cuore»

Tra riconoscenza e invocazione. Papa Francesco parla delle preoccupazioni familiari

Alcune persone mi confidano di non riuscire a capire papa Francesco. Mi arrivano anche messaggi allarmati nei suoi confronti. Di sicuro arrivano anche a lui. Ma lui non si difende, non attacca. Mi fa bene questo. Confida che la Chiesa è nelle mani del Signore, il quale la plasma anche attraverso difficoltà, incomprensioni, paure. Per questo il papa continua a fare il contadino, il pescatore, il pastore (ognuno lo è: AL 322), sapendo che l’opera e le parole di Dio producono buon frutto non con un consenso esteso e immediato, ma con un tempo di pazienza e con il contributo, le sfumature di tutti (cf. Evangelii gaudium). All’ultimo capitolo di Amoris laetitia scrive che «le preoccupazioni familiari non devono essere qualcosa di estraneo» alla vita spirituale (n. 313). In famiglia «è difficile fingere e mentire, non possiamo mostrare una maschera» (AL 315), per cui neanche lui, il papa, può mostrare una maschera, e accetta che gli altri credenti si esprimano, non fingano. Anzi, «i bisogni fraterni e comunitari della vita familiare sono un’occasione per aprire sempre più il cuore» (AL 316). Nella grande “famiglia” che è la Chiesa, il papa vive una spiritualità ispirata dall’esperienza di tantissime famiglie. Per molti, famiglia, spiritualità, fede... sono parole che richiamano responsabilità, impegno, darsi da fare, procurarsi mezzi, imparare tecniche... E allora sono parole che fanno paura. E invece nel nostro testo la spiritualità è qualcosa che fa Dio, e anche la famiglia la fa prima di tutto Dio.

Siamo abituati nel nostro tempo a sottolineare fatiche, insuccessi, limiti, e ne restiamo “immagati”, ripiegati sull’impotenza. Fatichiamo a intravvedere, in mezzo a tutto questo, quello che Dio vi sta facendo. Spiritualità invece è riconoscenza e invocazione: riconoscere le meraviglie che Dio compie, uscendo dall’incantamento del male, e attendere, desiderare i prossimi passi della sua danza. Riconoscere e chiedere sono verbi della grazia. Avvengono se crediamo che la libertà e l’amore dell’altro (dell’Altro) generano un frutto migliore che realizzare quello che pensiamo meglio noi. Avvengono se a questa libertà e a questo amore ci apriamo, per scoprirlo e per consegnarci all’imprevedibile che ne può venir fuori.

Riconoscenza/riconoscimento e richiesta/invocazione in fondo non sono solo “mezzi” del nostro incontro con Dio, ma esperienze che molti imparano da piccoli nel clima di famiglia, e che da lì con il tempo si sono estese all’incontro con Dio. Anche i sacramenti sono esperienze che prendono origine dalla famiglia: bagno che lava e rigenera; unzione che carezza, rinforza, guarisce, stimola; cibo che nutre; abbraccio che perdona; consegne date con fiducia... si allargano alla vita della Chiesa. Diventano gesti di Gesù che lo Spirito attualizza. E che tornano a fecondare la vita della famiglia.

Nella famiglia Dio può aiutare a sopportare “giorni amari” (AL 317) e che l’altro non sia “mio”. E quindi a ricevere come grazia, non come diritto, momenti in cui ci si capisce, momenti in cui c’è intimità profonda, in cui le esigenze sono soddisfatte (AL 320). «Nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata», richiama il papa verso la fine. «Purezza di intenzioni e coerenza» le «potremo trovare solo nel Regno definitivo»: è un’affermazione di fede, speranza che quello che verrà fuori dal nostro desiderare, agire, amare, sia un frutto maturato insieme, con il contributo di tutti, con i colori di tutti, e con il tocco finale da artista di Dio stesso. La famiglia è qualcosa che “diventa”, perché amare è attendere da ogni persona “qualcosa di indefinibile, di imprevedibile”. Questo è “un culto a Dio”, perché è lui a seminare cose buone; lui coltiva la speranza che tutti contribuiscano a farle crescere negli altri (AL 322).

don Giuseppe Toffanello
Direttore Spirituale di casa Sant'Andrea

Camminiamo nell’amore, scheda 15

La scheda 15 del sussidio Camminiamo nell’amore offre una proposta per aiutare gli adulti e le famiglie a percorrere e alimentare la via della santità a cui sono chiamati. È possibile richiedere il materiale alla segreteria dell’ufficio di Pastorale della famiglia.

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