Un Rete più sicura. Alcune riflessioni a partire dal Safer internet day

“Insieme” è la parola chiave. Rimanda alla responsabilità collettiva che non può essere, naturalmente, uguale per tutti, ma che nemmeno può essere evitata.

Un Rete più sicura. Alcune riflessioni a partire dal Safer internet day

Anche quest’anno è stato celebrato il 7 febbraio, in contemporanea in oltre 100 nazioni di tutto il mondo, il Safer internet day, cioè la Giornata per la sicurezza in Rete, istituita e promossa dalla Commissione europea. L’obiettivo, come di consueto, è quello di far riflettere in particolare le ragazze e i ragazzi – ma sarebbe opportuno anche accendere i riflettori sugli adulti – non solo sull’uso consapevole della rete, ma anche sulle responsabilità personali per utilizzare e rendere Internet un luogo “positivo e sicuro”.
“Together for a better internet” – “Insieme per un internet migliore” – è il titolo scelto dalla Commissione europea per promuovere l’iniziativa che è da anni un punto di riferimento sia per gli operatori del settore, sia per le istituzioni e le organizzazioni della società civile.
“Insieme” è la parola chiave. Rimanda alla responsabilità collettiva che non può essere, naturalmente, uguale per tutti, ma che nemmeno può essere evitata. E’ evidente che adulti e ragazzi, ad esempio, hanno ruoli e responsabilità differenti, così come ruoli e responsabilità diverse hanno famiglia e scuola, o magari televisione e istituzioni. Tuttavia quella parolina, “insieme”, ricorda che esiste una comunità educativa trasversale con responsabilità cui nessuno può sottrarsi, ciascuno secondo le proprie possibilità.
Si può dire di tutto, a questo proposito, a partire da esempio dai dati che restituisce l’indagine fatta da “Generazioni connesse” su quantità e qualità delle ore passate in Rete dalle ragazze e dai ragazzi in Italia (3.488 studentesse e studenti delle Scuole secondarie di I e II grado coinvolti quest’anno). Interessante il report che riferisce come “dopo la pandemia, gli adolescenti hanno iniziato a ripensare il proprio rapporto con le nuove tecnologie, a partire dal tempo speso online e dalle finalità d’uso, sempre più costruttive e meno ‘ludiche’. Rispetto agli anni passati, c’è un’ulteriore diminuzione di coloro che affermano di essere connessi oltre 5 ore al giorno: oggi sono il 47%, contro il 54% del 2022 e il 77% del 2021. Non siamo ancora ai livelli di febbraio 2020, quando gli ‘iperconnessi’ si fermavano alle soglie del 30% del campione, ma appare ormai alle spalle la tendenza dello scorso biennio. I tre argomenti principali che gli studenti vorrebbero maggiormente approfondire a scuola tramite l’Educazione digitale sono: come evitare di stare troppo tempo online, la difesa della propria privacy e la capacità di riconoscere le fake news”.
Sembra un buon risultato, sicuramente frutto anche dell’impegno cresciuto in questi anni nell’ambito della formazione e – eccoci di nuovo – della corresponsabilità.
Intendiamoci, il rapporto evidenzia anche tante criticità, ma ci vorrebbe molto spazio per analizzare. Qui vale la pena di fermarsi, appunto, sullo sforzo educativo, che vede in prima linea la scuola. Anche il ministro dell’Istruzione Valditara ha voluto insistere sulle potenzialità positive della rete (“dallo sviluppo delle abilità di ricerca e di valutazione critica delle informazioni al potenziamento di un senso di competenza, dalla possibilità di incrementare le abilità socio-relazionali all’opportunità di entrare in contatto con interlocutori di tutto il mondo”), senza tacere i rischi ben noti del cyberbullismo e della dipendenza. Ha promesso 2 miliardi e 100 milioni di investimento per promuovere “lo sviluppo delle competenze digitali di bambini e ragazzi, costruendo un vero e proprio percorso di consapevolezza e di cittadinanza digitale” Lo ha ribadito, credo mettendo d’accordo tutti: “Qui la scuola può e deve avere un ruolo fondamentale”.

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Fonte: Sir