Agricoltura globale sempre più cruciale. Il G20 si interessa anche di produzione alimentare, con un occhio attento alla biodiversità

Il G20 dovrà ragionare sulla messa a disposizione senza barriere degli strumenti di base della produzione alimentare: la buona terra, l’acqua e le sementi.

Agricoltura globale sempre più cruciale. Il G20 si interessa anche di produzione alimentare, con un occhio attento alla biodiversità

Diplomazia agricola internazionale. Esiste e funziona nonostante tutto. Ed è uno dei campi d’azione nei quali la valenza globale dell’agroalimentare si fa sentire per davvero. I lavori del G20 a presidenza italiana e l’appena trascorsa Giornata mondiale della Terra ne sono due esempi.

Qualche giorno fa, proprio con la spinta dell’Italia, nell’ambito del G20 si è tenuta la prima riunione degli  esperti agricoli (Agriculture Deputies Meeting) dei diversi Stati, in vista della grande assise dei ministri dell’agricoltura che si terrà a settembre. Burocrazia mondiale, si potrebbe pensare. Invece no, perché è dalle basi tecniche che nascono le politiche agricole del futuro, che, tra l’altro, dovranno realizzare gli obiettivi di Agenda 2030 e in particolari quelli della “fame zero” e della resilienza in agricoltura. Traguardi che potranno essere raggiunti con la massima attenzione a pratiche agricole compatibili con l’ambiente, alla biodiversità delle coltivazioni, alla cura delle condizioni di salubrità e sanità dei prodotti agroalimentari. Su tutto, poi, il G20 dovrà ragionare sulla messa a disposizione senza barriere degli strumenti di base della produzione alimentare: la buona terra, l’acqua e le sementi. Condizioni queste che appaiono scontate per le economie e le agricolture sviluppate come quelle europee oppure americane, ma che, invece, sono tutt’altro che certe per buona parte degli agricoltori.

E’ stata la Giornata mondiale della Terra a ricordare a tutti prepotentemente il significato della globalizzazione agricola. Attenti solo agli scaffali dei nostri supermercati (oppure alle bancarelle degli agricoltori che vendono “a chilometro zero”), ci si scorda troppo facilmente quanto sia globale l’agricoltura moderna. E di quanto la sua biodiversità sia messa a rischio. In un incontro organizzato da NaturaSì, Slow Food e Fondazione Seminare Futuro, è stato fatto rilevare che a produrre il 60% dei semi venduti in tutto il mondo sono solo quattro aziende, le stesse che producono pesticidi e concimi impiegati nell’agricoltura industrializzata. “Questo modello – è stato spiegato in una nota –  ha dimostrato di avere effetti negativi sulla biodiversità agricola ma anche su ambiente e salute umana. Parte delle sementi utilizzate non è ‘riproducibile’ oppure l’autoriproduzione a cura dell’agricoltore non risulta interessante perché instabile e poco produttiva”. E non si tratta solo di aspetti legati all’ambiente, ma anche di temi che hanno molto a che fare con l’economia. Anche per il nostro Paese. Il mantenimento di condizioni agricole d’eccellenza e non standardizzate significa – come ha fatto notare recentemente Coldiretti – difendere un comparto e una filiera che complessivamente valgono 538 miliardi di euro. Quella agroalimentare – ha spiegato l’organizzazione agricola -,  è una realtà allargata dai campi agli scaffali che garantisce – evidenzia la Coldiretti – 3,6 milioni di posti di lavoro e vale il 25% del Pil grazie all’attività, tra gli altri, di 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.

Se poi si pensa a quella che viene indicata come “agricoltura biologica” (e cioè l’insieme delle pratiche agricole che non fanno uso della chimica di sintesi), si capisce subito quanto siano vincolanti e pericolose la limitatezza delle sementi e l’uniformità produttiva.

Ecco perché uno dei grandi temi della moderna globalizzazione agricola è quello  del mantenimento della biodiversità e della “libertà delle sementi”. Ed ecco perché proprio la biodiversità è uno dei crucci più chiari dei coltivatori diretti e di tutti gli agricoltori che davvero vogliono dirsi tali. Biodiversità come patrimonio globale agricolo e come deposito vivo delle possibilità di sfamare il mondo.

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Fonte: Sir