Alimentare, cambiano i consumi. La crisi economica e sociale che stiamo vivendo sta modificando le modalità di scelta del cibo

Le famiglie italiane sono in difficoltà, stringono la cinghia, risparmiano, anche sull’alimentazione.

Alimentare, cambiano i consumi. La crisi economica e sociale che stiamo vivendo sta modificando le modalità di scelta del cibo

Cambio delle abitudini alimentari. E’ una delle conseguenze – forse una delle più evidenti – della complessa situazione che stiamo vivendo dal punto di vista economico e sociale. Una condizione che ha nella pandemia di Convid-19 la sua prima causa, ma che deve molto anche alle difficoltà economiche precedenti così come al cambio delle modalità di vita e lavoro in buona parte delle nostre società. E bastano pochi numeri per capire, così come per delineare i rischi ai quali tutto questo ci espone.

Stando ad una analisi dei coltivatori diretti (divulgata in occasione della diffusione dei dati Istat sul calo del commercio al dettaglio nel mese di ottobre), gli acquisti di alimenti a basso costo in questi ultimi tempi hanno avuto un balzo in avanti del +12,9%. La causa prima è chiara: le famiglie italiane sono in difficoltà, stringono la cinghia, risparmiano, anche sull’alimentazione. “Le vendite degli alimentari nei discount infatti – precisa in una nota la Coldiretti – sono quelle che registrano il tasso di crescita più elevato dopo il commercio elettronico che, anche per le chiusure, cresce su base annua del 54,6%”. E’ una tendenza che provoca a sua volta l’amento (pari al +5,2%) di tutto il commercio alimentare. Ma è un dato che nasconde al suo interno situazioni molto diverse. La crescita generale, infatti, è determinata dal crollo dei consumi fuori casa in bar, ristoranti e mense per la preoccupazione del contagio, l’aumento dello smart working e le minori disponibilità economiche. Il risultato? La ricerca degli alimenti di base con i quali cucinare di più a casa e, appunto, quella di alimenti che costano meno di quelli di gran marca.

Guardando all’evoluzione più generale del mercato alimentare, sempre i coltivatori stimano per tutto il 2020 una diminuzione della spesa alimentare per circa 30 miliardi di euro: il livello minimo in dieci anni di osservazioni. Anche in questo caso, tra l’altro, il taglio generale del giro d’affari, stimato attorno al -20%, contiene tracolli delle vendite che arrivano anche al 50% come per la ristorazione che loro volta si portano dietro tutta la catena di fornitura. E con l’approssimarsi delle festività di Natale e fine anno, la situazione – dopo gli ultimi doverosi provvedimenti del governo per fare fronte alla pandemia -, non pare certo destinata a cambiare di segno, anzi.

Al di là dei numeri di mercato e del destino di migliaia di imprese lungo tutto la filiera agroalimentare che porta gli alimenti dai campi e dalle stalle alle tavole di tutti noi, c’è poi un altro aspetto della situazione che deve destare molta attenzione. I cibi a basso costo e la diminuita disponibilità di risorse economica di molti, espongono la società ad un maggior rischio dal punto di vista della sicurezza alimentare oltre che le imprese a infiltrazioni di organizzazioni malavitose in grado di insinuarsi nelle pieghe della sofferenza economica e umana. Certo, l’attenzione di buona parte delle imprese e delle loro organizzazione è alta, così come lo è quella dello Stato. C’è però un aspetto lasciato alla sensibilità dei singoli, che non può essere tenuto sotto controllo. E c’è, inoltre, la necessità di un’attenzione forte da parte di tutti noi ogni volta che acquistiamo alimenti. Leggere le etichette (che in buona parte ormai devono contenere indicazioni precise e chiare), ragionare sulle provenienze e sui prezzi, rendersi conto delle stagionalità dei prodotti freschi e della provenienza di quelli trasformati, può servire moltissimo.

Non si tratta di demonizzare i discount. Ma non si tratta nemmeno di privilegiare a tutti i costi i prodotti “a chilometro zero”, così come quelli tipici e blasonati a scapito di altri che possono essere ugualmente salubri e apprezzabili. Solo in questo modo si farà del bene anche ad un settore – quello agroalimentare – la cui strategicità è stata riconosciuta ma che deve comunque essere difeso e valorizzato sempre di più.

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Fonte: Sir