Beni confiscati. Crescono le realtà impegnate nella gestione, ma anche sequestri e confische

La fotografia delle esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati scattata dal dossier “Fattiperbene” di Libera. Oltre 900 i soggetti coinvolti nella gestione contro i poco più di 500 del 2016. Per la prima volta anche i dati delle buone pratiche dei beni confiscati in Europa

Beni confiscati. Crescono le realtà impegnate nella gestione, ma anche sequestri e confische

Negli ultimi cinque anni cresce il numero delle realtà impegnate nella gestione dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata in Italia e durante la pandemia aumentano anche i sequestri e le confische ai danni delle mafie. A fare un bilancio aggiornato sullo stato dei beni confiscati in Italia è Libera che in occasione dell'anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati nel dossier “Fattiperbene”.   Secondo Libera, ad oggi sono 947 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli Enti locali, in ben 18 regioni su 20, in più di 350 comuni. Solo nel 2016, anno della prima mappatura di Libera, erano 524. A inizio 2022, quindi, si registra un incremento dell'81%. “Incrementi maggiori si sono registrati in Puglia +108% e Lazio +82% - si legge in una nota di Libera -. Da registrare la Sardegna che è passata da 1 soggetto gestore del 2016 agli 8 di quest’anno”.Più della metà delle realtà sociali che oggi si occupano della gestione dei beni è costituito da associazioni di diversa tipologia (505) mentre le cooperative sociali sono 193 (con 5 cooperative dei lavoratori delle aziende confiscate e 16 consorzi di cooperative). Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore, ci sono 15 associazioni sportive dilettantistiche, 33 enti pubblici (tra cui aziende sanitarie, enti parco e consorzi di Comuni che offrono dei servizi di welfare sussidiario dati in gestione a soggetti del terzo settore), 40 associazioni temporanee di scopo o reti di associazioni, 58 realtà del mondo religioso (diocesi, parrocchie e Caritas), 26 fondazioni private e di comunità, 16 gruppi dello scautismo e infine 27 istituti scolastici di diverso ordine e grado. La regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie è la Sicilia con 267 soggetti gestori, segue la Calabria con 148, la Lombardia con 141, la Campania 138. “Con la ricerca “Fattiperbene” vogliamo raccontare, dopo ventisei anni, una nuova Italia - si legge in una nota di libera -, che si è trasformata nel segno evidente di una comunità alternativa a quelle mafiose, che immagina e realizza un nuovo modello di sviluppo territoriale”.  Secondo i dati dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, al 25 febbraio 2022 sono 19.002 i beni immobili destinati ai sensi del Codice antimafia e sono invece in totale 22.238 gli immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Sono invece 1.649 le aziende destinate mentre sono 3449 quelle ancora in gestione. Secondo il ministero dell’Interno, inoltre, durante la pandemia è aumentato il numero di sequestri e confische: sono 8.785 i sequestri (valore 1.905 milioni di euro) nel periodo agosto 2020-luglio 2021 con un incremento del 49% rispetto anno precedente (agosto 2019-luglio 2020) mentre le confische sono state 4.246 (valore 1.731 milioni di euro) con un +136% rispetto all’anno precedente.Il dossier di Libera, infine, si occupa per la prima volta anche di buone pratiche dei beni confiscati in Europa. Sono sette gli stati membri dell’Unione europea (Belgio, Bulgaria, Spagna, Romania, Francia, Paesi Bassi e - naturalmente – Italia) che hanno avviato esperienze di riuso sociale del beni confiscati alle mafie. “In totale, sono 13 esperienze di riuso pubblico e sociale in tutta l'Unione europea, escludendo quelle italiane - spiega Libera -: tre in Spagna, due in Romania, due in Bulgaria, quattro in Belgio, una in Francia e Olanda. Tra le diverse pratiche di riuso incluse nella mappatura, la caratteristica comune è la finalità di inclusione, promozione cooperativa ed economia sociale, impegno giovanile, servizi alle persone, rigenerazione urbana e sostenibilità ambientale. A questi Paesi, si aggiunge anche l’Albania, con 6 esperienze di riutilizzo pubblico sociale, attivate grazie a finanziamenti internazionali e dell’Unione europea”.Nonostante i dati positivi, per Libera non mancano “criticità e nodi legislativi ancora da sciogliere”. Per questo, l’organizzazione rilancia alcune proposte. La prima è quella di “prevedere l'attuazione della riforma del Codice Antimafia del 2017 nelle sue positive innovazioni, assicurando una gestione efficiente dei beni sin dalla fase del sequestro fino alla confisca definitiva, una maggiore celerità nelle procedure di destinazione e l'attribuzione di adeguati strumenti e risorse agli uffici giudiziari e all'Agenzia nazionale”. Inoltre, è necessario “rendere il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati uno strumento di crescita e sviluppo economico per le comunità territoriali, tramite adeguate forme di progettazione partecipata e di collaborazione tra Enti locali e terzo settore”. Per Libera, poi, occorre “aumentare la trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni, attraverso la piena e completa accessibilità alle informazioni riguardanti i beni confiscati, affinché sia da stimolo per la partecipazione democratica dei cittadini e delle cittadine”. Un’ulteriore richiesta riguarda l’utilizzo di una quota del Fondo unico giustizia, delle liquidità e dei capitali sequestrati e confiscati a mafiosi e corrotti per sostenere il percorso di destinazione e di assegnazione dei beni confiscati, promuovendo l’imprenditorialità giovanile, l’economia sociale e il mutualismo. Infine, la richiesta di tutelare il lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate, sostenendo la rinascita di queste esperienze e la loro continuità produttiva, anche attraverso la costituzione di cooperative promosse dagli stessi lavoratori.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)