Carta Famiglia, sentenza della Corte di Giustizia: "E' discriminatoria"

Permette sconti nei negozi anche alle famiglie ricche, purché siano italiane. Quelle straniere, anche se povere, sono escluse. Oggi la sentenza della Corte di Giustizia: “E' contraria al diritto dell'Unione europea”

Carta Famiglia, sentenza della Corte di Giustizia: "E' discriminatoria"

Sostanzialmente inutile e pure discriminatoria. La Carta Famiglia, introdotta nel 2019 dal primo governo Conte, permette alla famiglie con almeno 3 figli (ma nel 2020 anche quelle con un solo figlio) di avere uno sconto del 5% nei negozi che aderiscono all'iniziativa. Per ora però i negozi solo solo 270. Per implementare la piattaforma su cui chiedere la Carta è stato speso circa un milione di euro. Ma le stranezze di questa Carta famiglia non si fermano qui. Perché può chiederla qualunque famiglia, con qualsiasi reddito, ma solo se composta da italiani o da cittadini dell'Unione Europea. Gli stranieri, anche se poveri, sono esclusi. E oggi la Corte di Giustizia ha depositato una sentenza in cui dichiara che l'esclusione dei cittadini non comunitari è contraria al diritto dell'Unione Europea.

Le associazioni Asgi, Naga e Avvocati per niente infatti hanno presentato un ricorso al Tribunale di Milano per veder eliminata “questa assurda discriminazione degli stranieri da una prestazione che, per quanto poco utilizzate, veniva riconosciuta persino durante il difficile momento della pandemia, alle famiglie italiane anche se facoltose, escludendo comunque le famiglie stranieri regolarmente soggiornanti”, spiega l'avvocato Alberto Guariso, che insieme agli avvocati Livio Neri e Ilaria Traina ha assistito le associazioni.

Il Giudice a sua volta ha interprellato la Corte UE chiedendo se l’esclusione sia compatibile con il diritto dell’Unione ed oggi è giunta la risposta: la Corte, pur riconoscendo che la carta della famiglia non costituisce una “prestazione” (non attribuisce infatti una somma) ha affermato che costituisce un “servizio” e pertanto l’Italia deve rispettare le direttive dell’Unione che garantiscono la parità di trattamento tra italiani e stranieri nell’accesso a beni e servizi sia ai titolari di permesso di lungo soggiorno, sia ai titolari di permesso per lavoro o famiglia.

“La vicenda è sintomatica degli errori ai quali può condurre l’impostazione ideologica e di pura propaganda che ha guidato scelte come quella della Carta acquisti -aggiunge l'avvocato Guariso-: soldi pubblici che avrebbero potuto essere investiti in interventi strutturali di sostegno alle famiglie più bisognose sono stati sprecati per un intervento ad un tempo inutile e discriminatorio nei confronti degli stranieri. E che ha condotto l’Italia all’ennesima condanna in sede europea dopo quelle sul bonus bebè e sugli assegni familiari: un altro monito per il Parlamento e Governo affinché adottino politiche davvero egualitarie e inclusive”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)