Ceneri, cammino verso la luce. Nel “Mercoledì delle ceneri” Eliot ci mostra la grande ricerca d’amore anche nella strada per la purificazione

La penitenza quaresimale non è mortificazione corporale, ma attesa trepida nella visione di nuove e salvifiche verità.

Ceneri, cammino verso la luce. Nel “Mercoledì delle ceneri” Eliot ci mostra la grande ricerca d’amore anche nella strada per la purificazione

A partire dal 1927 il grande poeta anglo-americano Thomas Stearns Eliot inizia a pubblicare alcuni “frammenti” del suo particolare cammino di conversione dopo la constatazione poetica del male e della solitudine, anche là dove avrebbe dovuto regnare l’amore umano, nella società occidentale intrapresa culminata nel capolavoro della “Terra desolata” (1922). Prima con “Salutation”, poi con “Perch’io non spero” poi con “Som de l’escalina” (si notino i titoli in italiano e in provenzale – derivati da Cavalcanti e da Dante) e infine nel 1930 con la stesura definitiva intitolata “Ash-Wednesday”, Mercoledì delle ceneri, Eliot indica una nuova strada.

La mancanza di valori, l’abbandono della divinità, erano divenuti tutt’uno con la constatazione che quella libertà assoluta che tanto assillava l’uomo novecentesco era licenza di annoiarsi, di usare l’altro, di sprofondare nell’indifferenza delle cose scambiate per valori.

Ora il poeta della crisi era divenuto il cantore della purificazione attraverso la fede. E diviene anche il testimone di come le Ceneri che inaugurano il periodo quaresimale non siano solo mortificazione, macerazione, rifiuto del mondo, ma qualcosa di molto più profondo. Il nuovo poema eliotiano riesce a far convivere amore umano, aspirazione verso il tutto e figura mariana in una unità mai più raggiunta né da lui stesso né da altri: “Sorella benedetta, santa madre, spirito della fonte, spirito del giardino,/ non permettere che ci si irrida con la falsità/ insegnaci ad avere cura e a non curare/ insegnaci a starcene quieti/ anche tra queste rocce,/ e ‘n la Sua volontade è nostra pace/ e anche tra queste rocce/ sorella, madre/ e spirito del fiume, spirito del mare,/ non sopportare che io sia separato/ e a Te giunga il mio grido”.

Quel “non sopportare che io sia separato” era la parola d’ordine di un nuovo canone, avrebbe scritto Harold Bloom, d’occidente, in cui alla dispersione del senso si sostituisce una ricerca nel qui e nell’ora con quella bussola che l’umanità sembrava aver perso tra conflitti bellici e desiderio oscuro di morte; un desiderio mascherato, come stava mostrando genialmente in quegli anni Scott Fitzgerald, da festa insensata. Noi stessi, attraverso il rito delle Ceneri, dovremmo rileggere, e con grande attenzione, questo testo. Eliot mostra di aver compreso che aveva ragione Dante: il Purgatorio non è automortificazione masochistica, ma contemplazione di prati fioriti, di una luce che pian piano si sta facendo largo tra le tenebre annunciando l’approssimarsi del giorno.

La penitenza quaresimale non è mortificazione corporale, ma attesa trepida nella visione di nuove e salvifiche verità: abbandonare la cura del proprio io, ad esempio, per fare spazio alla volontà divina.

Ora in Eliot regna una ritrovata immagine femminile, non la demonizzazione del sesso. Anzi, sembra che proprio nel “Mercoledì delle Ceneri” si faccia largo l’amore terreno, corroborato dalla sensazione che la Vergine sia parte integrante di un progetto d’amore che vede nella donna il livello più alto di realizzazione.

“Signora dei silenzi/ quieta e affranta/ consunta e più integra/rosa della memoria/ rosa della dimenticanza/ esausta e feconda/ stanca che dal riposo/ la Rosa unica/ ora è il giardino/ dove ogni amore finisce/ finito il tormento dell’amore insoddisfatto/il più grande tormento/ dell’amore soddisfatto”. Una vera e propria dichiarazione, che travalica il tempo individuale e innalza l’amore a immagine del Divino.

E’ davvero il ritorno a Dante, ma nella modernità: l’amore per la signora terrena nascondeva qualcosa di divino. Mai scrittore era riuscito a manifestare con frammenti che provengono dalle Scritture, da Dante, dai Provenzali, dal mito, la coesistenza di divino e di amore terreno nella società contemporanea: il momento della penitenza diviene la riappropriazione della speranza e dell’amore, non mortificazione fine a se stessa.

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Fonte: Sir