Coronavirus, Psicoradio racconta la quarantena di chi ha un disagio psichico

Riunioni di redazione in remoto, registrazione delle puntate con lo smartphone e montaggio da casa: la Psicoradio, la radio di Bologna fatta dai pazienti psichiatrici, non si ferma e produce programmi sul tema della salute mentale. “Fare radio è un’occasione di socializzazione e comunione importante in questa quarantena”

Coronavirus, Psicoradio racconta la quarantena di chi ha un disagio psichico

Sentivo un peso, facevo fatica a respirare: non capivo perché, poi ho realizzato che era ansia”. “La radio è uno dei modi per dare un senso e un sollievo a queste giornate di quarantena”. “Ci sono dei momenti in cui anche solo parlare con qualcuno ti cambia il punto di vista”. Le voci dei redattori di Psicoradio suonano chiare e limpide come sempre. Anche in questo periodo di quarantena, infatti, non si ferma la radio di Bologna fatta da pazienti psichiatrici, che oggi stanno realizzando pillole di 5 minuti declinando il tema della salute mentale, troppo spesso ignorato dai media mainstream.

Nelle puntate cerchiamo di raccontare il nostro disagio durante questo periodo difficile – spiega uno dei redattori storici di Psicoradio, Lorenzo Albini, bolognese di 47 anni che vive con la madre e il fratello in un appartamento in centro –. Stare in casa e non socializzare è un po’ invalidante e da un punto di vista psicologico lo considero una regressione. Prima stavo imparando a lavorare, ad avere delle responsabilità, a stare in mezzo alla gente: questo per me è un passo indietro. Comunque, penso che la quarantena di un redattore di Psicoradio sia molto simile alla quarantena degli altri: abbiamo tutti delle debolezze e delle fragilità, che in questo momento si manifestano in maniera più forte”.

Psicoradio, la radio della mente, è nata nel 2006 in collaborazione con Arte e Salute onlus e il Dipartimento di salute mentale dell’Azienda Usl di Bologna. Per continuare a realizzare i programmi anche durante il blocco totale delle attività dovuto all’epidemia di coronavirus, oggi i redattori registrano gli audio con il proprio smartphone e li montano attraverso programmi gratuiti installati sui loro computer. I temi delle ultime puntate sono la paura, la quarantena, il linguaggio e gli stereotipi (come non si dovrebbe parlare del coronavirus?), ma anche suggerimenti di libri, film, musica, per addormentarsi “senza bisogno di sonniferi”, mischiando così serietà e ironia. La redazione si “riunisce” a distanza con videochiamate attraverso la piattaforma Zoom: l’appuntamento è due volte alla settimana, per discutere dei prossimi temi e della strutturazione dei programmi, ma anche semplicemente per chiacchierare e confrontarsi.

“La riunione di redazione è diventata un appuntamento che scandisce la settimana – spiega Cristina Lasagni, direttrice di Psicoradio –. È un momento di socializzazione e comunione importante: il ruolo terapeutico del fare radio è fondamentale. Quando lavorano, queste persone non sono più pazienti, sono dei redattori veri e propri, e come tali devono portare avanti il loro compito anche nel bel mezzo della pandemia. Questo dà una spinta per andare avanti: chi ascolta le nostre puntate non capisce se a parlare è un tutor o un paziente, e questo è un grande risultato. Adesso stiamo cercando emittenti radio, siti e blog disposti a mandare in onda i nostri programmi, per diffondere queste storie che sono anche di pubblica utilità”.

Non mancano comunque le difficoltà, dovute all’utilizzo di programmi e piattaforme nuove, o al sentimento di isolamento che si crea stando a casa senza incontrare nessuno. “Fare radio a distanza è un po’ frustrante, sia da un punto di vista lavorativo che da un punto di vista emotivo – conclude Lorenzo –. Mi mancano molto i rapporti interpersonali: per tenere i contatti con gli amici ho scaricato programmi che prima non usavo: Whatsapp, Facebook, Zoom… Ma non è la stessa cosa. La cosa più difficile, quando registro la puntata, è dialogare da solo, senza che ci sia qualcuno a farmi le domande. Eppure, teniamo duro e continuiamo a lavorare. Come diceva Totò, ‘in questi momenti dobbiamo essere tutti pazienti. Se non abbiamo pazienza, che pazienti siamo!’”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)