Coronavirus. Misericordie: “Emergenza atipica, numerose richieste di intervento”

Il direttore dell'area emergenza nazionale delle Misericordie, Gionata Fatichenti, racconta a Redattore Sociale l’impegno dei volontari nelle regioni interessate. Oltre 1,6 mila i volontari in campo. “In Lombardia i nostri sono stanchi. C’è un’ordinarietà stravolta che deve andare avanti”

Coronavirus. Misericordie: “Emergenza atipica, numerose richieste di intervento”

ROMA - “Di emergenze nazionali ne abbiamo viste tante, ma sempre confinate in una o due regioni. Questa è un’emergenza atipica, la prima che riguarda davvero tutto il territorio nazionale e quindi anche il nostro metodo, che è un po’ quello di tutti, cioè di far convergere risorse da tutta Italia dove servono, in questo momento non funziona perché se spostiamo delle persone le esponiamo ad un possibile contagio”.

A fare il punto sull’impegno dei volontari delle Misericordie sull’emergenza coronavirus è Gionata Fatichenti, direttore dell'area emergenza nazionale delle Misericordie. Attualmente sono oltre 1.650 i volontari (250 negli aeroporti, 400 nell’area ‘rossa’, oltre 1000 sui territori) che stanno operando all’interno degli aeroporti per verificare le condizioni di salute dei passeggeri in arrivo, in assistenza alle famiglie poste in isolamento nelle zone maggiormente colpite dal virus ed a disposizione dei servizi sanitari territoriali. L’impegno dei volontari, tuttavia, non si limita alle aree interessate dal contagio, spiega Fatichenti. “C’è tutta un’ordinarietà stravolta da questo problema ma che ha necessità di andare avanti - aggiunge il direttore dell’area emergenza -. Penso ai nostri dormitori, al nostro servizio nelle mense, nei banchi alimentari e in altre strutture dove comunque si può pensare di essere maggiormente esposti al contagio. Si va avanti con cautela, ma con la convinzione che determinati servizi essenziali non possano essere sospesi”.

Secondo Fatichenti, “non siamo di fronte ad un’arma letale”, per cui servono “accorgimenti, precauzione e dei dispositivi di protezione che con fatica stiamo reperendo per fornirli ai nostri volontari, ma stiamo andando avanti - aggiunge -. La nostra unità di crisi sta lavorando ad un corso sul coronavirus di cui tutti i nostri volontari potranno fruire collegandosi sulla nostra piattaforma”.  Sopratutto nelle regioni maggiormente interessate dall’emergenza, intanto, il timore di nuovi contagi cresce.

“Ci siamo trovati di fronte a casi in cui un datore di lavoro, in Lombardia, ha detto al proprio dipendente che fa il volontario in una nostra sede di non tornare in azienda per 14 giorni se avesse prestato servizio - racconta Fatichenti -. La cattiva informazione lascia spazio alla fobia. La prima preoccupazione per noi è dare una corretta formazione e informazione ai nostri ragazzi, così che possano continuare tranquillamente il loro servizio, che sia l’emergenza o il quotidiano”.  La corsa ai dispositivi di protezione, inoltre, sta mettendo a dura prova anche chi è impegnato in prima linea. “La mascherina la vogliono tutti, ma è complesso - spiega Fatichenti -: non le troviamo e non solo noi. Su questi dispositivi c’è una ricerca spasmodica e facciamo difficoltà ad averne la quantità necessaria. Per questo stiamo gestendo con parsimonia queste risorse fondamentali”.

A supporto di tutte le unità operative delle Misericordie, la sede nazionale ha attivato anche un call center riservato ai volontari. “Attraverso la nostra sala operativa abbiamo attivato un numero a cui i volontari possono chiamare sia per avere supporto o anche semplicemente per consulenze”, aggiunge Fatichenti.  Sui territori, intanto, la richiesta di interventi sta crescendo e non solo nelle regioni in cui sono stati rilevati i primi contagi. “Nella zona rossa sono moltiplicate in modo esponenziale le chiamate ai numeri di emergenza - racconta Fatichenti -, ma anche nelle regioni che per il momento sono in fase di attenzione, come la Toscana. Il grosso lavoro è all’interno delle centrali dove bisogna fare da filtro”.

Col protrarsi dell’emergenza, cresce anche la fatica per gli stessi volontari. “In regioni come la Lombardia, i nostri sono stanchi - aggiunge il direttore dell’area emergenza delle Misericordie -. Le richieste di intervento sono molte di più e adesso sono molto complicate. La misura di prevenzione si applica a prescindere e se prima un intervento era abbastanza semplice e di durata piuttosto contenuta, ora tutto questo si è moltiplicato e vuol dire maggiore pressione su tutti gli equipaggi che garantiscono l’emergenza. L’impegno chiesto sul territorio è il doppio di quello ordinario. Abbiamo bisogno di tanta gente per poter dare il massimo di risposta all’emergenza e non lasciare indietro il servizio quotidiano che abbiamo sempre fatto”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)