Festival Sole e Luna, ecco la giuria dei “Nuovi Italiani”

Cinque giovani migranti, con il sogno di fare i video-maker, fanno parte della giuria che giudicherà i film della rassegna internazionale

Festival Sole e Luna, ecco la giuria dei “Nuovi Italiani”

Alagie Malick, Lamin Drammeh, Amadou Jallow, Ismaila kouyate e Hydara Sadibou sono i cinque giovani stranieri a cui sarà affidato il compito di giudicare e selezionare i film  del 15° festival internazionale Sole e Luna.  Come ogni anno, infatti, oltre alla giuria internazionale, a scegliere i film vincitori saranno anche la “Giuria degli studenti”, composta da studenti del liceo scientifico Albert Einstein e dell’istituto magistrale Finocchiaro Aprile di Palermo e la giuria “Nuovi italiani” composta da giovani stranieri impegnati in percorsi di studio, inserimento e attivismo sociale. Entrambe le giurie per tutto il periodo di lockdown hanno continuato a lavorare da remoto. I cinque giovani immigrati, sono tutti di origine africana e sono arrivati in Sicilia affrontando, dopo la detenzione in Libia 'la traversata' del Mediterraneo in barche di fortuna. Oggi, hanno studiato, sono giovani impegnati in parecchi progetti, molto motivati ad andare avanti per costruire il loro futuro. I ragazzi, tra le attività, stanno partecipando al progetto U-topia promosso  dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza in collaborazione con Unicef e Intersos.

Alagie Malick Ceesay ha 20 ann ed è nato in Gambia. Da tre anni si trova in Sicilia ma da quando è a Palermo si è innamorato della città. Nel capoluogo siciliano si è impegnato, frequentando i corsi di lingua italiana nella scuola di lingua italiana per stranieri Itastra dell'Università di Palermo. Nel 2018 ha conseguito la licenza media e frequenta l’istituto tecnico ‘Einaudi Pareto’; oggi vive dentro  una casa di accoglienza gestita dai valdesi. Ha partecipato a diversi progetti formativi di video making, fotografia, comunicazione, radio e come facilitatore linguistico. Attualmente sta realizzando un cortometraggio sulla sua vita quotidiana a Palermo. "E' la mia seconda esperienza come giuria e sono molto contento di farlo - dice Malick -. Io sono molto interessato al video making. Potere guardare attentamente questi film è per me molto importante anche dal punto di vista tecnico e conoscitivo. Mi piace fare tante cose ma, in particolare vorrei approfondire il mondo dell'arte cinematografica, proseguire con la mia passione per il calcio e pure in seguito inscrivermi alla facoltà di ingegneria informatica". 

Amadou Jallow ha invece 21 anni ed è  da 5 anni a Palermo. E' originario del Gambia anche se la mamma è della Guinea Bissou. Dall'agosto del 2015 lavora come mediatore culturale. Anche lui sta seguendo un corso di video making e di facilitatore culturale con il progetto Utopia. "Mi piace molto stare a Palermo - dove ho fatto finora tutto il mio percorso - perché è davvero una città aperta ed accogliente - dice -. Da quasi 2 anni e mezzo ormai vivo da solo e lavoro come mediatore culturale in francese, inglese e sei dialetti africani. Ho collaborato anche con la squadra mobile  dove ho fatto il mediatore in carcere. In alcuni casi è stato difficile ma mi sono sentito utile. Sto lavorando con Intersos e ho avuto modo di fare tante esperienze di supporto alla comunicazione nell'ambito della mediazione culturale. Abbiamo visto con molta attenzione tutti i 15 film su cui ci siamo confrontati sui diversi punti di vista. Anche a me piacerebbe  continuare a fare video making e studiare l'arte cinematografica".  Lamin Drammeh viene pure dal Gambia, ha 20 anni ed è in Italia dal 2017. Prima di arrivare a Palermo ha vissuto a Marsala per uno anno e otto mesi. Frequenta l’Istituto superiore Francesco Ferrara e sta seguendo pure lui corsi di video making, come U-Topia. "Sono da due anni a Palermo e vivo dentro uno Sprar - racconta -. Il mio sogno è quello di diventare un professionista nel commercio specializzandomi in economia e business. Mi piacerebbe pure continuare la produzione di video”. A loro si aggiungono anche Ismaila kouyate che è nato in Senegal ed è in Italia, a Palermo, da 4 anni. Il giovane studia presso l'istituto alberghiero e da due anni fa parte dell’“Associazione dei giovani senegalesi - Niofar”. "Mi piace stare a Palermo dice - perché la città è piena di culture!"  Per Hydara Sadibou di 23 anni anche lui del Gambia "il video è uno strumento potente con cui si può documentare il presente e il passato, preservare la memoria, imparare nuove cose attraverso le immagini".

I giovani provenienti tutti dalla Libia si sono espressi anche in merito alla situazione dell'immigrazione irregolare e del ruolo dell'Italia. "Rispetto a tanti altri i fratelli e sorelle che sono in Africa noi siamo stati fortunati e per questo ringraziamo chi ci aiutato - dice Malick -. Quando sono arrivato, avevo problemi di lingua e nessuno mi ha saputo aiutare per darmi subito le giuste informazioni. Ciò che si dovrebbe fare in Italia  quando si arriva è quello di aiutare nell'orientamento  chi ha bisogno di capire cosa deve fare e che problemi ha. Tutto deve partire dalla giusta comunicazione ed informazione per non cadere in facili forme di sfruttamento". "Va migliorato completamente il sistema di accoglienza in cui non vieni realmente aiutato nei tuoi bisogni più importanti - aggiunge Amadou -. Facendo il mediatore ho capito che occorre ancora migliorare il sistema per aiutare realmente chi arriva in Italia. Bisogna rispettare i tempi di tutti senza lasciare indietro chi è più debole e meno vivace e in meno in grado di fronteggiare e reagire ai diversi problemi. Inoltre, avere fatto gli accordi con la Libia, dove c'è tanta violenza e tante armi, significa uccidere le persone che ci vivono e sperano in un futuro diverso. Poi, bisogna pure in Italia sostenere e tutelare gli immigrati che lavorano in agricoltura senza fruttarli". "Sono stato in Libia purtroppo 11 mesi e ho sofferto tanto - racconta  Lamin -. Sono stato in prigione due volte ed ho lavorato solo 5 mesi. Il mio passato mi ha reso oggi più forte. In Italia ci sono tanti di noi che sono impegnati in tante attività ma che però non hanno un lavoro regolare. Il desiderio è allora quello di creare delle vere possibilità di lavoro anche per aiutare di più le nostre famiglie in Africa".

Serena Termini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)