Fiori appassiti. La solitudine degli adolescenti costretti all’isolamento dalla mancanza della scuola

L’aspetto delle relazioni è decisivo e lo spostamento costretto nel mondo virtuale rischia di chiudere drasticamente più giovani su se stessi.

Fiori appassiti. La solitudine degli adolescenti costretti all’isolamento dalla mancanza della scuola

Fiori appassiti. E’ l’immagine che viene in mente guardando alcuni adolescenti costretti all’isolamento dalla mancanza della scuola. Non sarà vero per tutti, così come non è vero che il non andare a scuola significhi immediatamente e senza mezzi termini isolamento, però è un fatto che i nostri ragazzi stanno perdendo un preziosissimo tempo di vita e che condividono questi mesi di pandemia prevalentemente con pc e smartphone.

La scuola è per la maggior parte di loro l’occasione principale di scambio e socializzazione. Certo, è anche molto di più, ma l’aspetto delle relazioni è decisivo e lo spostamento costretto nel mondo virtuale – che pure normalmente abitato dai ragazzi, anche in tempi normali, ma si affianca al mondo reale, fatto di contatti fisici, incontri, parole e gesti – rischia di chiudere drasticamente più giovani su se stessi, di spegnere interessi ed emozioni, di ridurli, appunto, come fiori appassiti.

Chi ha adolescenti in casa non faticherà a riconoscere l’immagine e magari a ritrovarsi. Chi si occupa di educazione non si stanca di ripetere quanto sia importante ritrovare equilibrio e opportunità per ragazzi e ragazze soprattutto in età adolescenziale. Eppure siamo ancora a domandarci con un rimbalzo stucchevole di ipotesi e contro ipotesi se riaprire o meno le scuole dopo Natale. Il 7 gennaio? L’11? E se i contagi risalgono?

Non sono problemi futili. Tuttavia occorre considerare che i giovani sono una delle prime emergenze del Paese e se è vero che gli studi fatti finora testimoniano come le scuole siano ambienti sostanzialmente sicuri, tocca alla politica dare una risposta decisa e guardare al futuro con coraggio e lungimiranza. Certamente il Coronavirus è un problema globale, la crisi sociale ed economica si aggrava e spaventa. Ma un punto di appoggio per fare leva in vista dell’uscita dall’emergenza bisogna trovarlo e la scuola può esserlo.

Scaglioniamo gli ingressi, studiamo con cura il problema dei trasporti, iniziamo la campagna vaccinale oltre che dagli operatori sanitari dagli operatori della scuola. Questo è un modo di guardare avanti, per evitare che le nuove generazioni portino sulle spalle un peso davvero troppo grande.

“Abbiamo un dovere come Paese, riaprire le scuole superiori. Più saremo responsabili e cauti durante le vacanze, più quell’obiettivo sarà realizzabile. Invito tutti ad abbracciare il mondo della scuola e a proteggere la nostra scuola essendo responsabili”. Così si è espressa nei giorni scorsi la ministra Azzolina, cui va dato atto di essere sempre stata per le scuole aperte. “La scuola è un posto sicuro per bambini e adolescenti”, ha spiegato Il coordinatore del Cts Agostino Miozzo presentando ufficialmente uno studio sui rischi di contagio negli istituti scolastici. Non solo, proprio Miozzo, richiesto di un parere sulla chiusura delle scuole, in una intervista a un quotidiano ha affermato senza mezzi termini: “Noi come Cts abbiamo sempre avuto delle perplessità per gli effetti che l’allontanamento dalla scuola può avere anche a lunga distanza sui nostri ragazzi: se non riapriamo le scuole al più presto, rischiamo di crescere una generazione di persone fragili e depresse. Ci sono migliaia di studenti che si stanno perdendo, che stanno male: ma sono purtroppo invisibili”.

Ecco la questione centrale, che deve essere presa in carico non tanto e non solo dagli esperti sanitari, ma da chi decide l’orientamento del Paese, cioè dalla politica: l’emergenza va affrontata con tutti i mezzi a disposizione, ma senza pregiudicare le possibilità di ripartenza per il futuro. E il danno alle nuove generazioni sta a questo livello.

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Fonte: Sir