Il libro non è solo quello che contiene. Restauri di libri, parla Melania Zanetti, presidente dell'associazione Aicrab

Si sta diffondendo l’attenzione al restauro e alla conservazione dei supporti e rilegature originali dei volumi. Intervista a Melania Zanetti, presidente dell’associazione Aicrab

Il libro non è solo quello che contiene. Restauri di libri, parla Melania Zanetti, presidente dell'associazione Aicrab

Un’importante conquista per la conservazione e il restauro dei beni librari? Si chiama “archeologia del libro”. Nasce dalla consapevolezza dell’importanza dello studio dei manufatti librari, oltre a quella dei loro contenuti, da parte di chi opera in un settore spesso considerato marginale. A promuovere questa nuova sensibilità vi è in particolare l’Aicrab, Associazione italiana dei conservatori e restauratori degli archivi e delle biblioteche, presieduta da Melania Zanetti, restauratrice veneta, padovana di adozione, titolare di Studio Res. «Dal 2004 – spiega – il Codice dei beni culturali e del paesaggio (legge 42) ribadisce il ruolo fondamentale della conservazione negli archivi e nelle biblioteche storiche. Questi sono i luoghi in cui sono raccolti i libri e i documenti che devono essere salvaguardati, di proprietà di solito di un ente pubblico o di un qualche istituto, e talvolta di privati. Il codice distingue tra biblioteche che assolvono ai compiti dell’informazione pubblica, strutture che raccolgono libri e altri materiali al fine di promuoverne la divulgazione e le biblioteche di conservazione, che invece il patrimonio storico lo mettono a disposizione per finalità di studio e di ricerca».

Cosa significa “conservare” nel caso dei documenti antichi? «La conservazione è lo studio degli oggetti e la messa in atto delle misure di prevenzione e degli interventi di manutenzione e di restauro. È strano a dirsi, ma questa è una sensibilità nuova, un tempo ci si limitava al restauro, oggi fa parte dell’intervento anche quello che viene dopo, ovvero come e dove l’oggetto restaurato verrà conservato, con attenzione in particolare all’ambiente, all’umidità, alla luce, alla temperatura o alla presenza di eventuali fonti inquinanti con cui potrebbe venire a contatto. Diciamo che si parte dall’assunto che il degrado di un manufatto è inevitabile e inarrestabile: quello che possiamo fare è rallentarlo. Non possiamo limitarci ai progetti di restauro ma dobbiamo attivare anche altre attenzioni: per questo preferisco, quando possibile, operare direttamente negli istituti nei quali i libri e i documenti sono conservati, conoscerne il contesto e le condizioni ambientali».

Il restauro è quindi solo una tappa della conservazione? «È l’intervento che entra nel merito materiale del manufatto, e che vi apporta delle modifiche, più o meno consistenti in relazione all’invasività delle tecniche di intervento adottate. È il passaggio più critico, quello per il quale serve oggi una formazione di livello accademico, prevista dallo stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio».

Cosa si deve fare quindi per diventare restauratore di libri e archivi? «Serve il diploma di laurea nel percorso professionalizzante – ve ne sono vari in Italia – dedicato al materiale librario e archivistico. E serve poi fare esperienza senza perdere la voglia di studiare e aggiornarsi. Il settore è in continua evoluzione, vi sono sempre nuove tecniche e materiali. Oggi ad esempio si può lavorare con i nanomateriali, che permettono di intervenire in maniera sempre più mirata e meno invasiva, il che significa alterare il manufatto il meno possibile rispettandone le informazioni anche materiali del quale è portatore e la sua storicità».

L’attenzione passa quindi dal contenuto al contenitore... «Un tempo in effetti era importante solo il contenuto, il testo scritto del quale si occupano diverse discipline, a cominciare dalla paleografia, ma dagli anni Ottanta del secolo scorso si è iniziata a comprendere l’importanza di studiare i materiali costitutivi del libro per salvaguardarli in maniera adeguata. Anche essi offrono infatti agli studiosi informazioni utili a ricostruire il contesto materiale che ha presieduto alla loro realizzazione e sono pertanto elementi importanti per circoscrivere il periodo storico di produzione del manufatto. Ecco quindi il valore dell’apporto di questa nuova disciplina, che è stata chiamata “archeologia del libro”. Ed ecco perché un volume deve mantenere il più possibile la sua “verità” storica».

Un esempio? «Se una legatura non era più funzionale a trattenere i fogli, un tempo la si rifaceva ex novo, smontando le diverse componenti e stravolgendone ampiamente le caratteristiche originali. Oggi non è o non dovrebbe più essere così, si scuce un volume solo se non esistono alternative per un intervento in situ efficace ma puntuale. Purtroppo nel settore librario e archivistico questa attenzione alle componenti materiali dei libri e dei documenti si è risvegliata molto tardi, non prima degli anni Ottanta del secolo scorso appunto. Sono tante, ad esempio, le legature antiche andate perse o modificate sostanzialmente da interventi di restauro poco attenti».

Nel Veneto la situazione com’è? « Credo che il patrimonio librario e archivistico della nostra regione, più noto a livello di contenuti, sia ancora in parte da scoprire dal punto di vista materiale. Un punto di riflessione dovrebbe essere anche il percorso di formazione dell’archivista e del bibliotecario conservatore, che richiedono conoscenze e competenze adeguate. Queste si possono ad esempio ricevere all’Università Ca’ Foscari di Venezia nell’ambito della laurea magistrale inter-ateneo in Scienze archivistiche e biblioteconomiche, che dedica insegnamenti specifici alla conservazione e al restauro del libro e del documento».

Un esempio di intervento di restauro? «Tra i più complessi, il consolidamento delle parti cartacee bruciate, ad esempio nei libri che hanno subito i bombardamenti delle guerre mondiali. Vi sono fogli che non puoi toccare altrimenti si sbriciolano. Oppure fogli scritti con inchiostri troppo acidi che hanno finito per perforare la carta. È anche frequente intervenire per eliminare i danni creati dall’impiego di adesivi o materiali inadatti di interventi pregressi».

Ci racconta un intervento che le è caro. «Ho ultimato recentemente il restauro di alcuni manoscritti originali di mano di sant’Ignazio di Loyola e dei suoi confratelli. Tra questo c’era il suo Diario spirituale, un’opera fondamentale ma in condizioni precarie proprio per il problema degli inchiostri».

L’Aicrab, Associazione conservatori e restauratori

È nata nel 2013 e ha come caratteristica di unire le diverse professioni del settore – restauratori archivisti, bibliotecari – senza escludere studenti nelle discipline della conservazione e altri professionisti che vi operano a vario titolo. Non è rappresentativa di una categoria insomma, ma di tutti coloro che sono impegnati nella salvaguardia del patrimonio archivistico e bibliografico e che desiderano formarsi, aggiornarsi, scambiare informazioni e tecniche, creare un linguaggio comune. Porta avanti la consapevolezza del valore culturale dei libri e dei documenti, non solo come testi ma come “testimonianze materiali aventi valore di civiltà”, che è stata la prima definizione di bene culturale in Italia (info: aicrab.org).

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