L’atlante che mancava. Pubblicato per la prima volta l'atlante cellulare cerebrale, con importanti prospettive diagnostiche e terapeutiche

Un atlante cellulare enorme, che rappresenta un'istantanea dettagliata dell'organo più complesso che si conosca

L’atlante che mancava. Pubblicato per la prima volta l'atlante cellulare cerebrale, con importanti prospettive diagnostiche e terapeutiche

Importante risultato raggiunto nel campo delle neuroscienze: è stato finalmente completato il più grande atlante di cellule cerebrali umane finora realizzato. In esso, sono mappati oltre 3000 tipi di cellule, molte delle quali fino ad oggi sconosciute per la scienza, che – a detta dei ricercatori – aiuteranno, tra le altre cose, lo studio delle malattie, dei meccanismi cognitivi e di ciò che ci rende umani. L’intera ricerca è stata messa a disposizione della comunità scientifica mediante la pubblicazione (su “Science”, “Science Advances” e “Science Translational Medicine”) di un pacchetto composto da ben 21 articoli!

Un atlante cellulare enorme, che rappresenta un’istantanea dettagliata dell’organo più complesso che si conosca. Si tratta di una vera novità, poiché fino ad oggi gli studiosi avevano mappato il cervello umano usando tecniche come la risonanza magnetica, mentre ora abbiamo la disponibilità del primo atlante dell’intero cervello umano a livello di singola cellula, uno strumento in grado di mostrare le sue intricate interazioni molecolari, gettando così le basi per una migliore comprensione del cervello umano.

Questa ricerca fa parte della Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies Initiative – Cell Census Network dei National Institutes of Health (USA), una collaborazione tra centinaia di scienziati.

Tra gli obiettivi del programma, la catalogazione dei tipi di cellule cerebrali nell’essere umano, nei primati non umani e nei topi, per far avanzare la comprensione dei meccanismi cellulari alla base di disturbi cerebrali poco conosciuti.

Le basi del nuovo atlante cellulare cerebrale sono state poste da Kimberly Siletti, neuroscienziata all’University Medical Center di Utrecht (Paesi Bassi), e dal suo gruppo. Siletti e colleghi, infatti, hanno sequenziato l’RNA di oltre tre milioni di singole cellule in 106 punti dell’intero cervello umano, usando campioni di tessuto provenienti da tre donatori maschi deceduti, oltre alla dissezione della corteccia motoria di una donatrice donna, peraltro già usata in studi precedenti. Così sono state documentate 461 categorie generali di cellule cerebrali, comprendenti più di 3000 sottotipi.

Più in generale, è emerso che i neuroni – le cellule del cervello e del sistema nervoso che inviano e ricevono segnali – variano ampiamente nelle diverse aree cerebrali, suggerendo funzioni e storie di sviluppo diverse. Nel tronco encefalico (struttura relativamente poco studiata che collega il cervello al midollo spinale), ad esempio, è stata rilevata la presenza di un numero particolarmente elevato di tipi di neuroni.

Altri studi, poi, si sono concentrati sull’analisi dei meccanismi di regolazione ed espressione genica nelle diverse cellule. Joseph Ecker, biologo molecolare al Salk Institute for Biological Studies di La Jolla, in California, e i suoi colleghi hanno analizzato il cervello attraverso una “lente epigenetica” (fattori cellulari non genetici), utilizzando campioni di tessuto provenienti dagli stessi tre donatori. In pratica, sono stati analizzati i marcatori chimici che attivano o disattivano i geni in oltre 500.000 singole cellule. Attraverso lo studio delle varie molecole che fungevano da interruttori, dunque, sono stati identificati quasi 200 tipi di cellule cerebrali. Si è anche scoperto che lo stesso gene, nello stesso tipo di cellula, poteva avere caratteristiche diverse in aree cerebrali diverse. Ad esempio, un gene veniva attivato con un interruttore nella parte anteriore del cervello e con un altro nella parte posteriore. Ebbene, queste nuove conoscenze sugli interruttori che attivano o bloccano l’espressione genica nelle cellule cerebrali potrebbero risultare utili per la diagnosi di disturbi cerebrali e lo sviluppo di trattamenti su misura, dice Ecker. Bing Ren, biologo molecolare all’Università della California a San Diego, e il suo gruppo hanno infatti cercato di capire meglio come gli interruttori genetici possano contribuire al rischio di malattia. A tal fine, Ren e colleghi hanno analizzato il modo in cui più di un milione di cellule cerebrali dei tre donatori accedono e usano le informazioni genetiche. I ricercatori hanno così potuto evidenziare dei legami tra alcuni tipi di cellule cerebrali e alcuni disturbi neuropsichiatrici, tra cui il disturbo bipolare, la depressione e la schizofrenia.

Inoltre, i dati relativi ai tipi di cellule sono stati usati per prevedere come gli interruttori genetici influenzino la regolazione dei geni, aumentando il rischio di malattie neurologiche. Nelle cellule chiamate “microglia” (che eliminano le cellule morte o danneggiate), per esempio, la presenza di alcuni interruttori genetici è risultata fortemente connessa al rischio di Alzheimer. Questi risultati possono essere sfruttati per verificare se particolari geni o interruttori difettosi contribuiscano direttamente all’insorgenza della malattia.

Il prosieguo di queste ricerche prevede ora il sequenziamento di un maggior numero di cellule provenienti da tutte le parti del cervello. I ricercatori lavoreranno anche con altri campioni di tessuto per costruire un quadro di come il cervello umano possa variare tra popolazioni e gruppi di età. “E questo – conclude Ren – è solo l’inizio”!

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Fonte: Sir