Piemonte, schizzano i costi di ricovero in Rsa: aumenti tra i 650 e i 2 mila euro l'anno

Denuncia della Fondazione Promozione Sociale, che chiede alla Regione una revisione urgente degli aumenti, “insostenibili per le famiglie”. E l'impegno a ridefinire gli standard delle strutture, “oggi assolutamente inadeguati alle condizioni cliniche di migliaia di ricoverati”

Piemonte, schizzano i costi di ricovero in Rsa: aumenti tra i 650 e i 2 mila euro l'anno

Il ricovero in Rsa costerà da 650 a 2 mila euro in più: è quanto prevede la delibera della Giunta della Regione Piemonte ( 1-5575/2022), appena approvata, sottoscritta da tutti i rappresentanti degli enti gestori salvo Anaste. Lo riferisce la Fondazione Promozione Sociale, che denuncia questo “accordo unilaterale, che passa sulla testa dei ricoverati, e permette ai gestori di pescare a piene mani dalle loro tasche, con l’unico obiettivo di assicurare incassi e utili, a fronte di standard bassissimi (inadeguati al livello di bisogno sanitario dei pazienti) e controlli sulla qualità pressoché inesistenti”. E aggiunge: “Nessun confronto con le associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei malati non autosufficienti”.

A giustificare gli aumenti, ci sarebbe “l'aumento generale dell’inflazione e dei costi dell’energia”: aumenti che però “non colpiscono solo le strutture – fa notare la fondazione – ma pesano anche sulle famiglie dei ricoverati, chiamate ora ad un extra sforzo economico non solo a casa loro, ma anche per garantire il ricovero del malato”. Non solo: da quanto risulta alla Fondazione, “le strutture chiedono la sottoscrizione di nuovi contratti, con l’adeguamento tariffario anche ai pazienti in convenzione: operazione illegittima – denuncia la Fondazione - in quanto gli aumenti per i pazienti convenzionati sono stabiliti dalla delibera regionale ed è vietato che essi siano regolati da contratto tra privati, ovvero tra ricoverati o loro rappresentanti e gestore della Rsa”.

Ma a quanto ammontano questi aumenti? “In cifre assolute, calcolando il costo retta giornaliera come definito dalla delibera 85/2013 e l'adeguamento della delibera appena approvata, le rette aumenteranno di somme tra i 650 e 2 mila euro all’anno per ogni ricoverato – riferisce la Fondazione - corrispondenti ad aumenti che oscillano tra i 3,6 e i 5,4 euro giornalieri. Per una Rsa da 40 posti che ricovera utenti di 'media intensità', significherà un introito annuale di 58mila euro in più rispetto al milione e 129mila euro che già percepiva come pagamento dei ricoveri. Per una struttura più grande, come le ultime aperte a Torino da 120 posti, l’aumento delle rette corrisponderà – sempre ipotizzando tutti ricoverati di media intensità – a un aumento di 174.324 euro rispetto ai quasi 3 milioni e mezzo di rette annuali finora percepite dalla struttura”:

Più nel dettaglio, la delibera 1-5575/2022 prevede l’aumento delle tariffe giornaliere in Rsa del 5,1%, a partire dal 15 settembre 2022, per tutti i malati non autosufficienti che pagano la quota alberghiera per intero (50% della retta) e ricevono quella sanitaria dall’Asl.Per i soli utenti ricoverati che, oltre alla convenzione Asl, sono titolari anche di un’integrazione della retta alberghiera, l’aumento delle tariffe sarà del 3,8% fino a fine anno, per poi passare anch’esso al 5,1%”.

Va poi considerato che i posti in convenzione “riguardano meno della metà dei malati ricoverati (circa 14mila). Di questi, solo una piccola percentuale, sotto il 10%, percepisce anche l’integrazione comunale. È chiaro, quindi – osserva la Fondazione - che l’aumento si scaricherà quasi per intero sui ricoverati e le loro famiglie. E sulla riduzione delle convenzioni sanitarie, perché parte di quei soldi sarà impiegato dalla Regione e dalle Asl per coprire l’aumento delle quote sanitarie”.

Non solo: “La Regione non disciplina le tariffe di ricovero degli utenti in regime privato (almeno 16 mila malati, con le Rsa a pieno regime), tenuti a pagare interamente di tasca propria una retta di 3.000-3.500 euro al mese con i risparmi loro e delle loro famiglie, in condizioni di crescente e drammatico impoverimento, tanto da dover in alcuni casi ricorrere a prestiti usurai, perché le Asl hanno negato loro il pur esigibile e universalistico diritto alla quota sanitaria. Ed è prevedibile che i gestori applicheranno anche a questi ricoverati gli aumenti, portando le tariffe fino a sforare i 4 mila euro al mese”, continua la Fondazione.

In questo allarmante contesto, la Fondazione chiede alle regioni di “rivedere radicalmente l’importo e le condizioni generali dell’adeguamento tariffario, anche alla luce di una necessaria revisione della ripartizione tra Ssn e utente/Comune e degli standard delle strutture, oggi poco o per nulla rispondenti al fabbisogno degli utenti malati cronici non autosufficienti”. Utenti che, ricorda la Fondazione, non sono “ospiti di una struttura alberghiera, ma persone colpite da pluripatologie invalidanti gravi, che hanno completamente compromesso la loro autonomia e devono costantemente essere monitorate e curate”.

Alla richiesta, si accompagnano tre osservazioni, basate sulla normativa vigente: primo, il diritto alla salute: “La regione Piemonte deve garantire a tutti i malati non autosufficienti il diritto esigibile alla tutela della salute, che si esprime con l’erogazione della quota sanitaria. L’importo va erogato, nel rispetto della legge 833/1978, 'senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio'. Ora l’aumento delle rette prelevato direttamente dalle risorse per le convezioni non solo non aumenta le quote sanitarie, ma addirittura diminuisce i posti convenzionati”.

Secondo, il calcolo della tariffa deve basarsi sull'Isee: “Le quote alberghiere degli utenti delle Rsa devono essere calcolate in base all’Isee e le eventuali richieste di compartecipazione devono essere avanzate solo sulla base dell’Isee – ricorda la Fondazione - Lo prevede la normativa nazionale (Dpcm 159/2013 e legge 89/2016). Oggi quasi tutti i Comuni del Piemonte sono fuori dalle regole e applicano regolamenti più restrittivi dell’Isee (penalizzanti per l’utente) per il calcolo della compartecipazione: non possono essere chiesti sacrifici e ulteriori importi, quando quelli chiesti oggi sono già illegittimi”.

La terza osservazione è relativa al fatto che le Rsa beneficiano di consistenti sostegni economici statali per far fronte anche al caro bollette e all’aumento dell’inflazione. “Si tratta peraltro, lo ricordiamo, di un settore ad alta redditività (in molti casi anche durante il Covid, poiché ai mancati inserimenti di pazienti si è affiancata una diminuzione vertiginosa dei lavoratori e della loro qualifica/costo per il datore di lavoro). Il decreto aiuti Ter, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 26 settembre, precisa che 'allo scopo di contribuire ai maggiori costi determinati dall’aumento dei prezzi delle fonti energetiche e al perdurare degli effetti della pandemia, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è incrementato di 1.400 milioni di euro per l’anno 2022, di cui 1.000 milioni di euro assegnati con la legge 5 agosto 2022, n. 111'. Inoltre, all’articolo 8 il, decreto fissa le 'Disposizioni urgenti in favore del Terzo settore', tra cui un fondo di 120 milioni di euro da qui a fine anno per 'sostenere gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale, semi-residenziale rivolti a persone con disabilità, a fronte dell’aumento dei costi dell’energia termica ed elettrica nel terzo e quarto trimestre del 2022'.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)