Prodotti “biologici”, 30 anni di successi. Il settore è ancora in crescita, anche se servono regole aggiornate soprattutto per l’informazione

Stando ai coltivatori diretti, sono saliti alla cifra da primato pari a 4,3 miliardi di euro i consumi domestici di alimenti biologici.

Prodotti “biologici”, 30 anni di successi. Il settore è ancora in crescita, anche se servono regole aggiornate soprattutto per l’informazione

I consumi di prodotti biologici sono sempre in crescita. Quasi spinti da una forza autonoma, gli acquisti di alimenti ottenuti senza l’uso della chimica di sintesi, pare siano cresciuti anche nei mesi difficili della pandemia di Covid-19. Indicazione, questa, di un settore che è comunque vitale, dopo decenni, e che va considerato per quello che è: uno dei comparti portanti dell’agroalimentare nazionale.
A mettere in fila i numeri significativi della situazione, è stata la Coldiretti in occasione dei 30 anni dall’emanazione del “Regolamento relativo al metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari- (Cee) N. 2092/91”, adottato dal Consiglio delle Comunità europee Il 24 giugno 1991, che ha dato il via libera alle regole di mercato che, di fatto, funzionano ancora oggi.

Pochi numeri bastano per capire tutto. Stando ai coltivatori diretti, sono saliti alla cifra da primato pari a 4,3 miliardi di euro i consumi domestici di alimenti biologici. A funzionare da molla per l’ultimo balzo, pare sia stato proprio il cambio di consumi dovuto a Covid-19. L’emergenza Covid avrebbe determinato un aumento degli acquisti del 7% nel 2020 rispetto all’anno precedente. Ma la crescita negli ultimi tre decenni è stata pressoché continua. Secondo Coldiretti, i prodotti ottenuti “biologicamente” sarebbero “nel carrello di circa sette famiglie italiane su dieci (68%)”.
L’andamento costantemente in crescita del mercato del settore, ha determinato l’espansione del numero di imprese. Un fenomeno anch’esso costante, tanto da arrivare a collocare l’Italia al primo posto nella classifica dei Paesi europei per numero di aziende agricole impegnate nel biologico con 80.643 operatori coinvolti.

Settore che fa gola a molti, quindi, quello dell’agricoltura cosiddetta “biologica”, tanto da determinare la presentazione in Parlamento di un disegno di legge aggiornato rispetto alle attuali regole in vigore. Regole nuove o comunque aggiornate che prevedono l’introduzione di un marchio per il “bio italiano” per contrassegnare come 100% Made in Italy “solo – spiega proprio Coldiretti -, i prodotti biologici ottenuti da materia prima nazionale”. Ma non solo, perché il provvedimento in discussione, sostiene tra l’altro anche l’impiego di piattaforme digitali per garantire una piena informazione circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti: uno strumento importante, soprattutto tenendo conto dell’aumento dell’importanza dei canali di vendita legati alla Rete.

Su tutto, poi, incombe il peso della concorrenza in arrivo da oltre confine. Anche per i prodotti biologici, così, torna prepotentemente uno dei grandi temi nel dibattitto sulle regole da applicare nei mercati alimentari italiani ed europei: quello della corretta informazione al consumatore. “A preoccupare – dice infatti in una nota Coldiretti -, è l’invasione di prodotti biologici da Paesi extracomunitari, con 2,8 milioni di tonnellate di prodotto bio arrivate nell’Unione Europea nel 2020 con incrementi che vanno dal +33% per il riso al 40% per l’olio di oliva, dal 40% per i limoni al 51% per le arance”. Da qui una delle conclusioni dei coltivatori. C’è chiaramente “l’urgenza di dare la possibilità di distinguere sullo scaffale i veri prodotti biologici Made in Italy ma anche rafforzare i controlli sui cibi bio importati che non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli Europei”. Ma, a ben vedere, il tema dell’informazione chiara e corretta su quello che ognuno di noi mangia, è comune a tutte le produzioni agroalimentari.

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Fonte: Sir