“Tessendo la solidarietà”: la rete tra alpaqueros andini e aziende italiane del lusso

Il progetto di Iscos Emilia-Romagna, finanziato da Aics, nasce per promuovere sviluppo, sostenibilità ed empowerment femminile tra le popolazioni altoandine impegnate nell’allevamento di alpaca. Cortesi (direttore): “Nostro obiettivo rendere sostenibile l’attività e salvarla dal rischio estinzione”

“Tessendo la solidarietà”: la rete tra alpaqueros andini e aziende italiane del lusso

Valorizzare al meglio gli allevamenti altoandini di alpaca, creando occupazione, sostenendo il ruolo delle donne, tutelando ambiente e tradizioni. È il progetto “Tessendo la solidarietà” portato avanti dalla ong Iscos Emilia-Romagna insieme a Progettomondo con il finanziamento di Aics, l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Grazie a “Tessendo la solidarietà”, i produttori e gli allevatori di camelidi in Perù sono entrati in contatto diretto con alcune aziende tessili italiane legate al mercato del lusso, bypassando i grossisti ed eliminando i numerosi passaggi intermedi. Avviato nel 2018 e dalla durata triennale, il progetto ha coinvolto, tra gli altri, anche il Consorcio Alpaquero Perù Export Calpex, che organizza più di 2 mila piccoli produttori peruviani appartenenti a oltre 30 comunità andine.

“Il nostro progetto – spiega il direttore di Iscos Emilia-Romagna, Andrea Cortesi – nasce per supportare queste piccole organizzazioni di produttori a livello commerciale, creando un canale innovativo per la vendita della loro fibra di alpaca, che è una fibra del lusso, grazie anche alla collaborazione dei sindacati del settore tessile Femca Cisl. L’idea, naturalmente, non è quella di snaturare questa attività, ma di renderla sostenibile e di salvarla dal rischio estinzione. Un’attività che, purtroppo, non è esente nemmeno dalle conseguenze dei cambiamenti climatici”. La difficile compatibilità delle due attività produttive prevalenti in quei territori a 3.800-5.000 metri sul livello del mare – allevamento di alpaca ed estrazione mineraria di oro, argento, rame – aumenta, infatti, la necessità di tutelare l’ambiente e i diritti dei lavoratori: “È diventato indispensabile sostenere i produttori affinché l’allevamento di alpaca non scompaia con la migrazione dei popoli autoctoni, abbandonando tradizioni e animali. È su questo principio che si innesta il nostro lavoro”.

Grazie al progetto, produttori e allevatori andini diventano protagonisti del sistema di cui fanno parte, coscienti del valore del loro lavoro e dei loro sacrifici, percettori di un “plus” economico che permette loro di continuare nell’attività, sempre tradizionale ma collocata in una contemporaneità proiettata al futuro. “Per comprendere appieno le loro potenzialità – racconta Cortesi –, li abbiamo invitati a visitare gli stabilimenti italiani. Era la prima volta che vedevano come viene lavorata la loro materia prima. In Perù le aziende non li fanno entrare: fanno ‘solo’ i prezzi”. Grazie alla collaborazione diretta con l’Italia, saltano tutti i passaggi di intermediazione commerciale che, in termini economici, significa avere ricavi maggiori. Ricavi che, solitamente, vengono reinvestiti nell’economia familiare, a partire dall’istruzione, dalla salute e dalle cure veterinarie per gli animali.

“Tessendo la solidarietà” dà continuità al lavoro che Iscos ha iniziato nel 2013 per la creazione e promozione di una filiera etica tra Italia e Sudamerica, che ha portato alla nascita del Consorcio Alpaquero Perù Export Calpex. L’associazione di allevatori di camelidi locali (alpaca, lama, guanaco e vigogna) si occupa di esportazione di prodotti semilavorati in fibra di alpaca in collaborazione con la Pettinatura di Verrone e i distretti tessili di Biella e di Prato: Fratelli Piacenza è stata la prima storica azienda italiana ad acquistare un semilavorato direttamente dai produttori andini. Al momento della vendita, i tessuti escono con il marchio Made in Italy, diventando immediatamente appetibili a livello internazionale.

In Perù – continua Andrea Cortesi – la produzione di fibre d’alpaca è, per la quasi totalità, a conduzione familiare. Piccoli greggi, 100-200 animali al massimo. Ogni animale produce in media 2,5 kg di fibra l’anno: tra cuccioli e femmine gravide, si tosa il 60-65% di animali per gregge. All’interno di questa organizzazione del lavoro, il ruolo delle donne è cruciale: di fatto ci sono loro dietro l’economia legata all’allevamento di alpaca. Spesso gli uomini hanno anche un altro lavoro: come detto, prevalentemente sono minatori”.

“Tessendo la solidarietà” è protagonista anche di un documentario di Iscos Emilia-Romagna, tutto dedicato agli allevatori di alpaca e ai minatori, dal titolo “Le custodi dell’oro delle Ande”. “Io faccio parte della comunità, noi viviamo con i nostri animali – racconta un’allevatrice –. Qui non cresce niente, né frutta, né verdura. Viviamo con i nostri animali, nient’altro, e qui abbiamo solo alpaca. Noi donne spesso facciamo fili con la lana che tosiamo, è un’attività prettamente femminile. Gli uomini lavorano in miniera, noi donne ci dedichiamo all’artigianato, filando e tessendo. È con questo che andiamo avanti”. “La ricchezza di un paese, di una regione, di una provincia o di una comunità, è la sua gente – spiega Sixto Raul Flores Delgado, responsabile tecnico di Calpex –. Se proviamo a confrontare chi lavora di più tra donne e uomini, risulta che è la donna alpaquera. Si sveglia alle 4 del mattino, ma questo non significa che la notte riposi: deve rimanere vigile perché al lato della casa stanno dormendo gli animali, e a volte possono arrivare le volpi. Prepara la colazione, fa il bucato, aiuta a pascolare, fila, tesse. Chi amministra l’economia domestica? La donna alpaquera. È lei che riceve il denaro per la vendita della fibra, e anche della carne, e la conserva. Se non è la donna ad amministrare, questa famiglia avrà dei problemi”.

“Quello che vogliamo portare a queste comunità altoandine, che sono ancora profondamente patriarcali, sono processi di empowerment e di promozione della leadership femminile, oltre che tecnologie di miglioramento, a partire dalla tosatura meccanica – aggiunge il direttore di Iscos Emilia-Romagna –. Macchine e tosatori sono a disposizione di tutti gli associati, a dimostrazione che, lavorando insieme, c’è un margine maggiore nella fase di vendita”. Contestualmente, Iscos Emilia-Romagna sostiene gli allevatori anche in termini di riconoscimenti – ha sostenuto le associazioni di categoria nella proposta al governo peruviano di considerare l’allevamento di camelidi sudamericani un patrimonio culturale e naturale – e di acquisizione di certificazioni: Calpex, per esempio, è stata tra le prime tre realtà che hanno ricevuto un audit per ottenere la certificazione internazionale “Responsible Alpaca Standard” di Textile Exchange. “Negli ultimi anni i consumatori sono diventati più attenti ai temi della sostenibilità, e gli stessi alpaqueros hanno dovuto adattarsi – conclude Andrea Cortesi –: il tracciamento di qualsivoglia azione non rientrava tra le loro abitudini, ma è ormai chiaro che godere di una maggiore conoscenza non è tradire una tradizione secolare, ma un modo per diventare protagonisti della propria vita”.

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)