Una terapia che fa ben sperare. Le nuove - per la prima volta - applicazioni pediatriche all'Ospedale Bambin Gesù della terapia CAR-T

La buona notizia è che, di recente, la ricerca e l’impegno dei medici hanno permesso di allargare la gamma applicativa della terapia CAR-T, includendo anche la cura di alcune malattie autoimmuni in giovani pazienti

Una terapia che fa ben sperare. Le nuove - per la prima volta - applicazioni pediatriche all'Ospedale Bambin Gesù della terapia CAR-T

Da pochi anni, la medicina più avanzata può contare su una nuova arma nella lotta contro alcuni tipi di tumori del sangue. Si tratta di un innovativo intervento di immunoterapia, che utilizza le cosiddette CAR-T (Chimeric Antigens Receptor Cells, a partire da linfociti T). Questa rivoluzionaria forma di terapia genica si basa sull’impiego di linfociti T (un tipo di globuli bianchi, le cellule del nostro sistema immunitario che normalmente riconoscono e neutralizzano le minacce costituite da virus o cellule maligne, mantenendo anche nel tempo memoria della risposta agli attacchi) prelevati dal paziente stesso, “ingegnerizzati” in laboratorio, fatti moltiplicare e re-infusi nella persona affetta da tumore.
La buona notizia è che, di recente, la ricerca e l’impegno dei medici hanno permesso di allargare la gamma applicativa della terapia CAR-T, includendo anche la cura di alcune malattie autoimmuni in giovani pazienti. La sperimentazione – tentata per la prima volta – è avvenuta presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, su tre pazienti affetti da gravi patologie non altrimenti trattabili. I giovani, colpiti da “lupus erimatoso sistemico” e “dermatomiosite”, sono ora in completa remissione!
Ma come funziona la terapia CAR-T? Proviamo a descrivere il processo con parole semplici. Come già accennato, i linfociti T sono cellule del nostro sistema immunitario che, normalmente, neutralizzano i patogeni e conservano nel tempo la memoria dell’attacco ricevuto. Per questo tipo di terapia, dunque, essi vengono prelevati dal sangue del paziente, modificati geneticamente in modo da esprimere sulla loro superficie un recettore CAR (recettore chimerico di antigene), capace di aumentare la risposta immunitaria, fatti espandere in numero e, infine, vengono reintrodotti nel corpo del paziente, che nel frattempo è stato trattato con una forma di chemioterapia per eliminare le cellule del suo sistema immunitario e lasciare campo libero ai linfociti T modificati. La procedura è personalizzata, perché ad essere trattate sono le cellule di ogni singolo paziente (diversamente, ci sarebbero problemi di rigetto): passa circa un mese dal prelievo alla re-infusione delle cellule.
Finora, questa terapia – ancora piuttosto rara e costosa, poiché si basa sulle cellule del singolo paziente – è stata usata per trattare tumori del sangue (come leucemie, linfomi e mielomi) resistenti ad altre cure, anche se emergono risultati promettenti anche contro alcuni tumori solidi. Nella nuova sperimentazione, invece, essa è stata sfruttata contro delle malattie autoimmuni, che dipendono da un’aggressione del sistema immunitario che, erroneamente, si rivolta contro i tessuti e gli organi del suo stesso corpo.
Quanto la CAR-T è impiegata contro i tumori del sangue, i linfociti T “ingegnerizzati” sono attrezzati per riconoscere come bersaglio l’antigene CD19, tipicamente espresso dalle cellule tumorali. Ma questo stesso antigene CD19 è espresso anche dai linfociti B, cellule immunitarie che hanno un ruolo cruciale nel determinare le malattie autoimmuni (lupus erimatoso sistemico e dermatomiosite) da cui sono affetti i tre giovani pazienti trattati. In pratica, si è “mirato” allo stesso bersaglio, ma stavolta per curare malattie non neoplastiche. Va precisato che il “lupus eritematoso sistemico” è una malattia cronica di tipo autoimmune che può colpire vari organi e sistemi (cuore, polmoni, reni, fegato, sistema nervoso, vasi sanguigni), mentre la “dermatomiosite” è una malattia infiammatoria autoimmune che colpisce i muscoli e la pelle.
I tre pazienti trattati all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma sono due ragazze italiane di 17 e 18 anni, colpite da lupus (una malattia che interessa più spesso le femmine dei maschi) e un bambino ucraino di 12 anni con dermatomiosite. Tutti e tre erano in condizioni gravi con malattie non rispondenti ai trattamenti di solito usati.
Ebbene, le infusioni di CAR-T cui sono stati sottoposti hanno procurato loro benefici sostanziali: le loro malattie – dalle quali, purtroppo, non si può guarire del tutto – sono andate in remissione (scomparsa totale dei sintomi)! I giovani pazienti, dunque, vivono ora una buona qualità di vita, senza la necessità di dover ancora ricorrere a farmaci immunosoppressori. “I risultati ottenuti con le cellule CAR-T – ha spiegato Fabrizio De Benedetti, responsabile dell’area di ricerca di Immunologia, Reumatologia e Malattie infettive dell’Ospedale romano – ci incoraggiano a proseguire nella direzione di un trial clinico che possa comprendere un numero più ampio di pazienti pediatrici affetti da varie malattie autoimmuni in cui un ruolo fondamentale nello sviluppo è giocato dai linfociti B”. Finora, la letteratura medica recente descriveva 5 casi di pazienti adulti affetti da lupus trattati con le CAR-T, ma mai prima d’ora si era tentata la terapia in ambito pediatrico.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir