Coronavirus. Qual è l'identikit dei deceduti e positivi all’infezione?

L’Istituto superiore di sanità lo scorso 13 aprile ha aggiornato il “Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all'infezione da Sars-CoV-2 in Italia”. Dall'analisi di un campione di 18 mila e 641 pazienti deceduti e positivi all’infezione emerge che l’età media degli uomini è di 79 anni mentre delle donne è 83 anni ma queste ultime sono solo il 34 percento del totale dei casi campioni. Inoltre Questo l’età media dei pazienti defunti è più alto di 15 anni rispetto a quello dei pazienti che hanno contratto l’infezione la cui età media è di 62 anni.

Coronavirus.  Qual è l'identikit dei deceduti e positivi all’infezione?

Le statistiche rilevate nel mondo parlano chiaro: l’infezione da Sars-CoV-2 produce effetti diversi negli uomini e nelle donne.

Per spiegare questo fenomeno sono state avanzate alcune ipotesi generali tra cui:

  • una maggiore tendenza degli uomini al tabagismo (fattore di rischio per contrarre l’infezione e per sviluppare un quadro clinico più grave della malattia);
  • una più spiccata abitudine delle donne a dedicare uno spazio significativo della propria quotidianità all’igiene personale;
  • una risposta immunitaria, sia innata che adattativa, più pronta ed efficace nelle donne che negli uomini.

Il virus responsabile della Covid-19 penetra nelle nostre cellule legandosi a un recettore chiamato ACE2 (Angiotensin Converting Enzyme 2, Enzima di Conversione dell'Angiotensina), enzima che regola la vasocostrizione delle arterie e che si trova sulle cellule dell’epitelio polmonare dove protegge il polmone dai danni causati dalle infezioni, infiammazioni e stress. Quando il virus si lega ad ACE2 ed entra nella cellula, fa diminuire la sua espressione e lo sottrae così allo svolgimento della sua funzione protettiva.

Nelle donne in età fertile gli estrogeni sono in grado di aumentare la presenza del recettore ACE2 facendo sì che questo enzima, anche dopo l'infezione, riesca a svolgere la sua funzione di protezione, in particolare nei confronti dei polmoni.

Viceversa gli ormoni androgeni sembra che svolgano un ruolo opposto nell’influenzare l’espressione di enzimi cellulari coinvolti nelle fasi che seguono l’attacco del virus al recettore, favorendo le fasi successive dell’infezione delle cellule polmonari».

Patologie preesistenti

Per 1596 deceduti è stato possibile analizzare le cartelle cliniche che hanno evidenziato la presenza di patologie preesistenti ed è emerso che complessivamente:

  • 53 pazienti (3,3 per cento del campione) presentavano zero patologie;
  • 231 (14,5 per cento) presentavano una patologia;
  • 331 (20,7 per cento) presentavano due patologie;
  • 981 (61,5 per cento) presentavano tre o più patologie.

Le principali tre patologie preesistenti riscontrate sono state, in ordine: ipertensione arteriosa, diabete mellito–tipo2 e cardiopatia ischemica.

Diagnosi di ricovero

In 107 casi (7 per cento dei casi) la diagnosi di ricovero non era da correlarsi all’infezione. In 9 casi la diagnosi di ricovero riguardava esclusivamente patologie neoplastiche, in 49 casi patologie cardiovascolari (per esempio infarto miocardico acuto, scompenso cardiaco, ictus), in 14 casi patologie gastrointestinali (per esempio colecistite, perforazione intestinale, occlusione intestinale, cirrosi), in 35 casi altre patologie.

Sintomi

Febbre (76 per cento), dispnea (72 per cento), tosse (38 per cento), diarrea (6 per cento) ed emottisi (1 per cento) sono i sintomi più comunemente osservati prima del ricovero nei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-CoV-2. Il 5,7 per cento delle persone non presentava alcun sintomo al momento del ricovero.

Complicanze

L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più comunemente osservata nel campione preso in esame (96,8 dei casi), seguita da danno renale acuto (23 per cento), sovrainfezione (11,6 per cento) e danno miocardico acuto (9,5 per cento).

Terapie

La terapia antibiotica è stata comunemente utilizzata nel corso del ricovero (84 per cento dei casi), meno usata quella antivirale (56 per cento), più raramente la terapia steroidea (34 per cento). Il comune utilizzo di terapia antibiotica può essere spiegato dalla presenza di sovrainfezioni o è compatibile con inizio terapia empirica in pazienti con polmonite, in attesa di conferma laboratoristica di Covid-19. In 306 casi (19,3 per cento) sono state utilizzate tutte e tre le terapie. Al 3,1 per cento dei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-CoV-2 è stato somministrato Tocilizumab.

Tempi

Nel campione di 18 mila e 641 pazienti deceduti e positivi all’infezione dall’insorgenza dei sintomi al decesso sono trascorsi 10 giorni, dall’insorgenza dei sintomi al ricovero in ospedale 5 giorni e dal ricovero in ospedale al decesso 5 giorni. Il tempo intercorso dal ricovero in ospedale al decesso è di 4 giorni più lungo in coloro che sono stati trasferiti in rianimazione rispetto a quelli che non sono stati trasferiti (8 giorni contro 4 giorni).

Decessi in pazienti con meno di 50 anni

Al 13 aprile sono 217 – il 1,2 per cento dei 18 mila e 641 pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-CoV-2 – di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 47 di questi avevano meno di 40 (32 uomini e 15 donne con età compresa tra i 5 e i 39 anni). Di 6 pazienti di età inferiore ai 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche, gli altri 33 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 8 non avevano diagnosticate patologie di rilievo.

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