Riuniti dopo vent’anni per Marco e per la lotta alla leucemia

Dalle colonne della Difesa Loredana Vido aveva lanciato un appello per trovare la famiglia di Marco Compagno, il ragazzo che le aveva cambiato la vita con le sue poesie. Ora ha avuto la possibilità di riabbracciare i genitori e il fratello nella nostra redazione.

Riuniti dopo vent’anni per Marco e per la lotta alla leucemia

Alla fine Loredana e Maria Grazia si sono ritrovate: un lungo e commosso abbraccio nella redazione della Difesa del popolo le unisce in silenzio per alcuni, lunghissimi istanti. Le parole all’inizio non servono: ci sono voluti oltre 21 anni ma alla fine le due donne hanno incrociato ancora una volta i loro destini.

Era lo scorso 4 marzo quando sulle pagine del nostro giornale abbiamo raccontato la storia di Loredana Vido, il medico pediatra che ha consacrato la sua vita alla raccolta del sangue cordonale: un impegno nato dall’incontro con la storia di Marco Compagno, un bambino morto di leucemia a 12 anni. Dalle colonne del nostro giornale Loredana aveva lanciato un appello per ritrovare la famiglia di Marco, per ringraziarla e riconsegnarle quel foglio di poesie scritte dal bambino che da tutto questo tempo portava con sé.

Quasi subito in redazione sono giunte diverse segnalazioni, tra cui quella decisiva: «Sono Davide, il fratello di Marco». E così venerdì 17 marzo ci siamo incontrati, allo stesso tempo sorpresi, imbarazzati e felici. «Cosa abbiamo provato quando abbiamo letto l’articolo? Una gioia immensa». A Maria Grazia Rigato e Luciano Compagno brillano ancora gli occhi quando parlano del loro Marco: «Tanti all’inizio quasi si scusavano quando lo nominavano – spiega lei – e io ogni volta a spiegare che mi dispiaceva affatto». Sono arrivati da Fossò insieme al figlio Davide, mentre l’altra figlia Michela non ha potuto assentarsi dal lavoro: appena 20 chilometri di distanza, mezz’ora di macchina che hanno separato per oltre vent’anni i destini di queste persone, per altri versi uniti dal ricordo del ragazzo scomparso.

Insieme in redazione sfogliamo le fotografie di Marco: al campo vacanze con gli altri bambini malati di cancro, che se non lo sapessi non lo indovineresti neppure – e ti viene spontaneo domandarti come stanno, dove sono adesso, se almeno loro sono riusciti a sconfiggere la malattia. Poi con i fratelli e gli amici, infine con un ragazzo con la sindrome di Down conosciuto durante i ricoveri in ospedale: «Erano tanto amici, è stato Ugo a trasmettergli la passione per i minerali e i fossili». Sempre sorridente, tranne che nelle ultime immagini, sul letto d’ospedale, mentre si copre il volto con una mano: «Qui non voleva che lo fotografassi, ma io non ho resistito – ricorda ancora la mamma, gli occhi umidi – volevo ricordare tutto di lui, anche i momenti più brutti».

Ci sono lacrime e commozione in questa storia, ma anche sorrisi, tanti: i Compagno sono una famiglia serena e in pace, che ha saputo unirsi nel momento del dolore estremo. Grazie soprattutto alla fede: «È una marcia in più, senza non ce l’avremmo fatta. E quando affronti prove come queste o la perdi o la rafforzi», continua Maria Grazia. «Durante la malattia di nostro figlio ci siamo avvicinati a un gruppo di preghiera – stavolta è Luciano a parlare – tutti insieme pregavamo per la sua guarigione». Che alla fine non è arrivata, anche se questa storia ha comunque lasciato una lunga scia di bene: Marco ha chiuso gli occhi in stato di grazia, non maledicendo ma benedicendo la vita che gli era stata donata, anche se per così poco. E i frutti non sono mancati: vicini e conoscenti che si sono riavvicinati alla fede, un ricordo che dura ancora dopo anni e tante raccolte fondi per iniziative di beneficenza…

Uno di questi doni è rimasto nascosto alla famiglia per tutti questi anni: l’impegno di Loredana Vido a favore della donazione del sangue cordonale e placentare. Decine, centinaia di riunioni nel Triveneto e in Italia in cui ogni volta sono risuonate le poesie di Marco. Solo fino al 2016 in Italia oltre 1.400 persone hanno ricevuto in questo modo un’opportunità di vivere: in maggioranza bambini, proprio come Marco Compagno. «All’inizio non sapevo nemmeno come si aprisse un’associazione – spiega la dottoressa a una famiglia quasi incredula – È stata la storia di Marco a convincere me e tanta altra gente: non avevo il diritto di rifiutare il mio contributo».

Loredana Vido oggi vorrebbe restituire quelle poesie, ma mamma Maria Grazia non è d’accordo: «È il caso che questo foglio rimanga a lei» risponde gentile ma ferma. Anche perché non bisogna abbassare la guardia: negli ultimi anni le donazioni di cordone ombelicale sono molto diminuite, mettendo a rischio le speranze di tanti bambini. Alla fine, prima di lasciarsi, altri abbracci ancora più lunghi: «La gioia di vivere di cui scriveva, Marco ce l’aveva dentro – aggiunge il fratello Davide – se queste poesie hanno fatto tanto bene, allora devono rimanere dove sono». «Un sacerdote di Fiesso un giorno mi disse che Marco non era morto invano – conclude Maria Grazia – Oggi forse capisco cosa voleva dire».

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