Su la maschera! Il museo la celebra. Viaggio ad Abano al Museo internazionale della maschera
Ad Abano Terme esiste un luogo dove storia del teatro e costumi si fondono in un intreccio di rappresentazione, stile, volti. È il Museo internazionale della maschera Amleto e Donato Sartori, in onore di padre e figlio, due “scultori di maschere” come li ha definiti Dario Fo
Le maschere sono antiche quanto l’uomo. Personaggi o oggetti, fanno parte della nostra cultura e sappiamo bene che dietro la maschera possiamo diventare quel che ci piace. Presenti in tutte le civiltà, tra le funzioni che hanno assolto la più significativa appare quella di strumento di comunicazione tra gli uomini e la divinità: permette di staccarsi dal “qui e ora” e di proiettarsi in un mondo “altro”. E il teatro che in origine svolgeva una funzione religiosa ha continuato a usare e inventare le maschere. C’è un luogo magico ad Abano Terme dove è possibile fare un tuffo nella storia della maschera e specialmente nella storia del teatro del Novecento: il Museo internazionale della maschera Amleto e Donato Sartori. Padre e figlio sono due grandi, grandissimi artisti che hanno consentito agli attori più significativi di dare corpo alle loro interpretazioni più straordinarie e “scultori di maschere” li ha definiti Dario Fo che a loro si è affidato per dare un volto ai suoi personaggi: «Sartori padre e figlio sono due personaggi cavati di netto dal Rinascimento. Come i Carracci, i Veneziano, i Pisano. Quasi sempre padre e figlio, che si scambiano il testimone e che sembrano la reincarnazione uno dell’altro – scrive Dario Fo nel catalogo del museo – Mi è capitato, per emergenza di dover calzare una maschera fabbricata da imitatori dei Sartori: dopo qualche minuto non mi riusciva di continuare nella rappresentazione…Una maschera d’autore è uno strumento acustico straordinario» che influisce sulla voce dell’attore. Artisti di rara competenza i Sartori e così le vetrine del piccolo ma prezioso museo ci fanno compiere un viaggio culturale straordinario. Il museo, inaugurato nel dicembre 2004, vuole custodire, valorizzare e far conoscere il patrimonio della maschera e il percorso espositivo si articola nei tre piani di Villa Trevisan Savioli (via Savioli 2) di proprietà comunale e data in concessione al Centro maschere e strutture gestuali che ha ideato il progetto. Tre i settori proposti: l’etnologia e antropologia, che comprende circa 1.600 pezzi esposti a rotazione; il teatro, con circa duemila opere realizzate dai due artisti in vari materiali e create per i più importanti spettacoli rappresentati nel mondo; il mascheramento urbano e struttura gestuale che indaga e sperimenta una nuova tipologia di maschera legata al contemporaneo e comprende circa 400 opere plastiche, grafiche, documenti e materiali didattico-espositivi.
Fermarsi davanti alle vetrine ad ammirare le meraviglie esposte significa scorrere la storia del teatro perché tutto il teatro della seconda metà del Novecento – non solo quello italiano – ha voluto le maschere dei Sartori per dare spessore e carattere ai personaggi portati in scena. Questo perché, affermano al museo, «ogni maschera teatrale che sia “viva” contiene qualcosa di unico, ciò non di meno ripetibile, in grado di stimolare, guidare e incalzare l’attore, l’attrice o gli allievi che la indossano. Quella stessa maschera va intesa come punto d’arrivo di un lungo percorso di ricerca professionale, studio, concentrazione e definizione formale del ruolo dei creatori di maschere, del loro sapere artistico, del loro rapporto con la società, compreso i principi basilari della fisiognomica, geometria delle superfici esposte alla luce, drammaturgia del testo, dello spazio-tempo, significato dei colori, miti e leggende che stanno alla base della cultura europea». Un processo creativo e culturale testimoniato anche dalle nuovissime maschere create da Sarah Sartori direttrice del Centro maschere e strutture gestuali: il volto di Apollo per la rivisitazione del libro Orestiade di Walter Valeri, un inedito Pulcinella bianco per lo spettacolo “Pulcinellesco” di Valerio Apice, le maschere dei personaggi-gatto per l’adattamento teatrale della Storia di una gabbianella della compagnia Isola di Confine, la creazione della maschera di Brattarello commissionata dalla Cooperativa 19 e dalla città di Bolzano in occasione del Carnevale 2023, presentata dopo un anno di ricerche sul campo con grande successo allo Stabile di Bolzano e anche una “maschera neutra inter-genere” in uso in varie scuole internazionali di teatro. Alle meraviglie del museo fino al 31 dicembre si affianca la mostra “Samurai: maschere e golem di samurai fra due culture” di Roberto Nottoli, artista che utilizzando scampoli di tessuti, vecchie cinture, rubinetti, bulloni, guarnizioni e pezzi vari di metallo inutilizzabili ha realizzato sette sculture che riportano in vita l’epica dei samurai giapponesi.
Da Goldoni a Pirandello, opere preziose per il teatro
I Sartori hanno lavorato alle maschere più diverse: dal teatro classico alla Commedia dell’arte, da Goldoni a Ionesco, da Molière a Pirandello collaborando con registi prestigiosi come Jean Luis Barrault, Giorgio Strehler, Eduardo De Filippo, Peter Oskarson, Dario Fo. Per questi hanno realizzato maschere che hanno dato carattere e spessore ai personaggi portati in scena.
La tecnica dei Sartori si apre al mondo
L’aula didattica del Museo internazionale della maschera Amleto e Donato Sartori di Abano Terme, a inizio mese, è stata sede di un seminario internazionale diretto da Paola Piizzi, Sarah Sartori e Walter Valeri, appuntamento che rientra nel progetto triennale Myma - Miti e Maschere del Futuro, riconosciuto e cofinanziato dal Programma Creative Europe dell’Unione Europea. Obiettivo del seminario far conoscere la storia della creazione delle maschere secondo la metodologia e tecnica della famiglia Sartori che si è sviluppata nel corso di un secolo. L’evento ha coinciso con l’avvio di un percorso di cooperazione culturale tra centri di ricerca e formazione, centri di produzione teatrale e circense, festival e network professionali e amatoriali con sede in Italia, Belgio, Francia, Polonia e altri paesi europei. Il seminario ha offerto spunti drammaturgici e metodologici che, a partire dal mito e dalla maschera della Commedia dell’arte, possono dare nuova linfa alla creatività.