Domenica di Pentecoste *Domenica 31 maggio 2020

Giovanni 20, 19-23

Dal vangelo secondo Giovanni  

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Aiutaci a chiedere e a ricevere perdono

C’è una domanda che mi piace fare alle coppie che mi chiedono di celebrare un anniversario di matrimonio e che rivolgo anche ai fidanzati durante qualche incontro in vista del matrimonio: l’amore che vivi come ha cambiato la tua vita? E la persona che è accanto a te, com’è diventata? Gli uomini stanno zitti, sorridono a mezza bocca, a volte abbassano la testa e con un po’ di imbarazzo ascoltano le loro donne che regolarmente rispondono per prime. Le donne poi a volte si commuovono con spontaneità, ascoltando le poche ed essenziali parole che i loro uomini dicono a bassa voce.
Le parole dei fidanzati somigliano al verde della primavera, spumeggiante di fioriture e di promesse più lunghe della propria gamba. Le parole delle persone adulte o anziane sono più nodose e concrete. Tra le tante risposte che ho ascoltato riporto quella di una coppia di anziani che ho avuto il dono di conoscere. Due persone che ora sono in paradiso e che si son volute davvero bene fino alla fine dei loro giorni: «Ghemo fato tante baruffe, padre, ma ghemo imparà a perdonarse…» disse lei, sorridendo e guardando lui. Lui, dopo qualche secondo aggiunse: «E fin qua semo rivai». C’è bisogno di traduzione?

Nessuno di noi sa amare davvero e tutti i nostri tentativi – di amare – sono sempre segnati da tanta fragilità, confusione e contraddizione, perché ciascuno di noi è un innamorato o un amico, è un padre o una madre, è una guida o un leader, è un giovane o un anziano, è un credente o un non credente, è un operaio o un datore di lavoro, è un ricco o un povero che è stato amato, ama e amerà sempre e per sempre in modo da portare in sé qualche ferita profonda.  
Tutti vorremmo amare bene, ma l’amare si avvelena quando crediamo di stare dalla parte della ragione e della verità. Tutti crediamo di saper amare, ma poi inquiniamo l’amore quando manifestiamo il dolore di un risentimento patito dominando la persona. Tutti ci diciamo capaci di voler bene con generosità e gratuità, ma basta un mancato riconoscimento e i pensieri e i visi si incupiscono.
Questi comportamenti – che tutti mettiamo in atto come difesa – ci sembrano naturali, legittimi, efficaci… anche se l’esperienza mostra che non portano a nessun cambiamento, nessuna progressione, nessuna felicità. Nessuno di noi sa amare davvero, ma a tutti è concesso di imparare e chi non sceglie di imparare invecchia senza portare frutto. La bella notizia, poi, è che a chi sceglie di imparare viene offerto un Aiuto che da solo non è in grado di darsi.

Gesù dona lo Spirito Santo nella sera del giorno della risurrezione, e nel farlo dona un’esperienza e un compito ai suoi amici: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Ecco il primo dono del Risorto, ecco il primo compito della Chiesa, ecco il primo segno che distingue un credente: non il far miracoli, ma il perdonare. Prima del dono di parlare in lingue diverse, il dono dello Spirito fa imparare a parlare un linguaggio comprensibile da tutti, quello della misericordia. Il perdono e la misericordia sono segni inequivocabili della presenza di Dio, perché sono la sua essenza e il suo mestiere, segni di un sano cammino di vita perché massima espressione di un cuore che ha imparato cosa vuol dire amare. 
Ma, giusto per essere concreti, non si può dire che sia facile o scontato perdonare, anzi, credo sia davvero un cammino impegnativo e difficile.
Gesù, ancora una volta traccia un cammino: è lui ad aver ragione, ma è lui che torna dai suoi; è lui che potrebbe fare l’offeso, eppure comincia a salutare per primo. Non rinfaccia nulla, ma non nasconde le sue ferite. Non nega la sofferenza che ha vissuto, non la banalizza, non fa finta di niente, ma non si lascia dominare dal rancore o dalla rabbia. Non chiude i suoi amici in quello che non sono stati capaci di fare o in ciò che hanno sbagliato, ma vince questa modalità guardando oltre, più lontano e li aiuta a non identificare se stessi solamente in ciò che non è andato bene. E queste persone, sentendosi riconciliate con la propria umanità, sentendosi perdonate potranno a loro volta perdonare.

Lo ripeto: non è così spontaneo fare come Gesù. Spesso la rivendicazione e la rabbia che nascono quando in qualche modo ci si sente vittime di qualche ingiustizia, portano a non chiarire, a interrompere un rapporto, a rifiutare un incontro, a guardare l’altro e la vita con occhi sfiduciati e cinici. Spesso questa reazione impedisce di accorgersi che a nostra volta possiamo aver fatto provare la stessa sofferenza ad altri. Il risultato è che ciascuno se ne sta solo, e anche se è a casa è come se ne fosse lontano.

«Ghemo fato tante baruffe, padre, ma ghemo imparà a perdonarse... e fin qua semo rivai».

Vorrei ricordare, a proposito, la bellissima immagine descritta nella Genesi, quando dopo il diluvio Dio stabilisce un’alleanza con Noè e i suoi discendenti, ponendo il suo arco sulle nubi. Lo Spirito che Gesù dona ci aiuta a fare proprio così: non negare quello che c’è stato, ma imparare da quel che s’è patito senza perdere la speranza. Non banalizzare quel che si è sofferto e che si è fatto soffrire, ma non diventare giustizieri spietati e scegliere di tramutare l’arco di guerra in un arcobaleno. Non sentirsi schiacciati dalla vergogna e dall’imbarazzo di sé, ma lasciarsi voler bene e perdonare e prendersi così cura dell’imbarazzo e della vergogna che altri provano, guarendo ogni ferita con il balsamo del perdono.   
Come ho scritto sopra, per vivere così credo che abbiamo tutti bisogno di un Aiuto: lo Spirito che Gesù dona anche oggi ai suoi amici, a coloro che glielo chiedono.

Suggerisco un semplice esercizio di preghiera, da ripetere più e più volte: c’è qualcuno che non riesco a perdonare?
C’è qualcuno che non mi ha perdonato?
Provo a dirlo al Signore, così... come viene.
Poi, senza continuare a farmi domande o a darmi risposte che non risolvono, prego su questa cosa non-risolta, magari con l’aiuto di queste parole:

Signore, manda su di me e su questa persona il tuo Spirito.
Guarisci il nostro cuore
e apri le nostre menti alla Verità.
Aiutami ad accogliere il tuo perdono
e aiutami a perdonare.
Spirito Santo, tu sei colui che rinnova 
il cuore e la vita, rinnova il mio cuore 
e quello della persona per cui ti prego.
Aiutaci a capire perché ci siamo comportati
nei modi che hanno portato sofferenza
e aiutaci a tramutare ogni sofferenza
in attenzione vera e sincera verso 
le persone, così che non rispondiamo 
più al male con il male. 
Liberaci dal male, aiutaci a chiedere 
e a ricevere perdono così che ci sia futuro per le nostre vite.

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