Fare più figli? Una questione di salute, ma soprattutto di politiche

Il ticchettare dell’orologio biologico ha sollevato la protesta sui social. E così, anche se è la prevenzione dell’infertilità l’obiettivo del primo “Fertility day” promosso dal ministero della salute, le cartoline promozionali “sbagliate” sono scomparse. Il messaggio, infatti, è stato vissuto come una provocazione perché se il calo della natalità in Italia – e anche in Veneto – è diventato un vero problema, questo appare più legato alle condizioni di vita che alla salute. I dibattiti in Rete sembrano indicare un dato preciso: in Italia, più che stili di vita a rischio, alcol, droghe e obesità, a mettere sotto scacco la possibilità di diventare genitori è la mancanza di politiche adeguate.

Fare più figli? Una questione di salute, ma soprattutto di politiche

Mamme e lavoro
Avere figli in giovane età costituisce ancora un ostacolo per le opportunità di realizzazione delle donne, tant’è che in sociologia esiste la definizione di child penalty: nel 2014 in Italia ogni 100 donne occupate senza figli, ci sono 77 madri lavoratrici con bambini piccoli, 88 in Veneto. Il tasso di occupazione delle donne con figli è sistematicamente più basso di quello delle donne senza figli e «la presenza di un partner non attenua il fenomeno, segno che anche all’interno della coppia permangono ruoli di genere cristallizzati», spiega il Rapporto statistico 2016 del Veneto.

Per le giovani tra i 25 e i 34 anni questa tendenza è ancor più netta e avere figli è particolarmente penalizzante soprattutto se sono in coppia: il tasso di occupazione passa dall’82,5 per cento se sono single al 55,6 per cento se sono in coppia con figli. Ma anche il tipo di contratto incide sulla scelta di avere figli: in Veneto, tra tutte le lavoratrici che hanno figli, solo il 12 per cento lavora in proprio e solo l’11 per cento ha un contratto a tempo determinato.

Servizi inadeguati
Illuminante lo spaccato sociale fotografato dal Rapporto statistico regionale: «Un mercato del lavoro ancora rigido rispetto ai temi e ai tempi della conciliazione con le esigenze della vita, induce molte donne a trovare strategie autonome, come ricorrere al part time: il 35,7 per cento delle occupate venete, il 34,4 per cento in Italia. In Veneto, il 37 per cento delle donne che lavora a tempo parziale, lo fa per potersi prendere cura di figli o familiari, e tra queste, il 23 per cento perché i servizi di cura nel proprio territorio sono assenti o inadeguati, cosa che mette in luce la debolezza di un welfare ancora poco orientato alla maternità».

Che il declino della natalità sia non solo incontestabile, ma anche preoccupante dato il calo del 13 per cento registrato dal 2008 al 2015, viene sottolineato anche dal Rapporto giovani 2016 dell’Istituto Toniolo che analizza le “aspettative di fecondità” di 9 mila giovani italiani. Il primo dato preso in considerazione è il ritardo nella conquista dell’indipendenza: il 65 per cento dei giovani tra i 18 e i 34 anni, nel 2013, viveva ancora con i genitori e questo si ripercuote necessariamente sull’età in cui si diventa genitori. L’età media al primo figlio nel 2014 era di 32,1 anni.

Desideri non esauditi
L’indagine del Toniolo analizza un altro aspetto critico: non solo le donne e le coppie hanno un numero inferiore di figli rispetto al passato, ma spesso anche rispetto alle loro stesse aspettative. Il confronto tra le intenzioni di fecondità in Francia e in Italia, rivela risultati molto diversi. Pur partendo da aspettative molto simili, i fattori economici, sociali o culturali alla base delle scelte hanno l’effetto opposto: in Francia il numero di coppie che ha il numero di figli desiderato è sistematicamente più alto che in Italia anche perché la Francia «presenta una lunga storia di politiche che incoraggiano la fecondità». In Italia si conferma l’importanza della condizione lavorativa: essere disoccupati o inattivi sul mercato del lavoro rappresenta un freno alla vitalità sociale e demografica.

La politica inesistente
Conta anche la qualità del lavoro e la stabilità di reddito che offre: «I risultati ottenuti mostrano come non solo i “neet”, ma anche i lavoratori instabili, trovino enormi difficoltà nel completamento delle tappe per il raggiungimento dell’età adulta, in un contesto carente di adeguati ammortizzatori sociali e solide politiche attive. Una bassa natalità e uno scarso investimento sul capitale umano delle nuove generazioni producono squilibri non solo di tipo demografico, che si riflettono in prospettiva in minor crescita e minor solidità del sistema sociale. In Italia, la carenza di politiche pubbliche a sostegno delle scelte riproduttive e di promozione delle opportunità dell’infanzia ci ha fatto entrare in una spirale negativa dalla quale è difficile uscire se non si adotta un nuovo tipo di approccio e non si superano anche alcune resistenze culturali e istituzionali di fondo», conclude il Rapporto dell’Istituto Toniolo.

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