A Vigonza l’integrazione si costruisce a tavola

Una cinquantina di profughi, gli operatori delle cooperative, i componenti del consiglio pastorale, il sindaco e diversi consiglieri comunali, tutti insieme per condividere un momento di festa nell’ambito delle iniziative di conoscenza tra ospiti e popolazione locale. Il parroco: «Alla prossima convocazione del consiglio pastorale unitario metteremo la questione all’ordine del giorno e vedremo di organizzare nuove iniziative». 

A Vigonza l’integrazione si costruisce a tavola

Erano almeno una cinquantina i profughi, accompagnati dagli operatori delle varie cooperative che li hanno in gestione, presenti alla cena natalizia organizzata lo scorso 17 dicembre dalla Caritas e dall’unità pastorale di Vigonza, Peraga e Pionca, in una serata che ha visto anche la partecipazione di diversi esponenti dell’amministrazione cittadina, a partire dal sindaco, dal vicesindaco e alcuni consiglieri comunali.

«Un’ottima iniziativa – racconta don Cornelio Boesso, parroco moderatore dell’up di Vigonza – alla cui realizzazione ha lavorato anche l’amministrazione comunale, visto che sono stati loro a contattare e a invitare alla partecipazione le varie cooperative che seguono i profughi dislocati in diversi punti del nostro territorio. È stato un modo semplice per riaffermare la nostra vicinanza a questi ragazzi in cerca di una vita migliore. Ne è uscita fuori una simpatica festicciola, proseguita dopo la cena, con musica e danza».

Come le sembra stia reagendo la popolazione di Vigonza nei confronti dei profughi ospitati nel territorio?
«A me sembra che la popolazione locale, mi riferisco alla maggioranza, abbia accolto bene i profughi. In questo senso, devo riconoscere che l’amministrazione comunale ha fatto la sua parte, avvisando e preparando i cittadini a quanto stava accadendo. Ricordo che quando è arrivato il nucleo più numeroso di profughi, circa una ventina ospitati in una grande casa privata, lo stesso sindaco Tacchetto si è prodigato per far sì che i cittadini della zona andassero a conoscere i loro nuovi vicini e prendessero coscienza della loro situazione. Al primo incontro, a cui hanno partecipato quasi un centinaio di persone, ho notato la sorpresa da parte di tutti nel constatare la giovane età dei migranti. Così, credo sia stata superata l’iniziale diffidenza. Adesso, non di rado, capita che qualcuno vada a far visita ai ragazzi, c’è chi gli porta dell’insalata, del radicchio... Insomma, mi sembra che la situazione non sia particolarmente tesa, anzi».

E i profughi, chi sono? Che impressione le hanno fatto?
«Sono tutti ragazzi intorno ai vent’anni, per lo più provenienti dal Corno d’Africa, Nigeria, Senegal, Mali... Sono andato a fargli visita, alcuni di loro sono cattolici e mi hanno detto che la domenica vanno a Padova ad ascoltare la messa in inglese».

Pensate in futuro di organizzare altre iniziative?
«Sicuramente. Alla prossima convocazione del consiglio pastorale unitario metteremo la questione all’ordine del giorno e vedremo di organizzare qualcosa di più strutturato. Quella del 17 dicembre è stata una cosa un po’ improvvisata, tanto che gli stessi membri del consiglio sono stati avvisati all’ultimo momento. Nonostante questo e il periodo, particolarmente denso di cene di auguri, diversi di loro sono venuti, in particolare ho notato molti giovani: un dato significativo dell’interesse che le giovani generazioni nutrono nei confronti del tema, e che ci fa ben sperare».

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