"Scarp de' tenis", la rivista dei senza dimora, arriva anche a Padova

Sono tre i senza fissa dimora padovani che, la domenica dopo la messa, diffondono il giornale ottenendo una piccola retribuzione e insieme sensibilizzano i parrocchiani sulle tematiche della vita in strada. Il progetto oggi è attivo in una dozzina di diocesi e offre lavoro e dignità a 150 persone.

Approda anche in diocesi di Padova la rivista Scarp de’ tenis e dà già lavoro a tre senza fissa dimora. Partita la diffusione in sordina nel mese di gennaio, ha trovato accoglienza in più di una decina di parrocchie.

«Scarp de’ tenis – spiega don Luca Facco, direttore di Caritas padovana – è stata creata per offrire a persone in difficoltà, italiani e stranieri, un’occasione di lavoro e reinserimento sociale. I senza dimora ne sono infatti i protagonisti. Sono collaboratori e venditori del giornale, lo scrivono (in parte), lo diffondono, beneficiano delle opportunità e del reinserimento che esso offre. Il giornale diventa così uno strumento di dignità».

Il mensile di strada dà voce agli uomini e alle donne che ci vivono, analizza la strada, cioè i fenomeni e le vicende che producono emarginazione, esclusione sociale e povertà, ma è anche un progetto sociale. L’iniziativa è attiva attualmente nelle diocesi di Torino, Genova, Como, Verona, Vicenza, Venezia, Rimini, Firenze, Napoli, Salerno e Catania. E sono 150 le persone, tra chi scrive, stampa e vende, che con Scarp de’ tenis riescono ad avere un piccolo reddito, una fonte di guadagno onesto, per condurre una vita autonoma e dignitosa. Persone che fino a ieri conducevano una vita normale e all’improvviso a causa di eventi dolorosi e soprattutto imprevisti si ritrovano ai margini della società. Come Andrea Orlando, Franco Dal Corno e Narciso Rizzo, i tre senza fissa dimora padovani che da gennaio sono venditori ufficiali della rivista.

«Caritas ambrosiana ci ha contattato ai primi di dicembre – racconta Adriana Mioni, volontaria di Caritas diocesana e referente del progetto – per condividere, insieme a Venezia e Vicenza, questo progetto diffuso a livello nazionale. Abbiamo aderito subito con entusiasmo, individuando tre venditori e iniziando a contattare le parrocchie. L’obiettivo che ci siamo posti è di raggiungerle davvero tutte per attuare un’opera di sensibilizzazione a 360 gradi». I venditori percepiscono, secondo un regolare contratto di lavoro, un euro per ogni copia venduta.

«Diventano una sorta di liberi professionisti – sottolinea Mioni – 50 centesimi servono a pagare l’assicurazione e la messa in regola, il resto per i costi di produzione e stampa della rivista. I venditori, ogni mese, girano il sabato e la domenica per le parrocchie che hanno aderito (e aderiranno) alla proposta per diffondere il giornale al termine della messa». Bella l’accoglienza che i tre “diffusori” stanno raccogliendo. Presentati dal parroco, sono facilmente riconoscibili grazie alla divisa di servizio: pettorina, cappellino e zainetto rosso con il logo di Scarp de’ tenis. «Per ora sono impegnati solo nella vendita del giornale, ma con il tempo arriveremo anche a produrre articoli». Ma la soddisfazione è già grande così. «Sono uscito per ora solo una volta – afferma Narciso Rizzo – È stato molto bello! La gente compra e si interessa. Ti senti coccolato. Io metto sempre mezza parola, ormai da più di un anno sono senza lavoro e più gente si conosce più probabilità c’è di trovare un’occupazione».

Per Franco Dal Corno l’aspetto positivo della vendita sta nella possibilità di relazione: «Le persone si fermano e ti chiedono informazioni. Questo mi dà la forza di andare avanti, di essere coraggioso e sperare per il futuro. Da tempo dormo al dormitorio del Torresino, ma sono stanco... All’inizio avevo un po’ di timore a propormi alla gente, ma noi non insistiamo, offriamo con gentilezza». «Anche io ero molto preoccupato all’inizio, intimidito e vergognoso – aggiunge Andrea Orlando – ma poi ho preso fiducia. Tutto dipende da come ti presenta il parroco e prepara i suoi fedeli, altrimenti c’è una diffidenza stratificata. Se sei stimato, sei anche più creduto».

Di fatto questa possibilità lavorativa, seppur piccola e ancora poco incisiva in termini di “bilancio familiare”, sta dando una svolta alla vita di questi tre uomini. «Il lavoro è tutto – sottolinea Rizzo – Se hai i soldi, compri un pezzo di pane, puoi andare una volta al cinema. Se hai il lavoro, vivi la domenica come riposo e senti che le giornate sono diverse. Sai che sei occupato, che hai uno scopo». «Col lavoro io sento di esserci, di esistere, di potermi arrangiare – aggiunge Dal Corno – sono stanco di chiedere e voglio avere un obiettivo nella mia giornata. Oltretutto con questa rivista attuiamo anche un’opera sociale di sensibilizzazione importante. Facciamo arrivare dei contenuti specifici sulla realtà di disagio a chi magari non si è mai posto il problema».

E fondamentale è il supporto che sentono di ricevere come senza fissa dimora dalle comunità parrocchiali. «Grazie a loro abbiamo cibo e vestiti. Riusciamo a rispondere ai bisogni di prima necessità» afferma Rizzo. «Sentiamo davvero vicine le comunità – ribadisce Dal Corno – Ci sono delle parrocchie che fanno da mangiare la domenica, quando le cucine popolari sono chiuse. E quanta gente si dà da fare: giovani, famiglie, gruppi. C’è un mondo di bene sommerso che alimenta la nostra città, ma pochi lo sanno!».

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