Salmo 45. La tradizione cristiana ha potuto interpretare tutto il salmo come una descrizione di Gesù

Nell’invito a lasciare la propria famiglia di origine, i cristiani hanno potuto vedere il passaggio da un’antica ad una nuova alleanza.

Salmo 45. La tradizione cristiana ha potuto interpretare tutto il salmo come una descrizione di Gesù

Il Salmo 45 è un canto nuziale scritto per il re di Israele il giorno delle sue nozze con una regina. Esso ha suscitato infiniti studi perché è l’unico componimento nuziale all’interno del Salterio, come un richiamo al Cantico dei Cantici. Gli studiosi ipotizzano che si possa pensare ad una sposa straniera (“Gli abitanti di Tiro portano doni” v. 13), ma non riescono a darne un riferimento storico. Alcuni pensano al matrimonio fra il re Acab e la regina fenicia Gezabele (metà del IX secolo a.C.) che, però, tradirono il Dio di Israele per Baal e altre divinità pagane ed è strano che un loro riferimento resti fra i salmi. Ma il cambio di interpretazione più evidente che viene dato a questo carme è dopo la caduta della monarchia e l’esperienza dell’esilio babilonese. Cosa significa per il popolo in quella prostrazione cantare versi come questi? È chiaro che questo re passa da personaggio storico diviene un re ideale, un Messia, atteso per il futuro. Allora si capisce perché le sue caratteristiche non sono solo quelle di un condottiero, ma di un “salvatore” che con altre virtù protegge e custodisce il suo popolo: “Liete parole mi sgorgano dal cuore: […] Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, perciò Dio ti ha benedetto per sempre” (vv. 1-3). E ancora: “Cavalca per la causa della verità, della mitezza e della giustizia. La tua destra ti mostri prodigi” (v. 5). La mitezza, a cui si unisce anche l’umiltà, il desiderio di verità e di giustizia sono caratteristiche che i profeti hanno sempre preannunciato come tratti dei “giusti” re che il Signore avrebbe indicato al suo popolo. Poi, però, il salmo evoca un’esclusività che non ha pari, entrando in una dimensione oltre quella della storia, che ha il sapore dell’eterno. “Il tuo trono, o Dio, dura per sempre; scettro di rettitudine è il tuo scettro regale. Ami la giustizia e la malvagità detesti: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni” (vv 7-8). Ecco un punto nodale: sorprendentemente questo re viene chiamato Dio! È da qui che la tradizione cristiana ha potuto interpretare tutto il salmo come una descrizione di Gesù: “il Dio che Dio ha consacrato”. L’interpretazione più antica si trova nella Lettera agli Ebrei (Eb 1,8-9), che cita esattamente questi versi del salmo. Quindi l’unzione di cui si parla è proprio quella del “Cristo” (“Unto”) e ogni riferimento può essere riletto in chiave cristologica in cui il Messia Gesù (come nell’Apocalisse) è lo sposo che inaugura l’alleanza con la nuova Gerusalemme del cielo. La descrizione del corteo nuziale prosegue dettagliata: “di mirra, àloe e cassia profumano tutte le tue vesti” (v. 9); si accenna al suono di strumenti a corda (v.9), alle ancelle della principessa e alla regina madre (cfr. v. 10). Infine si invita la sposa ad un atteggiamento di ascolto e di affidamento nei confronti del suo Signore: “Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre; il re è invaghito della tua bellezza. È lui il tuo signore: rendigli omaggio”. (vv. 11-12). Anche nell’invito a lasciare la propria famiglia di origine, i cristiani hanno potuto vedere il passaggio da un’antica ad una nuova alleanza e nel legame nuziale fra Gesù e la Chiesa una fecondità senza confini: “Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli; li farai prìncipi di tutta la terra” (v. 17). Ciò che conta per noi che ancora oggi recitiamo questo salmo è contemplare che il Dio dei nostri padri e il Dio di Gesù, ha scelto, fin dalla notte dei tempi, la sublime bellezza dell’unione sponsale per indicare la sua inscindibile unione con ognuno di noi.

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Fonte: Sir