Don Cristiano Vanin nuovo prete. "Gesù continua a farsi conoscere"

Nato il 3 giugno 1983, è originario della parrocchia di Conscio di Casale sul Sile (Treviso). Prima di entrare in Seminario ha studiato al liceo scientifico bilingue inglese-tedesco per poi laurearsi in statistica a Padova e in psicologia clinica allo Iusve. È entrato al Maggiore nel 2016. Ha prestato servizio a Tencarola e Madonna Pellegrina (anno del diaconato).

Don Cristiano Vanin nuovo prete. "Gesù continua a farsi conoscere"

Don Cristiano Vanin, manca poco all’ordinazione presbiterale. Cosa si pensa in questi momenti? Che cosa provi?
«Sicuramente un po’ di trepidazione. A me piace viaggiare, mi piace conoscere città nuove, culture nuove, confrontarmi, e se penso all’ordinazione la vedo come a una tappa, non come a un arrivo. È una tappa nella quale fare festa per poi ripartire».

E in questa tappa è Gesù al centro. Sembra una frase semplice, ma in realtà cosa significa Gesù per te, giovane uomo del 2022 che diventa prete? Come vivi la relazione con lui oggi?
«Gesù si è fatto presente nella mia vita e sento che oggi continua a volersi far conoscere sempre di più. Come recita
il versetto che ho scelto per la mia ordinazione – “Io sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza” – penso che Gesù sia colui che può dare una vita piena».

Se guardi indietro a questi anni che son passati, alla vita in Seminario, alle comunità che ti hanno accolto come chierico, agli educatori, ai due rettori, che cosa ti viene in mente? Cosa provi?
«Sicuramente sento gratitudine per tutto quello che ho ricevuto, e mi viene in mente una metafora che usa papa
Francesco, la metafora dell’arazzo: lui dice che Dio crea delle storie con le nostre vite, con le persone che incontriamo, con le esperienze che facciamo, storie che compongono un bellissimo arazzo fatto di momenti belli e anche di momenti magari più faticosi. Se noi guardiamo la parte nascosta dell’arazzo vediamo tanti fili aggrovigliati, che rappresentano i momenti che ci pesano di più, quelli in cui siamo un po’ più in difficoltà, però se guardiamo la parte bella invece, l’arazzo è qualcosa di meraviglioso. Mi piace pensare che Dio guarda questo lato della nostra vita».

E se pensi alla tua comunità e alla tua famiglia?
«Mi viene in mente la capacità di voler bene in modo davvero libero, la forma più bella e più alta del voler bene, che è proprio l’amore cristiano».

Una settimana dopo la tua ordinazione, il 5 giugno, inizia il Sinodo nella Diocesi di Padova. Cosa vedi nel futuro di questa Chiesa e nel tuo futuro di prete all’interno di questi cambiamenti?
«Mi sono chiesto spesso come sarà il prete del futuro, cosa dovrà fare, come dovrà essere. Non c’è nulla di scritto, ma penso che dovremo crescere nella fede, cioè coltivare la nostra fede, e al contempo aprirci alla dimensione missionaria dell’annuncio e alla collaborazione che sarà importante tra religiosi, preti e laici nella responsabilità. Resta importante anche il confronto e il dialogo con e altre culture e con la cultura contemporanea. Sono questi i nodi che dovremo affrontare».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)