Giovani al tempo dell’IA

“Cosa possiamo fare?” La domanda che sempre ricevo dai ragazzi è rivolta a tutti

Giovani al tempo dell’IA

Appena l’agenda me lo permette, accetto di parlare di intelligenza artificiale nelle scuole superiori di tutta Italia. I ragazzi, come sempre, sono il miglior contesto con cui riflettere su questo fenomeno così decisivo per il nostro tempo.

L’esordio della conversazione spesso cade sulla coscienza che abbiamo del fenomeno e sui costi, normalmente nascosti, che il mondo digitale ha. Quando scoprono che i fantastici sistemi di intelligenza artificiale che utilizzano si basano sostanzialmente su una quantità inimmaginabile di dati che loro stessi hanno contribuito, in modo quasi sempre inconsapevole, a raccogliere, il clima si fa più serio. Non ci mettono molto a capire che il tema chiede ben più di qualche conoscenza informatica o di qualche opinione sentita altrove e ripetuta. Soprattutto si scoprono più scoperti di quello che pensavano: il territorio della tecnologia è molto meno giovanile di quanto tutti immagino. Non spengono mai il loro smartphone, hanno la geolocalizzazione quasi sempre inseriti (abilitando quindi i loro cellulari a tracciare ogni loro movimento), accettano sempre l’istallazione dei cookie sui loro pc (quella schermata tanto fastidiosa quanto preziosa che si apre tutte le volte che accediamo a un sito web). Sono nativi digitali e, non di rado, incoscienti digitali.

Quando poi li si aiuta a scoprire che questa pervasività tocca direttamente la loro libertà, anche in ciò che è più personale e intimo, allora esplodono. Reagiscono con fastidio, ad esempio, alle analisi sull’impatto degli smartphone nella loro vita, come quelle offerte dalla psicologa statunitense Jean Twenge, che nel suo interessante volume Iperconnessi, descrive gli studenti delle superiori americani in questo modo: escono meno il sabato sera (giocano in modalità remota con gli amici sui video giochi), fanno più tardi la patente, cercano meno lavoretti part time. Muoiono meno per risse (non si incontrano e scontrano) e più per suicidi frutto di solitudine. Bevono meno alcolici e, soprattutto, fanno meno sesso. Generazione più virtuosa? No: semplicemente c’è il porno on line (sempre a disposizione e decisamente meno impegnativo di una relazione affettiva) o il sexting (scambio di fotografie intime).

A questo punto il dialogo si accende appassionato. E io sono felice: sono sani, non ci stanno! Basta un piccolo innesco che aiuti i ragazzi a comprendere che cosa stanno vivendo, per scoprire una generazione tutt’altro che mediocre, abbacchiata e inattiva. I temi si allargano: siamo partiti dall’intelligenza artificiale e ora si parla dei costi della libertà e del futuro che vogliamo, delle differenze tra nord a sud del mondo e delle potenzialità che tutto ciò offre. I giudizi si fanno meno baldanzosi e più complessi: non possiamo più ridurre la questione a chiacchiera per il tempo libero. Le domande si rincorrono, una su tutte: cosa possiamo fare?

È la domanda che mi sento fare tutte le volte: abbiamo una generazione di giovani ipertecnologici assetata di idee e proposte, di senso e di libertà, desiderosi di essere protagonisti e al contempo carichi di paure. E disillusi verso un mondo adulto che non appare loro capace di contribuire con proposte significative.

Così si parla di politica e di istituzioni sovranazionali, della fatica di immaginare scenari macroeconomici diversi e scelte personali adeguate, di quanto studio tutto ciò richieda. Anche oltre il suono della campanella, quando i ragazzi scemano dall’aula continuando a discutere animatamente e il prete che ha innescato tutto ciò riparte gongolando, grato per il pieno di speranza che ha ricevuto.

“Cosa possiamo fare?” La domanda che sempre ricevo dai ragazzi è rivolta a tutti. Orgogliosamente impegnati a raccontare bellissime storie di nipoti che insegnano ai nonni l’uso del tablet, rischiamo di perdere di vista quello che potrebbe essere il vero tema del confronto tra generazioni sulla trasformazione digitale in atto: il futuro e la libertà, la giustizia e la dignità.

Andrea Ciucci

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Fonte: Sir