Etiopia, una Chiesa che è segno. Don Stefano Ferraretto: la missione che ti cambia

Il cuore ardente ti mette in cammino, ma è il cammino che ti fa cambiare, che rivoluziona le tue prospettive, e che in qualche modo ti obbliga a ridisegnare le tue priorità.

Etiopia, una Chiesa che è segno. Don Stefano Ferraretto: la missione che ti cambia

Don Stefano Ferraretto, originario di Ponso, già educatore in Seminario e cappellano a Villatora, da quasi cinque anni è missionario fidei donum in Etiopia. Con lui don Nicola De Guio e dapprima Elisabetta Corà, poi Ilaria Scocco. La partenza, dopo la formazione al Cum di Verona e in Scozia, l’11 gennaio 2019. L’accoglienza a Kofele con il vescovo Mattiazzo, il primo servizio a Kokossa, il trasferimento ad Adaba, con don Giuseppe Ghirelli di Anagni-Alatri, poi venuto a mancare. L’inserimento nella vita di comunità – rallentato anche dall’emergenza Covid, che però in Etiopia si è limitata a una finestra di poche settimane di lockdown – è stato graduale. Racconta don Ferraretto: «Don Nicola De Guio è diventato parroco di Adaba (dove stava durante la settimana) e di Kokossa (nei fine settimana). Io ho iniziato a seguire il centro pastorale ad Adaba e la comunità di Dodola, diventando poi anche il coordinatore pastorale della Prefettura di Robe». Nelle sue due visite pastorali, nel novembre 2019 e nel luglio 2022, il vescovo Claudio Cipolla ha consegnato ai missionari due domande da tenere sempre al centro della propria azione per caratterizzare una presenza ancora pienamente da definire: «La prima riguarda il nostro senso di essere in Etiopia. La seconda invece contempla quale sia lo stile con cui vogliamo esserci». Il percorso di discernimento – sostenuto dall’allora direttore del Centro missionario diocesano, don Raffaele Gobbi, che ha creato un gruppo apposito di riflessione con esperti, missionari e amici – ha dato suoi frutti. «A distanza di cinque anni – spiega don Stefano Ferraretto – vediamo come il nostro senso di essere lì sia ispirato alla figura di Charles de Foucauld: non una missione potente o forte di grandi numeri, ma una Chiesa che è segno, presenza, anche di pochi e di poveri, dato che i nostri fedeli sono gente semplice, poveri, anziani, malati, bambini, categorie fragili». Anche le opere sociali ed educative devono essere segno della comunità: «Tutto quello che abbiamo trovato – osserva – lo gestiamo e cerchiamo di farlo diventare conforme all’identità e alla presenza della Chiesa cattolica, con una comunità sempre più coinvolta». Gli incontri di questi anni – come quello con Kenniso, tredicenne morto dopo anni di sofferenza per un’infezione alla testa dopo aver fatto la prima comunione – hanno cambiato don Stefano. Come uomo e come prete. «Quando rientro in Italia – confessa – questa società frenetica, desiderosa di lussi e comodità e ammalata di arrivismo, mi sembra strana. Stare in Etiopia mi ha costretto a ritarare il mio concetto di normalità. La missione mi ha aiutato anche a ri-essenzializzare il mio pensiero. Parlare una lingua che non è la tua ti impone di ridimensionare i concetti, ma anche di far trasparire, come prete, tutta la tua umanità. Non c’è la frenesia dei mille incontri da organizzare, ma una vita di comunità semplice: la messa alla domenica, le catechesi, i momenti di condivisione, andare nelle case quando nasce un bambino e muore un familiare. Lo stile, molto più umano, che ci è consentito dai numeri non troppo grandi, è la chiave per vivere la dimensione dell’annuncio e della prima evangelizzazione che ci è stato chiesto nell’andare in Etiopia». Uno stile che la missione può insegnare anche al contesto italiano, «dove si possono avviare percorsi di ri-evangelizzazione attraverso lo stile comunitario. È lì che vieni valutato, non dalle parole, ma dalla concretezza e testimonianza di vita».

Spunti e materiali per la riflessione e l’animazione

Nel sito del Centro missionario diocesano c’è una pagina dedicata all’Ottobre missionario. Si possono trovare spunti di riflessione sul tema – “Cuori ardenti, piedi in cammino”, che è il titolo del messaggio del papa per la Giornata missionaria mondiale, in programma domenica 22 ottobre – e strumenti di animazione e preghiera. Le comunità parrocchiali sono invitate a unirsi spiritualmente a tutti i missionari inviati nel mondo e a dare loro il proprio sostegno.

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