I 50 anni del 23 Dischi chiudono un cerchio

Dal vinile al vinile, tutta la musica che è passata per Padova grazie alla lungimiranza di due giovani

I 50 anni del 23 Dischi chiudono un cerchio

Esistono posti fisici che sono “fatti della stessa materia dei sogni”, un’alchimia misteriosa ma possibile che ha soltanto due elementi certi: la musica e la passione. A Padova questo luogo magico esiste e si chiama Il 23 Dischi, un “sogno” realizzato nel 1973 grazie alla “voglia di cambiamento” di due giovani e che oggi approda al traguardo dei 50 anni. Da via Soncin, dove il civico ha suggerito il nome, a via Barbarigo, sede poi definitiva dell’attività, questo pezzo di storia della città del Santo e della sua gente ha visto entrare musicisti, attori e artisti famosi, attratti anche loro dalle ampie vetrine che generosamente regalano un collage colorato di tutta la musica del mondo, senza gerarchie né formalismi (dal rock alla classica, dal jazz all’opera e oltre). A ritrovarsi qui, in un clima a metà tra il rito rock pagano e l’oasi di rifugio dai pensieri quotidiani, sono però da sempre i padovani, cinque generazioni per l’esattezza. Sì, perché al 23 vedere studenti e pensionati “scartabellare” gli uni accanto agli altri copertine di vinili e scambiarsi magari sguardi complici o suggerimenti è abbastanza una regola. Chi già ci bazzicava negli anni Ottanta, come il sottoscritto, ricorderà che qui, prima che ovunque, le edizioni di importazione, con emozionanti variazioni nella scaletta dei brani o nella grafica, e le “offerte da urlo” sono sempre state di casa (pure con modalità “a sorpresa”, c’erano infatti buste chiuse a
prezzi stracciati che contenevano anche una decina di dischi, tra questi sicuramente rarità oggigiorno introvabili). Modalità innovative che somigliano più a uno scambio fra appassionati che ad un’offerta commerciale. D’altronde se uno dei due soci e volto immancabile dietro il bancone risponde al nome di Maurizio Boldrin, batterista professionista che ha militato al fianco di nomi di caratura nazionale, anzi internazionale, esibendosi persino alla Carnagie Hall, allora si capisce che la musica qui dentro viene prima di qualsiasi altra cosa. Mi è capitato più volte di sentire Maurizio suggerire all’avventore sconsolato per non aver fatto in tempo ad accaparrarsi l’uscita del momento di recarsi al vicino Gabbia, un gesto che la dice lunga sull’uomo e sulla sua filosofia di vita, visto che ad ordinarglielo per il giorno successivo ci avrebbe messo nulla. Ma questo è Il 23 Dischi. E se la cosa bella dei sogni è che in fondo non finiscono mai, c’è un annuncio che lascerà “orfani” tanti sognatori: in corrispondenza del “giubileo”, infatti, Maurizio Boldrin e socio, anziché roboanti celebrazioni, hanno deciso di uscire quindi elegantemente di scena, con tutto l’affetto del pubblico a supporto e il desiderio di riposarsi e dedicarsi ai propri affetti. Fino al 31 luglio, senza tristi peregrinazioni ma solo con la gioia per quanto ricevuto, sarà comunque possibile passare a salutare e ad acquistare la migliore musica, quella che ti viene offerta dalla mano di chi l’ha sempre amata. Ha raccontato Maurizio Boldrin a La Difesa del Popolo: «Siamo partiti nel 1973 col vinile e chiudiamo 50 anni dopo col suo definitivo ritorno. Nel frattempo abbiamo visto un sacco di bella gente, bambini che sono cresciuti e diventati grandi, adesso addirittura sono i loro figli a venire da noi. Forse abbiamo fatto davvero una bella cosa. Incredibile che ci conoscano in tutta Italia e ancora di più quello che abbiamo attraversato: gli anni di piombo e le battaglie in strada, la crisi nera e molto altro ancora. Siamo andati avanti con lungimiranza, ci siamo lanciati sui dischi usati quando sembrava fosse una follia e invece è stata una mossa vincente che ci ha permesso di superare il momento di internet e Spotify. L’idea del negozio risale a quando suonavo e giravo il mondo con Pino Donaggio. A New York, dove nel 1967 ero a suonare con Pino e Milva (praticamente ero un bambino e avevo calcato il palcoscenico leggendario della Carnegie Hall), vedevo questi negozi alternativi: in Italia si vendeva solo il successo del momento, mentre lì c’erano un sacco di cose strane e mi sono detto “bisogna farlo anche da noi”. Il 23 era il numero civico che avevamo in via Soncin, dove inizialmente avevamo aperto. Tutti a

Padova si chiamavano con il nome del proprietario (c’erano Giordani, Vanotti, Gabbia), noi che eravamo giovani e con voglia di cambiamento abbiamo pensato ad altro. Di qui è passata tanta gente, anche famosa, fra gli altri: Toni Servillo, Roger Daltrey degli Who e, molto recentemente, Diana Krall. Dalla mattina presto alla sera tardi sono qui da 50 anni, per cui il negozio ha veramente fatto parte della mia vita: diciamo che sarà dura adesso pensare di stare a casa... i nostri clienti, che sono una famiglia ormai, in questi giorni in cui abbiamo cominciato a dire della chiusura, ci hanno fatto qualche lacrima… ma noi abbiamo un’età, sia io che il mio socio, e ci sembra di aver fatto la nostra parte. È sicuramente questo bel traguardo il miglior momento per salutare il nostro pubblico». Saremo forse in molti, dopo il 31 luglio, a cambiare strada in prossimità di via Barbarigo, ma non sarà chiudere gli occhi di fronte alla realtà bensì continuare a celebrare la magia di quell’incrocio di strade e di vite. Rimandare un acquisto non ci sarà mai sembrato tanto bello. Grazie, 23 Dischi.

Fabio Velo Dalbrenta

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