Il vescovo ai consacrati: "Diteci che è possibile la fraternità!"

Sabato 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore, numerosi consacrati della Diocesi si sono riuniti al Santo per vivere insieme, ringraziando il Signore, la Giornata mondiale della vita consacrata. Il vescovo Claudio, che ha presieduto l'eucaristia, li ha invitati ad annunciare «che è possibile vivere l’amore e la carità nella gioia»

Il vescovo ai consacrati: "Diteci che è possibile la fraternità!"

«É stato un momento bello, intenso e familiare, dove i consacrati, nelle diverse forme di stato, si sono trovati uniti al vescovo Claudio per pregare, lodare e rinnovare la loro consacrazione». Racconta così, don Alberto Albertin, delegato diocesano per la vita consacrata, la celebrazione di sabato 2 febbraio al Santo, in occasione della Giornata mondiale della vita consacrata. «Abbiamo vissuto momenti molto intensi, all'ombra del grande religioso sant'Antonio di Padova, quali la ricorrenza dei giubilei di professione religiosa, la presenza “danzante” delle suore di altri continenti, che hanno presentato al Signore non solo le offerte del pane e del vino, ma le loro vite, le loro storie, i loro paesi di provenienza. Commovente è stato il momento del rinnovo dei voti, che è risuonato nelle volte della basilica del Santo ed è salito al Padre come profumo rinnovato di soave odore, insieme all'accensione delle lampade poste davanti all'icona della Presentazione di Gesù al tempio».

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Il vescovo Claudio – di cui, a seguire, pubblichiamo l’omelia pronunciata nella festa della Presentazione del Signore – ha consegnato ai singoli consacrati e consacrate, come pure alle comunità religiose disseminate nelle grande Diocesi «il mandato dell'esempio e della testimonianza della vita fraterna, nella quale deve splendere la luce della carità perchè da questo, dice Gesù, vi riconosceranno come miei discepoli: “Se avrete amore gli uni per gli altri”».

Continua don Albertin: «Ho ancora davanti agli occhi i volti contenti e sorridenti di tanti religiosi, religiose, consacrati secolari, eremiti/e che uscendo dalla basilica sprizzavano gioia e allegria chiedendomi subito il testo dell'omelia del vescovo Claudio, che abbiamo provveduto già a far pervenire a tutte le comunità femminili e maschili come segno di comunione con chi non ha potuto essere presente alla celebrazione. Tornando a casa e camminando con il vescovo per le vie di Padova abbiamo ringraziato Dio per la vita consacrata nella nostra bella diocesi, soprattutto per la testimonianza che i consacrati danno a tutti noi, non tanto di attività che svolgono quanto di santità che ci indicano».

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Ecco l’omelia del vescovo Claudio:

Sorelle e fratelli,
voi che avete messo a disposizione la vita, tutta la vita, per rispondere alla chiamata del Signore e che avete rinunciato a una vita affettiva secondo la natura umana, voi che avete scelto di astenervi dal seguire una vostra volontà e costruirvi sicurezze personali, vi radunate oggi con il vescovo di questa Chiesa diocesana, ospiti della basilica del Santo, per imitare il gesto che Maria e Giuseppe hanno compiuto per Gesù.

Facciamo memoria di questo momento evangelico in un duplice movimento.
Io, come Maria e Giuseppe, vorrei presentare voi a Dio e cantare le sue lodi perché siete manifestazioni della sua Pasqua, della potenza della sua Pasqua: siete annuncio dei cieli nuovi e terra nuova verso i quali siamo incamminati. Ringrazio il Signore perché si manifesta nella vostra vita personale, nel carisma dei fondatori di cui proseguite le ispirazioni, nella esperienza fraterna e comunitaria che ponete davanti ai nostri occhi.
L'incontro di oggi è particolarmente significativo per me perché è una celebrazione che, nel suo ripetersi annuale, vi collega alla Chiesa locale di Padova non solo per un fatto casuale, di fortuite coincidenze, ma perché chiamati insieme ad una precisa esperienza spirituale e sacramentale. Si tratta di un'adesione che mette in moto i nostri atteggiamenti e sentimenti umani ma già contenuta nella riflessione ecclesiale circa la vita consacrata.
Con l'offerta al Signore da parte mia dei vostri carismi, ci manifestiamo uniti ed in pace di fronte a lui e voi manifestate la vostra capacità di riconoscere paternità e maternità spirituali alla Chiesa che abita dove voi abitate in questo momento, in obbedienza ai vostri superiori: si accorciano le distanze, si uniscono sentimenti e progetti, si cammina verso quel “un cuore solo e un'anima sola” che rende la nostra Chiesa testimone di comunione. Diventate anche voce del Signore che chiama a seguirlo.
Dobbiamo ancora essere molto guardinghi però perché i nostri beni materiali, le nostre case o palazzi, le nostre stesse chiese ed opere, in sostanza le ricchezze che ci sono state affidate dalla Provvidenza per la nostra missione hanno una forza tale che può portare a separarci tra noi, a dividerci gli uni dagli altri. E’ una forza che si oppone a quella di Dio che invece è comunione.
Come avviene nel mondo così avviene, se non siamo prudenti e attenti, nella Chiesa. E nessuno può mai sentirsi completamente immune dal pericolo dell’autoreferenzialità.
La vostra presenza invece è segno e testimonianza di una volontà di comunione e di un cammino che già è avanzato.

In particolare a voi mi affido perché di comunione ha bisogno il nostro mondo. E quindi – questo è il secondo movimento - mentre presento voi e i vostri carismi al Signore, vorrei presentare a voi il nostro mondo, la nostra società, la nostra Chiesa di Padova.
Ve li presento perché come Simeone possiate prenderli sulle vostre braccia, come tra l’altro fa l’icona tradizionale di Sant’Antonio che sempre porta sulle braccia il bambino Gesù. Così vorrei chiedere di prendere in braccio anche voi la nostra storia come Simeone ha preso tra le braccia il Figlio di Dio incarnato, e vorrei invitarvi a guardare e contemplare, come la profetessa Anna, il Signore Gesù che ha assunto la carne degli uomini e delle donne del nostro tempo.
Vi presento la nostra umanità perché ha bisogno di essere amata e riconciliata, di essere incoraggiata a camminare sulle strade della carità e della fraternità proprio come ci ha insegnato il Signore Gesù.
Voi vivete tutti e tutte in comunità e fraternità, piccole o grandi che siano. La vostra testimonianza di fraternità è annuncio profetico. E’ vocazione alla quale voi stessi, per conto del Signore, chiamate le nostre comunità parrocchiali e le nostre famiglie.
Soprattutto la situazione delle nostre famiglie e delle nostre parrocchie infatti rende preziosa la vostra testimonianza in ordine alla fraternità.
La riduzione del numero dei presbiteri verso cui stiamo andando restituisce l'importanza della vita fraterna. Non ci sarà più un presbitero per ogni parrocchia e per ogni servizio religioso e questa nuova situazione evidenzia l'urgenza di chiamare altri perché continui l'annuncio del Vangelo in mezzo alle nostre case, tra la gente. Penso non a individui o a leader isolati, ma a comunità fraterne che possano tener viva la fiamma della fede e il seme del Vangelo.
Le nostre parrocchie non hanno ancora maturato in modo sufficiente la consapevolezza di essere comunità a cui il Signore ha affidato l'annuncio del suo amore, né si percepisce la coscienza della comune vocazione a vivere in fraternità cristiane, famigliari o comunitarie. Siamo cresciuti sentendoci utenti della struttura ecclesiastica, affezionati, disponibili, collaboratori…, ma utenti: è una forma di clericalismo a cui ci siamo adattati tutti noi cristiani.
Qualcuno pensa impossibile che i cristiani possano sentirsi fratelli e sorelle, che possano sentirsi famiglia, che possono aiutarsi reciprocamente, sostenere qualcuno: è impossibile – si pensa - sopportarsi, superare i nostri individualismi, i nostri edonismi soprattutto in una dedizione che porti a dire “ per sempre”. Ma è proprio questo lo spazio della vostra testimonianza e missione: l’impossibile per il mondo.
Carissime sorelle e fratelli consacrati al Signore, costituiti come segno della consacrazione di ogni battezzato: abbiamo bisogno della vostra testimonianza, della vostra profezia, della vostra parola. Ne hanno bisogno i vostri fratelli e sorelle cristiani che vivono nel mondo tra rovi, sassi, terra battuta… presbiteri, diaconi, sposi, catechisti e animatori di liturgie, di carità, uomini e donne cristiani inseriti in professioni e nei mondi della scienza, della cultura, della politica…

Diteci, raccontateci che è possibile la fraternità! Volersi bene vuol dire anche manifestare quanto bene vogliamo a Gesù. Diteci che ci sono oasi di fraternità dove comunicarci esperienze di fede, dove respirare pace, dove incontrare il silenzio.
I vostri “no” al denaro e alle ricchezze di questo mondo, i “no” all’ istinto sessuale e all’istinto di far valere la propria volontà, i “no” alla ricerca di potere, sono in realtà un grande “sì”. Sono il sì cristiano, un grande “Si” alla vita fraterna per la quale il Signore Gesù è stato e tuttora abita tra noi e sempre dice: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.
Per rendere possibile la vita fraterna e comunitaria, per cantarne la coerenza con il mistero stesso Dio che è comunione, voi rinunciate a piccole cose umane e belle, ma in realtà scegliete la parte migliore: Gesù e il suo Vangelo.
Venite a dirlo nelle nostre comunità, annunciate nelle nostre case com'è bello e gioioso che i fratelli vivano insieme, raccontate che ci riconosceranno suoi discepoli dall'intensità dell'amore fraterno.

Annunciate che è possibile vivere il l’amore e la carità nella gioia.
Vivete per annunciare il Vangelo, con tutto voi stessi.

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