Una storia nuova, ricca di eredità. Domenica 29 agosto il vescovo presiede la celebrazione di saluto ai salesiani a San Giovanni Bosco

A San Giovanni Bosco domenica 29 il vescovo Claudio presiede la celebrazione di ringraziamento e saluto ai Salesiani che per 63 anni sono stati alla guida. Fu il vescovo Girolamo Bortignon nel 1957 a chiedere alla congregazione di seguire la neonata comunità alla Paltana. I salesiani lasciano molto in eredità, non solo strutture, ma anche una forte dedizione al mondo giovanile

Una storia nuova, ricca di eredità. Domenica 29 agosto il vescovo presiede la celebrazione di saluto ai salesiani a San Giovanni Bosco

Tempo dei saluti. Tempo del grazie. Per alcuni il tempo di rileggere la storia della propria comunità, mentre si sta disegnando un nuovo capitolo. Per altri è il tempo di continuare la missione in un altro luogo, lì dove lo Spirito li ha chiamati a continuare l’opera educatrice camminando sulla strada tracciata da don Giovanni Bosco. È a tutti gli effetti una domenica storica per la comunità di San Giovanni Bosco, in zona Paltana a Padova, questo 29 agosto 2021. Alla messa delle 10.30 la comunità saluta il parroco don Vittorio Toninandel e con lui, dopo 63 anni dalla fondazione della parrocchia stessa, la famiglia salesiana, alla quale l’allora vescovo di Padova Girolamo Bortignon aveva affidato la cura pastorale. La messa è presieduta dal vescovo Claudio Cipolla alla presenza dell’ispettore salesiano don Igino Biffi.

La parrocchia sorta nel 1957, unendo case e strade prima appartenenti alla Mandria, e in parte minore a Voltabrusegana e al Bassanello, era già stata “progettata” dal vescovo Bortignon il 5 gennaio 1950 in virtù dell’aumento della popolazione alla Paltana dopo la guerra, e già si era pensato di intitolarla allo Spirito Santo.

Nei primi anni Cinquanta il territorio fu affidata al cappellano del Bassanello, don Esterino Barbiero. Poi però, nel 1956, i Salesiani – presenti in Veneto fin dal 1879 con il collegio Manfredini di Este, fondato dallo stesso don Bosco – acquistarono un terreno vicino alla chiesa per farne un centro professionale. Fu allora che il vescovo Bortignon propose ai religiosi la cura della nuova parrocchia, da intitolare al loro fondatore.

Oggi però questo capitolo di storia pastorale si chiude: «Negli ultimi dieci anni – racconta il parroco don Vittorio Toninandel – la congregazione ha scelto di eleggere come luoghi preferenziali di missione nel Nordest le zone in cui c’è una forte scarsità di preti, come il Friuli. Padova, rispetto ad altre diocesi, sembra più in grado di sostenere con le sue forze la parrocchia: i miei superiori, in concerto con il vescovo Claudio, hanno deciso questo passaggio». Il momento è delicato, anche doloroso, preparato con cura negli ultimi due anni dallo stesso don Vittorio, arrivato a San Giovanni Bosco proprio come ideale tedoforo finale di questa staffetta.

I Salesiani hanno donato molto a questo territorio cittadino: la scuola materna, costruita grazie agli sforzi di don Giuseppe Ceriotti, che era arrivata a contenere fino a 120 iscritti; l’oratorio, nato come “capanna” e poi arricchito con cure pastorali e con opera edilizia, ma anche il teatro, abbandonato per molti anni e poi rifondato come Piccolo teatro Don Bosco dall’impegno di un gruppo di volontari e, infine, il convitto universitario, fiore all’occhiello per l’attenzione verso i giovani.

Il legame con la famiglia di don Bosco però non si spezzerà del tutto quando in parrocchia faranno il loro ingresso, a nome della Diocesi, il nuovo parroco don Marco Galante e il nuovo vicario don Mattia Callegaro: i Salesiani manterranno la presenza nel convitto universitario e al Piccolo teatro, che sono di loro proprietà, sotto la guida di Matteo Filira, giovane direttore incaricato dall’ispettoria di Mestre. I sacerdoti salesiani continueranno a essere presenti in diocesi a Monteortone e a Este.

«All’origine – spiega don Toninandel – don Bosco era restio ad assumere responsabilità in parrocchie, limitandolo a casi eccezionali. Il bisogno è cresciuto però non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Quando animiamo le parrocchie, lo facciamo con una forte attenzione al mondo giovanile. Io provengo dal mondo della scuola, ma devo dire che la parrocchia mi piace molto, perché ti permette di presentarti alla gente così come sei, senza registri, libri ed esami, permettendoti, come dice papa Francesco, di prendere l’odore delle pecore».

Il volto della comunità. Con i giovani sempre nel cuore

Un momento annunciato, preparato, atteso. Per alcuni, nati, cresciuti e persino invecchiati alla Paltana, c’è anche un po’ di stordimento, misto a ricordi che sanno di un tempo passato, tra il chiuso delle mille attività fatte d’inverno quando l’oratorio era collocato nello scantinato dell’attuale canonica e l’odore dell’erba calpestata durante i giochi in estate, sul campo da calcio circondato da prati verdi, prima che crescessero verso il cielo i condomini che ora circondano il complesso parrocchiale.

«L’impronta dei Salesiani – osserva Adriano Zanella, storico parrocchiano di San Giovanni Bosco – è stata decisamente positiva. Ci ha arricchito molto, anche grazie alla presenza delle suore di Maria Ausiliatrice, sempre vicine a ragazze e ragazzi per intere generazioni». Inneschi che continueranno a dare i loro frutti: «Per ora la pandemia ci ha rallentato, ma adesso riprenderemo. Con i nuovi sacerdoti ci confronteremo per capire come continueranno le attività in parrocchia come il doposcuola, la formazione degli animatori, la Caritas. È un momento storico e intrigante, nel quale la parrocchia viene chiamata a ripensarsi nel suo essere Chiesa nel territorio all’interno del percorso del Sinodo. Toccherà molto anche a noi laici, coinvolgendoci ancora di più e mantenendo vivo nella nostra comunità i tratti caratteristici del carisma salesiano». Carisma che continuerà a essere testimoniato anche da opere come il convitto e il Piccolo teatro.

«La comunità di Paltana – conclude don Vittorio Toninandel – è una bella comunità, molto tranquilla, che sta “invecchiando” come altri quartieri simili, ma anche ricca di presenze che arrivano da ogni parte del mondo. Con loro ho intessuto un buon rapporto. Auguro a tutti fiducia e speranza dopo questa pandemia, e di rendersi conto che la Chiesa non è né del prete, né del vescovo, né di una comunità religiosa, ma è del Signore. I preti passano, ma la comunità cristiana rimane. Auguro alla parrocchia di San Giovanni Bosco di mantenere viva l’attenzione verso i giovani, verso la Parola di Dio e i sacramenti».

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