Il nemico invisibile dell'angoscia: un'impennata di casi di suicidi e tentati suicidi

Suicidi e tentati suicidi. Dalla scorsa primavera si registra un’impennata dei casi. E i più a rischio sono gli adolescenti: aumentano episodi di autolesionismo, gravi sindromi depressive e disordini alimentari

Il nemico invisibile dell'angoscia: un'impennata di casi di suicidi e tentati suicidi

In Italia in solo poco più di un mese, dal primo gennaio 2021 a martedì 2 febbraio, la cronaca ha registrato 25 suicidi e 17 tentati suicidi. A rivelarlo è l’Osservatorio suicidi Covid-19 della Fondazione Brf – Istituto per la ricerca in psichiatria e neuroscienze, che monitora, in base a un’attenta analisi delle notizie di cronaca (locali e nazionali), gli atti suicidari, tentati e tragicamente conclusi.

A metà marzo 2020 la fondazione ha avviato uno studio pilota, che si è concluso a metà giugno, che ha evidenziato come in soli tre mesi le cronache abbiano riportato 62 suicidi correlati, direttamente o indirettamente, al Coronarivus. L’emergenza sanitaria, infatti, ha determinato un significativo impatto sulle abitudini e sugli stili di vita delle persone che, associato alla paura della possibilità di contagio, malattia e morte, ha avuto effetti sui livelli di stress e indotto condizioni di disagio psicorelazionale. La Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) stima che nei prossimi mesi potranno emergere fino a 800 mila nuovi casi di depressione, a cui se ne andranno ad aggiungere almeno 150 mila correlati alla crisi economica e alla disoccupazione. Un aumento verosimile, se si pensa ai dati resi noti dall’osservatorio Suicidi per motivazioni economiche della Link campus university – osservatorio permanente avviato nel 2012 sul fenomeno delle morti legate alla crisi e alle difficoltà economiche – che stima tra marzo e luglio 2020 ben 62 casi di suicidi per motivi economici (nel 2019 erano stati in tutto 98). Nello stesso periodo i tentati suicidi per motivi economici sono stati 47 (107 nel 2019).

Purtroppo come in tutte le epidemie, le crisi economiche e le emergenze internazionali anche in questa pandemia si assiste a un incremento dei disturbi di natura mentale che possono portare, nei casi più estremi, a pensieri e azioni suicide.

L’allarme degli adolescenti

E le cose non migliorano lanciando uno sguardo su quanto stanno manifestando gli adolescenti. A Padova il pronto soccorso pediatrico dell’Azienda ospedaliera ha registrato, in questo ultimo anno, un aumento considerevole degli accessi per gravi sindromi depressive e ansiose; aggressività espressa, anche attraverso l’autolesionismo o tentativi di suicidio e disturbi del comportamento alimentare, soprattutto in ragazze dagli 11 anni in su. «Questi giovani pazienti – spiega Michela Gatta, direttore dell’Uoc di neuropsichiatria infantile del Dipartimento per la salute della donna e del bambino dell’Azienda ospedaliera – fanno fatica a gestire il senso di insicurezza generale che la pandemia sta imponendo anche a noi adulti. Parte del disagio dei ragazzi è legato alla perdita di alcuni riferimenti di supporto che il mondo adulto, in situazione di normalità, solitamente gli offre attraverso la scuola, lo sport e le associazioni ricreative dove, oltre a incontrare i loro coetanei, si relazionano con figura adulte di riferimento, fondamentali per un armonioso sviluppo nell’adolescenza».

È necessario avere consapevolezza di essere in una situazione particolarmente complessa, in cui gli adolescenti sono i primi a essere dimenticati. Per aiutarli sarebbe utile che gli adulti gli riconoscessero l’enorme sacrificio che hanno fatto in questo periodo, rinunciando alla loro vita relazionale e contribuendo alla riduzione della diffusione del Covid, piuttosto che continuare a sottolineare il loro ruolo di potenziali vettori del virus. «Essere catapultati in una pandemia – prosegue Gatta – crea degli elevati indici di stress, ansia e difficoltà di adattamento che possono essere alleviati offrendo ai ragazzi spazi di dialogo per dare loro modo di raccontare quel che provano; mantenendo una regolarità nei propri ritmi quotidiani ed evitando l’isolamento. Dovremmo parlare di distanziamento fisico non sociale, perché è fondamentale mantenere le relazioni».

Suicidio come meccanismo di controllo
La situazione di semi lockdown, pericolosità diffusa, assenza degli amici e la convivenza coatta con i genitori, alla quale non si era abituati, creano situazioni di esasperazione. «Sul momento del tutto particolare che stiamo tutti vivendo incombe l’incertezza della fine – spiega Diego De Leo, docente emerito di psichiatria e presidente della De Leo fund – Questo ci porta a un aumento di disturbi post-traumatici e dell’angoscia. Senza dimenticare che in tutto questo periodo la morte ha fatto da prima attrice. Dalle terribili immagini dei camion militari che portavano via centinaia di bare da Bergamo fino alle foto dei cimiteri comuni di New York o delle infinità di bare messe sotto pochi centimetri di terra in Brasile. Tutte immagini molto angoscianti».

In questa condizione i ragazzi, e non solo, sentono di vivere in una situazione di paradosso.
«Avvertono – prosegue De Leo – di dover fare cose inverosimili calate dall’alto che fanno loro molto male. Sono pervasi da un disorientamento dovuto a una guerra con un nemico invisibile che può essere ovunque. Siamo in una situazione in cui sembra essere vero tutto e il contrario di tutto. Dove si possono insinuare molte fantasie comprese, purtroppo, le più angoscianti».
Tutte queste circostanze inusuali hanno in comune l’aumento dei livelli di stress. Così le persone che, psicologicamente parlando, prima erano compensate adesso si scompensano. «Per traslato questo discorso si applica anche ai pensieri suicidi. Se prima le persone riuscivano a reggere il loro orizzonte senza speranze di miglioramento, che è un po’ il denominatore comune dei fattori di rischio per il suicidio, ora la mancanza di aspettative di miglioramento futuro accelera il processo di de-compensazione dato dall’aumento dello stress. Il suicidio diventa, paradossalmente, un meccanismo di controllo della vita: se non reggo la tensione almeno penso al gesto estremo e ho la sensazione di poter decidere quando e come mettere fine alla mia esistenza. In qualche modo questo pensiero provoca un effetto ansiolitico. Come dire: “Per quanto male vada almeno so che c’è una soluzione estrema che io posso decidere”».
Il pericolo vero è che la persona con pensieri autolesionisti resti sola, che non abbia elementi di supporto, una rete di sicurezza fatta di parenti e amici che si interessano a lei e che l’abbandonino mai. «Oggi – conclude il professor De Leo – questa rete di sicurezza non c’è più a causa delle norme di distanziamento sociale; quindi corriamo un rischio molto alto di lasciar sole le persone proprio perché non riusciamo ad assisterle come vorremmo».

Aumentato consumo di ansiolitici

Il monitoraggio dell'acquisto di medicine nelle farmacie territoriali durante la pandemia Covid, aggiornato con cadenza mensile e pubblicato sul sito dell'Aifa, evidenzia un aumentato del consumo di ansiolitici rispetto al 2019.

Psicologi online

È attivo il servizio Emergenza - Psicologi online Unipd. Il punto di ascolto psicologico gratuito è aperto alla popolazione italiana in cui è possibile trovare un professionista con cui condividere, attraverso alcuni incontri gratuiti, aspetti emotivi, pratici, relazionale che derivano dal momento di emergenza che stiamo attraversando e dai vissuti che tale condizione può scatenare nelle persone. È possibile entrare in contatto con i professionisti inviando un email a emergenza.psicologionline.dpss@unipd.it o telefonando al 049-8276496.

Servizio “inOltre”. Con la pandemia più chiamate d’aiuto
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Nel 2020 il numero verde gratuito 800.334.343 del servizio regionale “inOltre” ha ricevuto 3.692 chiamate d’aiuto. Di queste il 56,6 per cento da uomini e il 43,4 per cento da donne. Le fasce d’età prevalente sono dai 31 ai 50 anni (35,6 per cento) e dai 51 ai 70 anni (34,1 per cento).

«Da marzo a maggio – spiega Emilia Laugelli, responsabile del servizio e dell’unità operativa di psicologia clinica ospedaliera dell’ospedale Alto Vicentino di Santorso – abbiamo ricevuto telefonate di persone che avevano paura di infettarsi. Da ottobre stiamo seguendo centinaia di persone che sono state già contagiate dal virus. Persone positive che devono gestire la paura di dover affrontare l’ospedalizzazione, la fatica di dover essere separati dai propri congiunti e l’angoscia per i genitori anziani».

“inOltre” è un servizio di gestione delle emergenze e di promozione della salute voluto dalla regione Veneto nel giugno 2012 e realizzato da Ulss7 Pedemontana. Il servizio, operativo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, in questi anni ha sostenuto i cittadini di tutto il Veneto (e non solo) prima nella crisi economica (2012), poi nel crack delle banche venete (2019) e ora nel corso della pandemia. In questi nove anni ha effettuato circa 11.500 colloqui telefonici. «Siamo psicologi senza ambulatorio – prosegue Laugelli – nel senso che dopo il primo contatto telefonico siamo in grado di andare direttamente dalla persona dove lei si sente più a suo agio per parlare».

Telefono amico Italia

L’emergenza Covid ha determinato un aumento di contatti anche ai tre servizi di ascolto di Telefono amico Italia che offre un servizio anonimo, indipendente da ideologie, nel rispetto delle idee e del disagio di chi chiama. Chiamate vocali attraverso il numero unico 022-3272327 (attivo dalle 10 alle 24); chat whatsapp 345-0361628 e mail, attraverso la compilazione di un form anonimo sul sito www.telefonoamico.it, in pandemia hanno registrato un aumento del 71 per cento dei contatti (in tutto 9 mila richieste di aiuto). La maggior parte delle chiamate al numero unico sono arrivate da uomini (61 per cento) con età compresa tra i 36 e i 65 anni, mentre il servizio di ascolto whatsapp è stato utilizzato prevalentemente da donne (63 per cento) con età compresa tra i 19 e i 35 anni.

«Molte delle chiamate che riceviamo – spiega Cristina Rigon, vicepresidente nazionale di Telefono amico – trattano il tema del suicidio, soprattutto nei contatti via chat. Ogni giorno la pandemia sta aumentando i disagi legati all’instabilità, all’incertezza e alla confusione diffusa soprattutto nei ragazzi costretti a rinunciare, anche a causa della didattica a distanza, alle relazioni umane».

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